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Agenzia Entrate, ecco come funzionano Iva e imposte su Betacoin e eSports

07 dicembre 2022 - 18:17

Il parere dell'Agenzia delle Entrate su richiesta di Alfa, società che organizza giochi eSports su una app e tramite una moneta Betacoin.

Foto Paolo Pedrotti Agenzia 3P

Foto Paolo Pedrotti Agenzia 3P

Il Betacoin non può essere considerato un voucher ai fini dei regolamenti che disciplinano questo strumento. E inoltre “la mera  detenzione  dei  betacoin  nel  wallet  personale  non conferisce all’utente il diritto di partecipare a una determinata manifestazione sportiva e/o a ricevere certe prestazioni di servizio da parte della Società: non conferisce al possessore alcun diritto se non quello di poterli utilizzare come mezzo di pagamento nell’ambito della piattaforma”. Lo ha chiaro l’Agenzia delle Entrate rispondendo ad un interpello della società Alfa che gestisce giochi online e voleva chiarimenti ai fini dell’Iva e delle imposte dirette. 

Ed ecco il fulcro centrale del parere: “(…) gli Utenti non possono concedere in sublicenza, scambiare, vendere o tentare di vendere betacoin in cambio di denaro o scambiare betacoin.  Qualsiasi attività o transazione vietata sarà considerata nulla ed inefficace e potrebbe comportare azioni legali nei confronti dell’Utente”.

E ancora: “Quanto a dire dunque che i betacoin fungono da mezzi di pagamento, al pari di  una valuta, anche se il loro utilizzo è circoscritto alla piattaforma BETA. In tale contesto, tuttavia, il  servizio  di conversione  degli euro in  betacoin  non  assume rilevanza ai fini IVA poiché effettuato dalla Società a titolo gratuito: dalle informazioni  rese  e  dal Contratto  non  è  desumibile  alcuna  commissione dalla stessa percepita per questo servizio di cambio valute, peraltro materialmente gestito da un intermediario terzo (i.e. X)”.

L’Istante, attualmente inattivo nelle more dell’inizio attività, chiede  quale  sia  la  qualificazione  contabile  e  fiscale  dei  proventi  derivanti  dallo  svolgimento della suddetta attività e gli adempimenti connessi. Chiede, in particolare,  di conoscere il relativo regime IVA, nell’ambito delle prestazioni di servizi rese a  committenti  privati  nazionali,  UE,  e  EXTRA­UE,  nonché  il  trattamento  fiscale  applicabile ai fini delle imposte dirette (IRES e IRAP) dell’attività delineata. Ai fini delle imposte dirette (IRES e IRAP), la Società chiede inoltre di conoscere  il trattamento fiscale applicabile alla raccolta dei fondi da convertire in betacoin, e quello  inerente alle ”provvigioni” dalla stessa trattenute, nonché la corretta individuazione del  momento impositivo.

Ecco il parere dell’Agenzia delle Entrate:

“Il  presente  parere  è  reso  nel  presupposto  che  la  Società  sia  in  possesso  degli  eventuali  requisiti  e/o  titoli  amministrativi,  previsti  dalla  normativa  di  settore  per  l’espletamento della prospettata attività, la valutazione dei quali esula dalle competenze  di questa Agenzia.

Resta parimenti esclusa dalla trattazione che segue ogni valutazione circa: ­  l’integrazione  dei  presupposti  per  l’assoggettamento  dell’attività  esercitata  dall’Istante all’imposta sui servizi digitali, introdotta dall’articolo 1, commi da 35 a 50,  della legge di bilancio 2019, e successive modificazioni, non costituendo oggetto dei  quesiti formulati; ­ la  riconducibilità  o meno  della medesima ad  un’attività  di  gestione  di  giochi on line, soggetta a disciplina di specifica competenza dell’Agenzia delle Dogane e dei  Monopoli.

Rimane, dunque, integro il potere di controllo nel merito da parte degli organi competenti. Per  quanto  attiene  i  profili  IVA,  non  si  condivide  la  tesi  della  Società  di  considerare  la  cessione  di  betacoin  agli  utenti  come  cessione  di  un  voucher (buono  corrispettivo)  di  cui  alla  Direttiva  UE  2016/1065  del  Consiglio  del  27  giugno  2016  (”Direttiva  voucher”),  trasfusa  negli  articoli  da  6­bis  a  6­quater, e  nel  comma  5­bis dell’articolo 13 del Decreto IVA.

Per l’articolo  1  della  Direttiva  voucher  «(…),  si intende  per:  1)  «buono»,  uno  strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi e nel quale i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori sono indicati sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative; (…)».

