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Pubblicità al gioco, Tar Lazio conferma la multa da 750mila euro a Meta

07 aprile 2023 - 10:30

Il Tar Lazio respinge l'istanza di Meta Ireland per l'annullamento della multa da 750mila euro inflitta dall'Agcom per la violazione del divieto di pubblicità al gioco introdotto dal decreto Dignità.

Scritto da Fm
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Meta Ireland (l'ex Facebook) dovrà pagare la multa di 750mila euro comminata dall'Agcom - Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per la violazione del divieto di pubblicità del gioco d’azzardo sancito dal cosiddetto “decreto Dignità” (art. 9 D.L. n. 87/218).

A sancirlo un'ordinanza del Tar Lazio, fresca di pubblicazione.

L'Agcom – emanando per la prima volta un provvedimento sanzionatorio nei confronti di una piattaforma di social media per aver consentito la diffusione di contenuti, in violazione del citato divieto - ha ritenuto Meta responsabile per non aver previsto nelle proprie condizioni generali, destinate al mercato italiano e relative alla promozione di beni e servizi a pagamento, alcuna restrizione in relazione alla pubblicità di giochi con vincite in denaro.

Nello specifico, è emerso che la società consente a tutti i propri clienti business che intendono rivolgersi al pubblico italiano di promuovere tali contenuti, anche attraverso la “targetizzazione” delle inserzioni pubblicitarie.

Ora il Tar Lazio evidenzia che “l’ordine contenuto nel provvedimento impugnato appare espressamente limitato ai soli 'utenti business' che hanno pubblicato i 'post' oggetto del procedimento in questione (come si evince dal tenore testuale del dispositivo dell’ordinanza: 'ordina di impedire a ciascuno soggetto autore della sponsorizzazione oggetto del presente procedimento la promozione, attraverso il social network sites Facebook, di contenuti identici o equivalenti in violazione del divieto sancito dall’art. 9 del Decreto')”.

Per i giudici amministrativi capitolini, quindi, “anche ritenendo che il provvedimento impugnato prefiguri la linea di condotta da adottare con riferimento alla generalità degli 'utenti business' che intendano sponsorizzare il gioco d’azzardo, non sembra poterne derivare - come prospettato dalla ricorrente - la necessità di trasformare il modello di business praticato dalla società, atteso che è pacifico che la ricorrente, con riferimento ai contenuti che sponsorizzano il gioco d’azzardo, già oggi svolge una specifica attività di controllo preventivo che si estrinseca nel rilascio di una 'autorizzazione scritta' alla pubblicazione della singola inserzione (come previsto dagli standard pubblicitari relativi al servizio Facebook definiti dalla stessa ricorrente)”.

 

Ora resta da capire se Meta tenterà la strada del appello al Consiglio di Stato, e magari in Cassazione, o se la vicenda si chiuderà qui.

 

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