"La prevista limitazione ad otto ore dell’orario di funzionamento degli apparecchi di gioco lecito, come già più volte affermato dalla giurisprudenza in materia, può considerarsi rispettosa anche del principio di proporzionalità rispetto agli obiettivi perseguiti (prevenzione, contrasto e riduzione del gioco d’azzardo patologico), realizzando un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, non essendo revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresce il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza".
Lo dichiara il Tar Veneto, sezione terza, nella sentenza che vede respinto il ricordo di una società che gestisce una sala nel comune di Tezze sul Brenta (Vicenza), che si è vista imporre da un'ordinanza comunale un'apertura massima giornaliera di sole otto ore.
Alla società, che ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza richiamando anche l’Intesa raggiunta all’esito della Conferenza Unificata del 7 settembre 2017, "ove sarebbe stata riconosciuta 'la facoltà di stabilire per le tipologie di gioco delle fasce orarie fino a 6 ore complessive di interruzione quotidiana di gioco' ", il Tar risponde che "l’Intesa non ha efficacia vincolante", in quanto "il suo contenuto non è stato 'legificato' e reso vincolante dalla legge regionale n. 38 del 2019, per cui la stessa non può essere assunta quale parametro di legittimità dei provvedimenti assunti dagli Enti locali".
Aggiunge quindi che "nell’attuale quadro normativo nazionale ed europeo in materia, anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 220 del 2014, restano ferme le competenze degli Enti locali e dunque la facoltà degli stessi di porre in essere gli interventi necessari a garantire il corretto equilibrio tra la libertà di iniziativa economica ex art. 41 della Costituzione e la tutela della sicurezza, della salute, della libertà e dignità umana in ragione delle specifiche problematiche di ciascun territorio. La limitazione degli orari di apertura delle sale da gioco o scommessa e degli altri esercizi in cui sono installate apparecchiature per il gioco può, quindi, essere sempre disposta dal Comune per la tutela della salute pubblica ed il benessere socio-economico dei cittadini", sottolineando che "emerge 'non solo e non tanto la legittimazione, ma l'esistenza di un vero e proprio obbligo a porre in essere, da parte dell'amministrazione comunale, interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco, ispirati per un verso alla tutela della salute, che rischia di essere gravemente compromessa per i cittadini che siano giocatori e quindi clienti delle sale gioco, per altro verso al principio di precauzione'".
I giudici richiamano quindi diverse pronunce della giurisprudenza amministrativa nelle quali è stata riconosciuta "la legittimità di limitazioni orarie al funzionamento degli apparecchi di gioco da parte dei Comuni ben superiori a quello che, invece, la ricorrente individua come limite massimo e parametro di ragionevolezza sulla base dell’Intesa".
E ribadiscono, inoltre, che "è la stessa Intesa, richiamata dalla legge regionale, a prevedere la possibilità di mantenere le misure locali più restrittive (cfr. punto 5 dell’Intesa 'accentuare l’azione preventiva e di contrasto al gioco di azzardo patologico' dove si prevede che '…Le disposizioni specifiche in materia, previste in ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque ad esplicare la loro efficacia.') e che, come sottolineato anche dal Consiglio di Stato nelle pronunce sopra richiamate, alla luce dei contenuti dell’Intesa, 'è dunque corretto affermare che principio generale della materia è la previsione di limitazioni orarie come strumento di lotta al fenomeno della ludopatia' ”.
Chiude quindi, il Tar Veneto, aggiungendo che neanche "il limite delle sei ore giornaliere di interruzione dal gioco previsto nell’Intesa può essere considerato, come invece vorrebbe la ricorrente, quale necessario parametro di legittimità, anche in termini di ragionevolezza e proporzionalità delle limitazioni orarie imposte al gioco lecito, tenuto conto di tutto quanto già sopra esposto".
Considerazioni che portano, infine, a respingere il ricorso della società.