Tar Lazio: 'Bingo, decadenza concessione senza requisiti'
Il Tar Lazio conferma la decadenza della concessione per il bingo ad operatore privo dei requisiti di legge.
"L’assoluta peculiarità e la particolare delicatezza del settore dei giochi sono idonei a giustificare una misura legislativa che, nel perseguimento dell’interesse pubblico a evitare la contaminazione, anche potenziale, del settore dei giochi da parte di infiltrazioni criminali e a dare certezza del fatto l’attività del concessionario sia costantemente conforme all’interesse pubblico e non pregiudizievole per le ragioni erariali, commini la decadenza della concessione in dipendenza di una situazione di grave pericolo per l’interesse pubblico, riscontrata in relazione alla valutazione resa dal giudice delle indagini preliminari con il rinvio a giudizio per determinati gravi delitti".
Lo ricorda il Tar Lazio nel respingere il ricorso di un operatore contro Agenzia delle dogane e dei monopoli e Ministero dell’economia e delle finanze per l'annullamento del provvedimento con cui è stata disposta la decadenza dalla concessione per il bingo, dopo il subentro ad un altro operatore, a seguito di cessione di ramo d’azienda, nella titolarità della convenzione stipulata nel 2008.
Il provvedimento "evidenzia la sussistenza di due autonome cause di decadenza della concessione, rinvenibili: nell’applicazione della previsione dell’articolo 24, comma 25, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, il quale vieta il mantenimento di concessioni in materia di giochi pubblici in favore del soggetto partecipato, anche indirettamente, in misura superiore al due per cento del capitale o patrimonio, da persone fisiche che risultino condannate, anche con sentenza non definitiva, ovvero imputate per uno dei delitti previsti dalla stessa disposizione, tra i quali figura quello di cui all’articolo 416, primo e secondo comma, c.p.; ciò in considerazione del rinvio a giudizio, per quest’ultimo delitto, del titolare in via indiretta della totalità del pacchetto azionario, a sua volta titolare del cento per cento delle quote; nel venir meno del rapporto fiduciario con l’Amministrazione, a causa della decadenza della concessione già pronunciata".
"Dal punto di vista logico-sistematico deve, poi, tenersi presente che la previsione originaria dell’articolo 24, comma 25, del decreto legge n. 98 del 2011 aveva ad oggetto solo l’esclusione dei concorrenti dalle gare relative ai giochi pubblici e il rinnovo delle concessioni, in presenza dell’accertata pendenza di procedimenti penali a
carico dei soggetti indicati dalla stessa disposizione. Il riferimento al divieto del 'mantenimento' delle concessioni è stato, invece, introdotto nel suddetto comma successivamente, ad opera dell’articolo 10, comma 1, lett. b) del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito dalla legge 26 aprile 2012, n. 44. La volontà così espressa dal legislatore è stata, quindi, quella di estendere la necessità del costante riscontro dei requisiti di moralità di cui al comma 25 a tutte le concessioni, anche a quelle precedenti l’entrata in vigore della nuova disciplina", si legge nella sentenza.
"Non può, invece, ritenersi che la verifica in ordine al 'mantenimento' di tali requisiti sia anch’essa circoscritta, ai sensi del comma 27, alle sole concessioni originanti dalle gare future, perché così intesa la previsione sarebbe priva di alcuna concreta portata applicativa. Come sopra ricordato, infatti, il comma 26 già
prevedeva l’obbligo di revocare la concessione qualora nel corso della concessione vengono meno i requisiti di cui al comma 25. Era, perciò, già previsto che, per i partecipanti alle gare future, nei confronti dei quali il possesso dei requisiti era destinato ad essere verificato in corso di procedura, dovesse essere disposta la revoca
della concessione in caso di perdita successiva dei requisiti stessi. Se, perciò, la novella introdotta al comma 25, concernente la necessità – in via generale – del 'mantenimento' dei requisiti morali del concessionario fosse stata circoscritta solo alle nuove gare, essa sarebbe stata del tutto inutile, perché ripetitiva di quanto già
stabilito al comma 26. La tecnica normativa utilizzata (novellazione di una disposizione esistente) e la necessità di attribuire una concreta portata applicativa alla disposizione normativa devono, perciò, indurre l’interprete a ritenere che l’estensione dei requisiti di cui al comma 25 anche al 'mantenimento' delle concessioni abbia avuto l’effetto proprio di richiedere tali requisiti morali anche agli operatori che non avevano partecipato alle nuove gare e nei confronti dei quali non poteva, quindi, essere disposta la revoca delle concessioni ai sensi del comma 26, ossia per il venir meno del requisito inizialmente posseduto e già verificato al tempo della gara".
Secondo i giudici amministrativi è, "infine, dirimente in favore dell’interpretazione qui accolta la considerazione che un’interpretazione della disposizione normativa che circoscrivesse la necessità del costante possesso dei requisiti morali alle sole concessioni assegnate o rinnovate dopo l’entrata in vigore del decreto legge n. 98 del 2011 porrebbe seri dubbi di compatibilità costituzionale ed europea. Tutti i concessionari sono, infatti, titolari di un rapporto di durata con lo Stato e ugualmente esercitano munera pubblici. Richiedere solo per alcuni di essi, e non per tutti, il possesso e il mantenimento di rigorosi requisiti morali non solo risulterebbe ingiustificatamente discriminatorio e, quindi, lesivo del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, ma si porrebbe anche in contrasto con i principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, di cui all’articolo 97 della Costituzione. Ciò in quanto l’interesse pubblico cui la norma è preordinata è identico in relazione a tutti gli operatori, ma – seguendo l’interpretazione proposta dalla ricorrente – verrebbe ad essere perseguito solo nei confronti di alcuni di essi, consentendo ad altri di porsi in situazioni che il legislatore ha ritenuto idonee a determinare, ipso iure, il venir meno della fiducia nel concessionario.Sarebbero, inoltre, lesi i principi di par condicio tra gli operatori e di tutela della concorrenza, poiché i rigorosi requisiti di moralità stabiliti dalla disciplina normativa in esame comporterebbero l’esclusione dalle gare e la revoca delle concessioni solo per alcuni operatori, tenuti ad assicurare il costante possesso di tali requisiti, e non invece per tutti. Posto, quindi, che la portata applicativa dell’articolo 24, comma 25, del decreto legge n. 98 del 2011 deve ritenersi riferita anche al mantenimento delle concessioni già in essere, deve concludersi che la previsione sia applicabile anche nei confronti della concessione rilasciata in favore del ricorrente".