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Il CdS su convenzione ippica: “Serve accordo sostitutivo Mipaaf e società di corse”

10 dicembre 2014 - 14:41

Con un parere lungamente atteso dalle società di corse, il Consiglio di Stato interviene sulla “qualificazione giuridica dei rapporti tra il Ministero delle politiche agricole e forestali e le società che gestiscono gli ippodromi e le scommesse che vengono organizzate all’interno di detti impianti”, chiesto dal Mipaaf il 3 maggio dell’anno scorso dopo che nel 2011 era stata disposta la trasformazione dell’Unire (Unione Nazionale Incremento Razze Equine), ente pubblico non economico, nell’Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (Assi).

Scritto da Amr
Il CdS su convenzione ippica: “Serve accordo sostitutivo Mipaaf e società di corse”

Nell’ambito delle funzioni trasferite il Ministero deve ora gestire anche il rapporto con le società di corse; questo rapporto presenta aspetti problematici in ordine alla qualificazione della sua natura giuridica. Infatti l’Unire ha ritenuto in passato di poter qualificare tale rapporto come concessione di servizi, senza tuttavia che vi fosse la formalizzazione di un atto concessorio; l’Unire riteneva che l’apposita convenzione stipulata a suo tempo con le società di corse esaurisse tutti i profili giuridico patrimoniali. Il Ministero richiedente osserva che sussistono profili, sia di ordine organizzativo che patrimoniale che farebbero propendere per l’inquadramento dei rapporti con le società di corse non tanto nella concessione di servizi quanto nell’appalto dei servizi in senso tecnico. Al riguardo viene sottolineato che le società di corse non sono tenute a pagare alcun canone, sulla base della convenzione a suo tempo stipulata.

Secondo il CdS, il rapporto tra Ministero delle Politiche Agricole e le società di corse che gestiscono gli ippodromi, che prevede anche il finanziamento per la gestione delle gare, dovrà essere assicurato da un “accordo sostitutivo”.

 

IL RAPPORTO CONVENZIONALE - Quanto al rapporto convenzionale che lega il Ministero con le società di corse, e che è “sostanzialmente quello a suo tempo stipulato tra le medesime società di corse e l’Unire”, secondo Palazzo Spada “a tesi prospettata dall’amministrazione richiedente, secondo la quale nel caso di specie non si verte in tema di concessione di esercizio di servizi, ma di appalto di servizi, non appare convincente. Infatti nel contratto di appalto assume una causa tipica la funzione sinallagmatica tra gli importi erogati dalla parte pubblica e i servizi resi dall’appaltatore, diretti a soddisfare le esigenze della parte pubblica appaltante. In sostanza , nel caso in esame non si configura un rapporto sinallagmatico , in quanto i servizi non sono resi nei confronti dell’amministrazione contraente ma nei confronti degli utenti costituiti in primo luogo da coloro che assistono alle corse e scommettono e in secondo luogo da coloro che operano economicamente nell’ambito di tale settore ippico: proprietari dei cavalli, allevatori, allenatori, fantini. A ciò si aggiunga che l’interesse a sostenere e sviluppare le attività ippiche si configura con quel carattere generale che sostiene l’interesse a sviluppare qualsiasi attività di carattere economico , anche se nel caso di specie l’autorizzazione ad organizzare le corse in appositi impianti assume in via preliminare la configurazione di un atto autorizzativo in senso tecnico. Infatti il riconoscimento delle società di corse presuppone una valutazione della adeguatezza delle strutture tecniche dell’impianto nonché dei requisiti soggettivi degli amministratori della società (in termini di assenza di condanne penali, carichi pendenti, misure antimafia). L’autorizzazione pertanto una volta rilasciata riconosce che la società è idonea ad ospitare riunioni di corse secondo la programmazione decisa dal Ministero. Tuttavia, come si è espresso sul punto questo consesso (Consiglio di Stato, sezione II, n. 2020 del 2002) , l’interesse pubblico a sviluppare il settore ippico e a garantire l’adeguatezza tecnica degli ippodromi, non assume i caratteri della indispensabilità e della universalità tipica dei servizi pubblici. Nel caso in esame non si configura la causa tipica del contratto di appalto e dunque non si configura un appalto di servizi, in quanto non vi è alcuna remunerazione da parte del Ministero diretta ad un soggetto per soddisfare esigenze di quest’ultimo in quanto contraente nell’ambito di un rapporto bilaterale. Non si configura alcuna corrispettività (tipica dell’appalto), in quanto gli importi che vengono erogati dalla parte pubblica non remunerano una prestazione di servizi che le società di corse rendono alla amministrazione ministeriale”.

In questo contesto, “sulla falsariga della citata sentenza del Tar Lazio, sez, III, n. 8001/14, questa Sezione ritiene che la qualificazione giuridica più appropriata del rapporto di cui si discute sia quella dell’accordo sostitutivo , nell’ambito della disciplina di cui all’art. 11 della legge n. 241 del 1990. Si tratta , come è stato osservato, di un istituto che si inquadra nell’ esercizio consensuale di funzioni pubbliche e che nei suo tratti strutturali può mutuare i principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti, ma rimane entro uno schema organizzatorio di natura squisitamente pubblicistica.

Con l’accordo sostitutivo le disposizioni provvedimentali sono trasfuse nella intesa bilaterale nel cui ambito la parte privata partecipa alla sua definizione , ne condivide gli obblighi , e ne accetta la natura pubblica, tant’è che la cognizione delle eventuali controversie è intestata in via esclusiva al giudice amministrativo”.

IL COMMENTO DEGLI OPERATORI - “Ci sono ora le condizioni per cominciare a lavorare e a scrivere la nuova convenzione. Tra l’altro l’assemblea del Coordinamento Ippodromi ha discusso proprio di questo nella riunione di oggi”, sottolinea Attilio D’Alesio, presidente dell’associazione degli ippodromi.

IL TESTO - Il testo del parere del CdS può essere scaricato cliccando qui.

 

 

 

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