skin

Cassazione: 'Vietata raccolta scommesse illegale su conti di comodo'

23 giugno 2016 - 11:29

La Corte di Cassazione respinge ricorsi di esercenti che avevano messo a disposizione dei clienti conti di comodo per la raccolta abusiva di scommesse.

Scritto da Fm
Cassazione: 'Vietata raccolta scommesse illegale su conti di comodo'

 


"L'esistenza di un conto corrente intestato a persona diversa dal singolo utente, da parte del titolare di un
esercizio commerciale, sul quale lo stesso faccia confluire il denaro frutto dell'attività di scommessa, non si configura quale mero ausilio, ma crea un rapporto strutturale strumentale, tale da configurare l'ipotesi di organizzazione, esercizio e raccolta a distanza di scommesse, senza che possa assumere alcun rilievo in senso contrario l'intestazione formale dell'attività commerciale svolta dal soggetto che raccoglie le scommesse".

 

Questa la motivazione con cui la Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi presentati da due esercenti contro il decreto emesso dal Tribunale di Napoli per il sequestro preventivo dei mezzi strumentali all'impresa, in relazione al reato dell'attività di raccolta diretta di scommesse su eventi sportivi, in mancanza dell'autorizzazione di cui all'art. 88 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.


I giudici ricordano che "il Tribunale ha chiarito - con valutazione di fatto adeguatamente argomentata e, comunque, insindacabile in questa sede, visti il limite di cui all'art. 325, comma 1, cod. proc. pen. - che, nel caso di specie, si verte nell'ambito di un'attività di diretta gestione delle scommesse da parte degli indagati; circostanza, questa, che esclude in radice la possibilità di riferire ai ricorrenti la mera qualità di intermediari, con conseguente sola necessità di acquisizione dell'autorizzazione di cui all'art. 88 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Si evidenzia, in particolare, che gli avventori dell'esercizio commerciale potevano agevolmente effettuare le giocate anche se sforniti di propri username e password, utilizzando conti di comodo intestati all'indagata. Ciò rende irrilevante la circostanza - pur richiamata dalla difesa - che, in occasione di un precedente sequestro, lo stesso Tribunale avesse annullato il vincolo imposto all'esercizio commerciale, perché in occasione del precedente accertamento
non era venuta in rilievo un'attività di gestione diretta dei giochi da parte dei ricorrenti. L'attività svolta dai ricorrenti rientra, infatti, tra quelle sanzionate dall'art. 4, comma 1, ultimo periodo, della legge n. 401 del 1989, il quale punisce l'organizzazione, l'esercizio, la raccolta a distanza, attraverso l'apprestamento di una struttura per l'effettuazione dell'attività di gioco, con l'esclusione del mero occasionale supporto offerto ai giocatori (sez. 3, 13 ottobre 2015, n. 48453). E ciò è quanto avvenuto nel caso di specie, in cui
l'attività organizzata dagli indagati consisteva nella raccolta di puntate da parte dei singoli scommettitori, con l'utilizzazione di conti di comodo intestati all'indagata, la quale appariva ella stessa, nel collegamento con il sito Internet della società concessionaria, quale scommettitrice iilluogo dello scommettitore reale".
"Quanto, poi, al tipo di attività svolta nell'esercizio commerciale - rilevante ai fini del secondo motivo di doglianza - il Tribunale ha chiarito che gli accertamenti espletati hanno rivelato la predisposizione di un'organizzazione di mezzi e di personale appositamente rivolta al fine dell'attività di raccolta di scommesse, pur nell'ambito di un negozio nei quale formalmente si vendevano prodotti di cartoleria. Trova, dunque, applicazione il principio affermato da questa Corte con la sentenza sez. 3, 27 giugno
2013, n. 40624 - richiamata dai ricorrenti - secondo cui, per la configurazione del reato è necessaria una predisposizione di personale e mezzi che sia tale da concretare e una condotta di organizzazione, esercizio e raccolta a distanza di giochi. Come già evidenziato, infatti, nel caso di specie gli indagati raccoglievano scommesse, fungendo da intermediari con i privati, che non avevano accesso diretto a Internet con propri account, ma usufruivano di quelli, di comodo, messi a disposizione dagli stessi indagati", conclude la sentenza.
 

Altri articoli su

Articoli correlati