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Mance ai croupier, le radici normative e i rami contrattuali

09 aprile 2024 - 10:16

Il tema delle mance ai croupier nei casinò autorizzati è sempre di stretta attualità e oggetto di contrattazione.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Sebastian Herrmann su Unsplash

Foto di Sebastian Herrmann su Unsplash

Presto credo che si parlerà di mance o in fase contrattuale o in altre occasioni; il lato fiscale e contributivo è regolamentato dall’art. 3 del decreto ministeriale n. 314 del 1997.
Desidero anticipare i tempi e mi permetto di utilizzare le nozioni che, al tempo della questione fiscale, hanno occupato molte ore di consultazioni a tutti i delegati sindacali e non solo.

Inizio col citare la sentenza n. 1776 della Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro in data 18 maggio 1976: “Il sistema mancia è retto da un uso normativo – si ricava dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente a elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti e il gestore...”.

Cassazione, n. 672 del 9 marzo 1954, richiamata: “Il primo beneficiario della mancia è indiscutibilmente il croupier. Il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia); d’altro canto sarebbe paradossale che partecipi alla vincita chi, perdendo la deve finanziare: il gestore. Il fatto che quest’ultimo partecipi a una parte delle mance fondato su un patto o un accordo di devoluzione con il quale i lavoratori consentono al datore di lavoro di sottrarre parte di quanto elargito da terzi non pare giustificare un diritto originario del gestore ma, piuttosto, una forma di prelievo forzoso (stante la natura giuridica delle entrate) anche se non ne è stato regolato il presupposto, la base imponibile, ecc.”.

Mi permetto una interpretazione: la motivazione che permette la definizione di prelievo forzoso è perché il gestore, non importa le tipologia di gestione, si impegna contrattualmente a versare una percentuale dei proventi netti. 
Detta percentuale è individuata nella considerazione che una parte delle mance è incassata dalla gestione. Ne consegue che l’affermazione che le mance siano a beneficio indiretto trova in quanto precede il suo fondamento.
La natura giuridica delle entrate derivanti all’Ente pubblico dalla casa da gioco, pubblicistica e/o tributaria, si ricava sia dal dettato della L. n.488/86 (ex DL. n. 318/86) sia dalla loro collocazione in bilancio.

Mi pare di poter affermare che:
- alla suddivisione delle mance,  quota  croupier, provvedono autonomamente gli aventi causa con un regolamento approvato  e che nulla ha a che vedere con il contratto di lavoro anche se nello stesso è riportato;
- il quantum del versato dalla gestione all’Ente pubblico concedente dipende dal fatto che al gestore i croupier “devolvono” una parte delle mance (Cassazione, n. 672/1954).
Non c’è dubbio, almeno per mio conto, che i beneficiari originari possono disporre autonomamente della  ripartizione; operazione alla quale non ha titolo alcuno a partecipare il datore di lavoro.
La percentuale devoluta alla gestione viene contrattualmente stabilita   e può essere concordata ad un valore diverso da quello che spesso si è rilevato: il cinquanta per cento.
Abbiamo vigente una percentuale diversa a seconda dell’abbinamento  ai giochi da tavolo dei reparti e  con l’eventuale adozione della multifunzionalità, sulla scorta dei giochi praticati, ma sempre a carico degli impiegati addetti ai giochi.
Dopo una personale certezza, una domanda perché non sono riuscito a comprendere la motivazione per cui la vincita realizzata nel casinò autorizzato è esente da Irpef in capo al giocatore mentre una parte della vincita (la mancia) non lo è. Ma questa è un’altra storia!                            

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