I betacoin non riportano «…i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori…» e dunque non incorporano l’obbligo di essere accettati  come  corrispettivo  di  quella  particolare  cessione  di  beni  o  prestazione  di  servizi,  nel  senso chiarito dalle numerose risposte a interpello e alle quali si invita la Società a fare  riferimento.

In  altri  termini,  la  mera  detenzione  dei  betacoin  nel  wallet  personale  non conferisce all’utente il diritto di partecipare a una determinata manifestazione sportiva e/o a ricevere certe prestazioni di servizio da parte della Società: non conferisce al possessore alcun diritto se non quello di poterli utilizzare come mezzo di pagamento nell’ambito della piattaforma.

Si  ritiene  pertanto  che  questi  betacoin  rappresentino  un  mezzo  di  pagamento poiché il committente può partecipare al gioco solo se, anziché in euro, versa in betacoin la  relativa quota di iscrizione,  fermo  restando che il diritto a partecipare all’e­game è conferito con l’iscrizione.

L’accesso alla piattaforma è a titolo gratuito e al riguardo l’articolo 4 del Contratto, rubricato ”Gestione del profilo utente”, precisa tra l’altro che ”L’attivazione del ProfiloUtente abilita i seguenti servizi:

­ Prenotazione ad evento predefinito sullo specifico videogioco scelto dal Cliente;

­  Caricamento di denaro al fine di ottenere i betacoin  necessari  alla partecipazione al singolo torneo;

­ Restituzione di betacoin e relativo diritto di credito nei confronti della società del denaro corrispondente al numero di betacoin reso: l’utente inoltra una richiesta di conversione e l’operatore provvede tramite il servizio X; (….)”.

A ciò si aggiungono le disposizioni dell’articolo 15 del suddetto Contratto in base alle quali i betacoin possono ”essere utilizzati solo nel contesto della piattaforma e per gli scopi previsti espressamente autorizzati dal Titolare (n.d.r. l’Istante) nel presente contratto….

Di conseguenza, gli Utenti non possono concedere in sublicenza, scambiare, vendere o tentare di vendere betacoin in cambio di denaro o scambiare betacoin.  Qualsiasi attività o transazione vietata sarà considerata nulla ed inefficace e potrebbe comportare azioni legali nei confronti dell’Utente”.

Quanto a dire dunque che i betacoin fungono da mezzi di pagamento, al pari di  una valuta, anche se il loro utilizzo è circoscritto alla piattaforma BETA. In tale contesto, tuttavia, il  servizio  di conversione  degli euro in  betacoin  non  assume rilevanza ai fini IVA poiché effettuato dalla Società a titolo gratuito: dalle informazioni  rese  e  dal Contratto  non  è  desumibile  alcuna  commissione dalla stessa percepita per questo servizio di cambio valute, peraltro materialmente gestito da un intermediario terzo (i.e. X).

Nell’istanza, infatti, la Società afferma che ”b) Una volta scaricata l’applicazione, il  committente  acquisterà  betacoin  (…),  al  netto  delle  commissioni  eventualmente applicate dall’intermediario di pagamento (…). Questa fase, tuttavia, non determinerà nessun corrispettivo per la società istante per le considerazioni infra indicate”. Quanto a dire che le eventuali commissioni applicate in questa  fase non  sono dell’Istante ma dell’intermediario.

Ciò che assume rilevanza ai fini IVA è invece la fee che spetta alla Società ”all’atto dell’iscrizione  al torneo”  da  parte  del  singolo player, a titolo  di  remunerazione  per il servizio di match­making dalla stessa svolta (cfr. articolo 6 del Contratto).

Al riguardo, non sono del tutto chiare le modalità di svolgimento di questa attività. In  particolare,  la  documentazione  e  le  informazioni  fornite  dall’Istante  non consentono di stabilire se la dichiarata attività di match­making:

1.sia svolta con le modalità di cui articolo 7 del Regolamento UE n. 282 del 2011, cioè «… attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione (….)»; oppure

