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Da Governo e Parlamento un riordino che deve riordinare

19 febbraio 2024 - 09:51

Mentre si appresta a conclusione l'iter parlamentare del processo di riordino del gioco online si delineano nuovi e vecchi problemi che il governo è chiamato a risolvere col supporto delle Camere.

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Quando ho avuto l'onore, ormai otto anni fa, di presentare il libro “La questione territoriale”, pubblicato dall'Editore di questa testata e dedicato al conflitto tra Stato ed Enti locali sulla regolamentazione del gioco pubblico, esordii citando un altro libro, scritto dal registra Paolo Sorrentino, in uscita in quello stesso periodo, intitolato: “Hanno tutti ragione”. Un pensiero, questo, che proprio come la questione territoriale, continua ad essere vivo e perfettamente calzante. Era l'aprile del 2016, all'epoca, e si era dunque nel vivo del conflitto: con il sottosegretario all'Economia del tempo, l'onorevole Pier Paolo Baretta (che del nostro libro aveva curato la prefazione), impegnato proprio in quei mesi nell'impresa (autentica) di provare a ricercare una mediazione all'interno della Conferenza unificata per poter arrivare a un accordo definitivo che potesse essere in grado di garantire una piena sostenibilità al comparto del gioco pubblico italiano. Un obiettivo che, come tutti sappiamo, è stato poi raggiunto soltanto in parte: poiché l'accordo – sia pure al ribasso – era stato raggiunto, uscendo da quel tavolo di (lunghissimo) confronto con un documento siglato da tutte le parti, salvo poi non essere mai sostanzialmente attuato. Facendo così svanire il vero obiettivo finale, ovvero quello della sostenibilità. Al punto che ancora oggi si torna a parlare di questione territoriale, di esigenza di riordino del comparto e – soprattutto – di Conferenza Stato-Regioni. Il riferimento, come noto, è all'iter parlamentare che sta accompagnando l'approvazione del decreto legislativo di riforma del gioco online, attraverso un percorso di audizioni presso le Commissioni finanze di Camera e Senato, dove l'industria e tutte le parti coinvolte (dagli Enti locali al Terzo settore) stanno dicendo la propria. E la cosa forse ancora più curiosa è che, a parlarne, sono in larga parte gli stessi attori: sia pure in ruoli diversi. Come lo stesso Baretta, oggi assessore al Comune di Napoli, che ha espresso nelle scorse ora il suo parere di duplice esperto: sia sulla materia gioco che di legislazione locale, richiamando l'esempio della Campania sulla regolamentazione del gioco, e non solo l'esigenza di ascoltare le amministrazioni regionali, come lui stesso aveva cercato da fare durante i suoi mandati al Mef. Ma ad esserci nel 2016, su quei tavoli, come pure oggi, è anche il senatore Massimo Garavaglia, che aveva vissuto in prima persona l'iter del “vecchio” riordino come rappresentante della Regione Lombardia e si ritrova ora a gestirlo dalla Commissione Finanze: dimostrando però di avere tutte le competenze per recepire le duplici esigenze di regioni e industria, che rappresentano il punto di partenza per poter davvero puntare alla sostenibilità. Anche se la partita – va detto – è tutt'altro che semplice: e il ciclo di audizioni che si sta per completare in Parlamento sta mettendo in luce tutte le difficoltà nel trovare una soluzione che possa davvero garantire tutto (Erario, salute pubblica, enti locali, occupazione) e tutti. Proprio perché, come dicevamo a suo tempo e richiamato in apertura, hanno davvero tutto ragione. Hanno ragione gli enti locali, che rivendicano la facoltà di poter intervenire sui propri territori di competenza nella regolamentazione delle attività per evitare di “subirne” soltanto gli effetti, come è avvenuto con l'offerta di gioco. Ma hanno ragione anche gli addetti ai lavori che chiedono regole certe, uniformi e stabili, per garantire pari opportunità all'interno della Penisola e certezze per gli investimenti che sono chiamati a fare. E, ancora, hanno ragione i rappresentanti del Terzo settore, quando chiedono norme in grado di garantire davvero tutela ai consumatori e supporti a quelli che dovessero manifestare comportamenti anomali.

Ma guardando più in dettaglio al riordino del gioco online, che rappresenta il vero elemento di attualità (emergenza?) di cui di discute oggi, hanno ragione, anche qui, quelli del governo, nel voler realizzare una gara per il rinnovo delle concessioni che sia in grado di innalzare i livelli di offerta, tutela e garanzia, visto che il nuovo sistema di cui si stanno scrivendo le regole dovrà durare per i prossimi dieci anni e hanno ragione, dunque, anche gli organismi che ne supportano il processo. Ma hanno pure ragione gli addetti ai lavori che rappresentano le piccole e media imprese del comparto, che chiedono di non essere espulsi dal sistema dopo anni di ingenti investimenti e di importanti garanzie offerte allo Stato, sia in termini di raccolta che di presidio della legalità. E ha altrettanto ragione chi mette in evidenza i rischi di una distorsione della concorrenza e quelli di ricaduta nell'illegalità che deriverebbero dal precedente scenario. Per questo la partita che il governo è chiamato a giocare nelle prossime settimane è tutt'altro che semplice e, anzi, molto più impegnativa di quanto esso stesso avrebbe mai potuto immaginare. Non che nessuno abbia mai considerato il riordino del comparto una faccenda semplice da sbrigare, anzi. Basta soltanto pensare che di questo presunto obiettivo se ne parla ormai da oltre dieci anni, senza mai giungere a una soluzione, neppure lontana. Al governo va dunque riconosciuto il merito di averci provato e di aver dunque avviato un percorso che era notoriamente difficile da intraprendere assumendosene le responsabilità. Un progetto notevole quanto ambizioso, se non altro per l'idea di volerlo far passare sotto la definizione di Riordino: e al Parlamento, dal canto suo, l'onore e l'onere di rendere questa piattaforma regolamentare più equa e sostenibile, a garanzia di tutti i principi costituzionali che subentrano nella gestione dei giochi di Stato, attraverso quel prezioso esercizio di dialettica che il sistema bicamerale è in grado di garantire. Ora non rimane che aspettare il parere finale che le Commissioni forniranno al governo che arriverà proprio un questa settimana, durante la quale potrebbe essere riscritto in gran parte il futuro dell'industria in Italia.

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