Nel paradosso del Piemonte la crisi del settore e della politica
Mentre la politica abdica le proprie responsabilità di fronte al caso Piemonte, prosegue la resistenza degli operatori con le inevitabili azioni legali.
In Piemonte è piena crisi. E non si tratta soltanto di quella economica, che attanaglia ormai da qualche anno l'intero paese, insieme a molti altri. Ad andare in crisi è il comparto del gioco pubblico nella sua declinazione locale - fatta di imprese, lavoratori e famiglie - che in virtù di una maldestra legge regionale si trova a rischio chiusura, vedendosi trasformare le proprie attività, da rivenditori di prodotti di Stato a fuorilegge. Ma ad andare in crisi, in Piemonte, è soprattutto la politica, a tutti i livelli. Sempre più incapace di governare il paese, l'economia e il territorio, e di trovare soluzioni efficaci nell'affrontare i problemi (reali) che riguardano i cittadini. Evitando, com'è evidente nel caso delle slot in Piemonte, di assumersi le proprie responsabilità: sia dal lato del governo, che da quello della Regione. Col risultato che appare oggi sotto gli occhi di tutti.
Il potere è la capacità di esercitare un comando. E la politica quella di prendere decisioni, di orientarle in un senso o nell’altro, sosteneva Zygmunt Bauman. Ma se la società attuale si rivela - parole sue - sempre più "liquida", la politica sembra addirittura evaporare davanti alle esigenze reali. E' quanto emerge con chiarezza dal balletto delle ultime settimane andato in scena tra Roma e Torino, in un continuo scaricabarile tra governo e regione che non ha portato ad alcun risultato. Nonostante la necessità - evidente a entrambi - di dover intervenire per scongiurare l'annunciato stato di crisi, che adesso rischia di compromettere seriamente il tessuto imprenditoriale e sociale locale. La politica, invece, ha scelto di non scegliere: e al di là dell'impegno verbale di entrambi i soggetti nel voler tutelare la cittadinanza e le imprese, non è stata presa alcuna decisione sostanziale, lasciando trascorrere il tempo e facendo in modo che l'iter della legge regionale facesse il suo naturale corso. E così, dallo scorso lunedì, oltre ventimila slot (offerte in nome e per conto dello Stato, ricordiamolo) sono diventate illegali. In barba alle leggi dello Stato stesso, dei lavori della Conferenza unificata (sottoscritti anche dal Piemonte) e pure delle varie carenze della stessa amministrazione locale, che avrebbe dovuto avviare una ricognizione con i comunidel posto prima dell'entrata in vigore definitiva della norma, che non è ancora stata avviata.
A rendere ancora più paradossale il tutto, in realtà, è anche il fatto di non aver assistito ancora oggi a nessun sequestro e all'erogazione di alcuna sanzione da parte delle autorità sul posto, nonostante gran parte degli addetti ai lavori siano tornati ad accendere le slot dopo le prime ore di interruzione. Per una possibile presa di coscienza da parte dell'amministrazione locale, che forse solo adesso si rende conto dei danni che questo tipo di norme possono creare a livello economico e sociale: ma che renderebbe il tutto ancora più paradossale, visto che si sarebbe potuto evitare tutto questo in maniera piuttosto semplice, e senza doversi rimangiare i propri impegni o le proprie parole, optando per una mera proroga dei termini, magari anche in attesa delle norme definitive da parte del governo. Invece, non è andata così. E il resto è storia di questi giorni.