pur essendo svolta mediante mezzi elettronici, richieda un intervento umano più che minimo.
Nel primo caso, sarebbe un servizio elettronico la cui territorialità IVA è regolata dall’articolo 7­octies del Decreto IVA, con possibilità per la Società di assolvere l’imposta applicando  il  regime  OSS  di  cui  al  successivo  articolo  74­sexies,  al  ricorrere  dei  presupposti ivi previsti.  Il  citato  articolo dispone che «1.  I soggetti passivi domiciliati nel territorio dello Stato, o ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all’estero, identificati in Italia, possono, ai fini dell’assolvimento degli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per tutti i servizi resi negli altri Stati membri dell’Unione europea nei confronti di committenti non soggetti passivi d’imposta, […] optare per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 74­quinquies e dal presente articolo». Da un punto di vista procedurale torna,  dunque,  applicabile  quanto  disposto  dal  comma  2  dell’articolo  74­quinquies, secondo cui «I soggetti che si avvalgono del regime previsto dal presente articolo sono dispensati dagli obblighi di cui al titolo II; qualora sia emessa fattura si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti». Pertanto, per quel che qui rileva: a) i corrispettivi percepiti dai consumatori finali nazionali andranno assoggettati a IVA nazionale con aliquota del 22 per cento e documentati con fattura ex  articoli 21 e  21­bis del Decreto IVA. In tale ipotesi, in sede di registrazione alla piattaforma e  attivazione  del  profilo  utente,  dovrà  essere  acquisito  anche  il  codice  fiscale  del committente, trattandosi di un dato obbligatorio da indicare in fattura; b) i corrispettivi percepiti dai consumatori finali comunitari andranno assoggettati ad IVA secondo le regole disposte dal paese del committente, mediante il sistema OSS, ove  opzionato,  e  non  saranno  soggette  all’obbligo  di  certificazione,  salvo  scelta  del prestatore e comunque previa autorizzazione del committente stesso; c) i corrispettivi percepiti dai consumatori finali extra­UE saranno, infine, fuori campo di applicazione dell’imposta, senza dunque obbligo di certificazione.

Nel  secondo  caso  invece  (i.e.  pur  essendo  svolta  mediante  mezzi  elettronici, richiede un intervento umano più che minimo), l’attività di match­making sarebbe una  prestazione di servizio generica, territorialmente rilevante in Italia ai sensi dall’articolo  7­ter del Decreto IVA qualunque sia la residenza (nazionale, comunitaria o extra Ue) degli utenti/soggetti privati.

In  quest’ultima  ipotesi,  il  regime  OSS  non  è  applicabile  e  la  Società  dovrà assoggettare i corrispettivi ad aliquota IVA ordinaria del 22 per cento oltre a assolvere all’obbligo di emettere fattura ex articoli 21 e 21­bis del Decreto IVA per certificare il corrispettivo incassato. A tal fine, in sede di registrazione alla piattaforma e attivazione del profilo utente, andrà acquisito anche il codice fiscale del committente, trattandosi di un dato obbligatorio da indicare in fattura. Quanto alle modalità di fatturazione, si ricorda che l’articolo 1, comma 3 del d.lgs. 5 agosto 2015, n. 127 dispone che «Al fine di razionalizzare il procedimento di fatturazione e registrazione, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, sono emesse esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio e secondo il formato di cui al comma 2. […] Le fatture elettroniche emesse nei confronti dei consumatori finali sono rese disponibili, su richiesta, a questi ultimi dai servizi telematici dell’Agenzia delle entrate; una copia della fattura elettronica ovvero in formato analogico sarà messa a disposizione direttamente da chi emette la fattura. È comunque facoltà dei consumatori rinunciare alla copia elettronica o in formato analogico della fattura.».

Il medesimo obbligo di fatturazione elettronica tramite il Sistema Di Interscambio (SdI)  non  ricorre  quando  la  fattura  è  destinata  a  soggetti  non  residenti  (siano  essi comunitari o extra Ue): tuttavia, ai sensi del comma 3­bis del medesimo articolo 1, «I soggetti passivi di cui al comma 3 trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali é stata emessa una bolletta doganale, quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le modalità indicate nel comma 3 […]».

Pertanto,  l’Istante,  nei  confronti  dei  committenti  non  residenti,  può  scegliere di  emettere  fattura  cartacea/elettronica  ordinaria  o  fattura  elettronica  tramite  SdI: ovviamente,  solo  l’emissione  della  fattura  elettronica  tramite  SdI  consente  di  evitare l’invio dell”’esterometro”. Resta comunque fermo, come disposto dal citato comma 3, l’obbligo di mettere a disposizione del committente privato una copia di cortesia della fattura, salvo che il medesimo non decida spontaneamente di rinunciarvi.

Trattandosi di una verifica di fatto, spetta ovviamente all’Istante valutare se la sua attività rientra nell’ipotesi sub 1 oppure sub­2.

Con riguardo ai profili relativi alle imposte dirette (IRES e IRAP), si osserva quanto segue.

In  merito  alla  conversione  dei  depositi  dei  clienti in  betacoin,  si  condivide la soluzione prospettata dalla Società poiché, ferma restando l’assenza di margini relativi al cambio euro/ betacoin, le somme incassate rappresentano una mera manifestazione finanziaria.

