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Avvocato Mancini: 'Tasse e divieti, è tempo di nuove regole'

23 giugno 2020 - 09:35

Per l'avvocato Quirino Mancini l'emergenza Covid-19 ha ulteriormente aggravato la già difficile situazione del gioco pubblico italiano, quindi auspica ripensamento delle scelte compiute.

Scritto da Amr
Avvocato Mancini: 'Tasse e divieti, è tempo di nuove regole'

Dove non è arrivato il decreto Dignità con il suo divieto assoluto di pubblicità, dove non sono arrivate le varie leggi finanziarie con i loro certissimi balzelli di tassazione, dove non sono arrivati i provvedimenti regionali e locali che hanno imposto orari e distanze, è arrivato il Covid-19.
Con il risultato di tenere le location di giochi, scommesse e bingo chiuse per più di tre mesi, e di vederle tra le ultime a poter riaprire i battenti, con tutte le note conseguenze del caso.
Una situazione carastrofica al limite dell'immaginabile e che richiede soluzioni immediate e robuste.

A fare il punto degli scenari che si potrebbero (e dovrebbero) ipotizzare dal punto di vista legislativo e giuridico è l'avvocato Quirino Mancini, partner dello Studio Tonucci & Partners nonché global head of the gaming & gambling practice .

Ritiene che, alla luce del momento di difficoltà, sarebbe possibile e opportuno allentare gli attuali e totali divieti di pubblicità sanciti dal decreto Dignità, non solo per sostenere le imprese stesse, ma anche il mondo sportivo italiano?
“Premetto anzitutto che nel rispondere volentieri alle sue domande esprimo soltanto la mia opinione personale e non la posizione ufficiale dello Studio di cui mi onoro di fare parte.
Il buon senso e soprattutto un sano pragmatismo di carattere anglosassone, qualità che purtroppo non alligna facilmente alle nostre latitudini mediterranee, avrebbero certamente suggerito di cogliere l’occasione della pandemia globale in cui purtroppo siamo tuttora immersi (con letali conseguenze economiche su tutti i settori produttivi destinate a protrarsi negli anni a venire) per rivisitare in chiave più flessibile ed evolutiva il divieto totale di pubblicità dei giochi con vincita in denaro. Ciò avrebbe consentito al Governo di fare un’operazione a costo zero perché un possibile allentamento del divieto, ben regolamentato e contingentato per quantità, tempi e modi, avrebbe fatto sì che gli operatori (penso in particolare ai neo-concessionari che davvero non so come potranno far sapere al mercato che esistono e che sono legali) reimmettessero nel circuito dello sport professionistico e dei media in genere vitali risorse economiche sotto forma di pubblicità tradizionale, sponsorizzazioni ed altri tipi di soft marketing, così evitando di far collassare definitivamente tutto il sistema già molto provato prima ancora che da Wuhan arrivassero i primi nuvoloni virali. Di contro, la posizione irragionevolmente talebana e preconcetta di ampi settori del Governo e del Parlamento ha impedito che ciò avvenisse per cui anche lo sport professionistico e i media dovranno ora iscriversi al lunghissimo elenco di questuanti nella speranza di essere anch’essi beneficiati dalle elemosine statali a pioggia che avranno lo stesso effetto di una compressa di alka seltzer propinata a una persona in preda a colica renale”.
 

In che modo, dal punto di vista giuridico e politico, sarebbe possibile sostenere le imprese del gioco, la cui sopravvivenza è messa a rischio?
“Come ho avuto modo di dire ogni qual volta mi è stata rivolta questa domanda, attesa la palese impossibilità (ed invero anche incapacità) degli operatori e delle loro varie associazioni di categoria a intavolare un dialogo tempestivo, serio, responsabile, concreto e fattivo con Governo e Parlamento, a mio avviso la sola soluzione sarebbe quella di impugnare il famigerato divieto in sede giudiziale per poi lasciare che, come spesso accade in Italia, il potere giurisdizionale si surroghi a quello legislativo facendo facili strame di norme che sono assolutamente censurabili e quindi impugnabili sotto molteplici profili giuridici, ivi incluso un probabile difetto di costituzionalità. Al riguardo devo ammettere che, eccezion fatta per un singolo operatore straniero concessionario dei Monopoli italiani colpito dalle sanzioni disciplinari per asserita violazione del divieto di pubblicità, per quanto mi consta ad oggi non è stato fatto nulla (o praticamente nulla) per portare il divieto al vaglio della giustizia dove in linea di principio le logiche populistiche e partitiche dovrebbero cedere il passo alla logica del diritto”.
 

La tassazione del gioco, più volte ritoccata verso l'alto con le varie leggi finanziarie che si sono succedute, è congrua e sostenibile nel momento attuale?
“Assolutamente e ovviamente no. Tuttavia proprio a riprova di quanto l’establishment nostrano sia lontano anni luce dalla realtà e in particolare dai problemi di autentica sopravvivenza e prospettiva del comparto giochi malgrado quest’ultimo assicuri annualmente alle casse dell’Erario miliardi e miliardi di euro di gettito fiscale, in un delirio di 'accanimento terapeutico tributario' su un paziente già in coma profondo, è arrivato un nuovo balzello fiscale (con il decreto Rilancio che ha introdotto una ulteriore tassazione dello 0,5 percento per le scommesse, così da alimentare il fondo Salva-sport, Ndr) che si commenta da solo per lucidità di visione e strategia su come si pensa di reperire risorse per l’emergenza in corso andando a spremere sempre i soliti reietti del comparto giochi. Onestamente, date le premesse, la cosa né mi sorprende e tantomeno mi scandalizza”.
 
 
Le location di gioco e gli apparecchi in generale dovranno prepararsi a funzionare a ranghi ridotti, questo in contesti regionali in cui già ne venivano limitati gli orari di funzionamento. Ritiene che si possa e debba intervenire su questo fronte, e semmai attraverso quali strumenti?
“Questo è un altro vaso di Pandora che ci occuperà nei mesi a venire perché, come dicevano i latini, 'tot capita, tot sententiae' e siccome in Italia ci sono ben venti regioni, oltre a una pletora di comuni con relativa frammentazione e talora anche sovrapposizione di potestà normative, possiamo facilmente immaginare cosa potrà accadere (come se non fosse abbastanza ciò che già stava accadendo ante-virus) quando si tratterà di disciplinare orari di apertura, social distancing, etc., a livello locale in esito all’emergenza pandemica.  A tal proposito ritengo che non ci siano facili soluzioni e quindi non ci resta che auspicare che da un lato le autorità preposte provino (almeno che ci provino una volta tanto!) ad emanare regole chiare, semplici, congrue ed equilibrate, e dall’altro lato gli operatori sappiano trovare le giuste soluzioni logistiche, organizzative, logistiche, tecnologiche ed economicamente sostenibili per evitare quello che altrimenti diventerebbe un massacro annunciato”.
 
 

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