A  conclusioni  diverse  deve  pervenirsi in  relazione  alla  commissione  applicata dall’Istante in un momento, temporalmente successivo, in cui i giocatori si iscrivono per la partecipazione ad un torneo. Tali componenti di reddito, infatti, costituiscono ricavi ai sensi dell’articolo 85 del TUIR e concorrono alla determinazione della base imponibile della Società ai fini IRES.

Con  riguardo  all’individuazione  del  periodo  d’imposta in  cui tali  commissioni concorrono alla formazione dell’IRES ­ stante la qualificazione dell’Istante tra le microimprese di cui all’art. 2435­ter del codice civile ­ si applicano i criteri indicati nell’articolo 109, comma 2 che identificano il momento in cui la prestazione di servizi è considerata effettuata (i.e. ultimazione).

Si  ricorda che il  principio  generale che  sorregge il  vigente  sistema impositivo dell’IRAP, così come ridisegnato dalla legge finanziaria 2008 (riforma IRAP), è quello della  «presa  diretta  da  bilancio»  delle  voci  espressamente  individuate  e  considerate rilevanti ai fini impositivi. In particolare, l’abrogazione dell’articolo 11­bis del decreto legislativo  15  dicembre  1997,  n.  446  ­  che  riconosceva  la  rilevanza  nell’IRAP  delle variazioni fiscali effettuate ai fini delle imposte sul reddito ­ ha determinato lo «sganciamento»  del tributo  regionale  dall’imposta  sul  reddito  stesso  rendendo, in tal modo, le modalità di calcolo del tributo più aderenti ai criteri adottati in sede di redazione del bilancio di esercizio (cfr. circolari n. 26/E del 20 giugno 2012, n. 27/E del 26 maggio 2009, n. 36/E del 16 luglio 2009 e n. 39/E del 22 luglio 2009).

Le  commissioni  percepite  dalla  Società  per  i  servizi  forniti  ai  propri  clienti, dunque, concorrono alla formazione del valore della produzione netta, rappresentando di per sé ricavi per prestazioni di servizi ascrivibili all’attività caratteristica dell’Istante, con il conseguente transito in voci rilevanti ai fini IRAP.

Per quanto riguarda gli obblighi di sostituzione relativi ai premi e alle vincite,  in relazione ai quali la Società sostiene che sia «irrilevante la tassazione in capo alle persone fisiche beneficiarie dei premi, con conseguente assenza di ogni adempimento come  sostituto  d’imposta», si  fa  presente  che,  in  linea  generale,  i  premi  e  le  vincite sono soggetti all’applicazione delle ritenute fiscali al ricorrere delle condizioni previste dall’articolo 30 del d.P.R. n. 600 del 1973, sempreché gli stessi vengano erogati nell’ambito di uno degli eventi espressamente previsti da tale disposizione e  risultino  imponibili ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 67, comma 1, lettera d), e 69 del TUIR.

Tuttavia, poiché l’applicazione delle richiamate disposizioni presuppone la necessità di qualificare l’evento nell’ambito del quale i predetti premi sono corrisposti, così come la natura soggettiva del soggetto organizzatore, si fa presente che entrambe tali  qualificazioni  esulano  dalla  competenza  dell’Agenzia  delle  entrate  in  quanto  richiedono accertamenti di natura tecnica demandate alla competenza di altre pubbliche  amministrazioni  (nel  caso  di  specie,  Ministero  delle  Imprese  e  del  Made  in  Italy  e  Agenzia delle dogane e dei monopoli).

Per tale motivo, conformemente con quanto da ultimo sostenuto nella Circolare n.  31/E del 2020 (che, sul punto, ribadisce quanto chiarito con la Circolare n. 9/E del 2016), in mancanza di un parere tecnico dell’Amministrazione competente, che il contribuente  ha l’onere di acquisire, non è possibile, al momento, fornire alcun chiarimento sul corretto  trattamento fiscale dei premi ai fini degli obblighi di sostituzione. Conseguentemente,  sotto tale aspetto, l’istanza deve considerarsi inammissibile e, quindi, improduttiva degli  effetti previsti dal comma 3 dell’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente.

Resta  impregiudicato  per  la  Società,  una  volta  acquisito  il  parere  dell’Amministrazione competente, di presentare interpello ove vi fossero dei dubbi sulla  corretta applicazione degli obblighi di sostituzione d’imposta.

Infine, non possono essere oggetto di interpello gli obblighi di adeguata verifica  della clientela, di registrazione nonché di segnalazione di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 in quanto le disposizioni in materia di antiriciclaggio non sono  di competenza dell’Agenzia.

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