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Più tempo per il riordino ma il settore non può più attendere

22 aprile 2025 - 11:25

Il governo proroga i tempi di attuazione della delega fiscale e di conseguenza anche quelli del riordino del gioco: ma occorre fare presto, prima che sia troppo tardi.

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Prendere tempo. E' ciò che sembra riuscire meglio alla Grande Macchina dello Stato italiano, in tutte le sue declinazioni. Includendo tutti gli apparati istituzionali e governativi che ne alimentano, da sempre, il sistema (iper)burocratico. Per questa ragione, com'era preventivato e senza dubbio prevedibile, il governo ha deciso di prendere più tempo anche per l'attuazione della riforma fiscale, la quale come noto porta con sé anche il progetto di riordino del gioco, attraverso la legge delega. Come anticipato nei giorni scorsi, l'ultima riunione del Consiglio dei Ministri ha infatti approvato il disegno di legge che proroga dal 29 agosto 2025 al 31 dicembre 2025 il termine entro cui il Governo può esercitare il potere di delega previsto dalla legge 9 agosto 2023, n. 111, in materia di riforma del sistema fiscale e, di conseguenza, il termine per l’adozione dei decreti correttivi e integrativi al 31 dicembre 2027. 

Ma a prendere tempo è stato anche il Consiglio di Stato, in un altrettanto nota vicenda - all'interno dell'industria del gioco pubblico -, come quella della regolamentazione dei Pvr (Punti vendita ricariche), che proprio come il tema del riordino rappresenta una questione annale per l'intero comparto e per il regolatore, la cui soluzione appare ancora oggi assai difficile da ricercare: nonostante sul punto si sia già espresso il legislatore nazionale e non solo lo stesso regolatore. Ma tant'è: e dopo gli svariati ricorsi provenienti dagli addetti ai lavori e le varie pronunce del Tribunale amministrativo e i successivi ricorsi, i giudizi di Palazzo Spada hanno deciso di rimandare a dicembre la trattazione nel merito: spostando quindi in avanti le lancette fino a fine anno o giù di lì, proprio come accaduto per la delega fiscale e per il riordino. E forse non è neppure un caso, visto che – come ben spiegato dagli stessi giudici valutando le doglianze dei concessionari - “lo strumento deputato alla razionalizzazione territoriale è il riordino delle concessioni, non l’Albo dei Pvr”. Per un meraviglioso cul-de-sac che solo il governo potrà risolvere, ma solo ed esclusivamente, se lo vorrà davvero. Ma questa, forse, è un'altra storia, anche se non del tutto.
E a proposito del tempo che passa e dei numerosi rinvii: a slittare in avanti, anche se in questo caso non era preventivato e neppure voluto, è l'approvazione da parte dell'Autorità garante delle Comunicazioni (Agcom) della nuova versione delle Linee Guida sul divieto di pubblicità dei giochi che il Consiglio avrebbe dovuto approvare lo scorso 8 aprile, salvo poi slittare alla prossima riunione (in programma il 30 dello stesso mese) a causa del protrarsi dei lavori sui punti precedenti all'ordine del giorno. Quindi non una strategia, in questo caso, ma una vera e propria mancanza di tempo che è finita però col far slittare in avanti anche questo aspetto della regolamentazione del comparto, nonostante la volontà e la solerzia con cui l'autorità stessa aveva portato avanti la materia, con l'intento di mettere in chiaro le varie questioni in sospeso in vista dell'avvio delle nuove concessioni di gioco online, in vista del completamento dei lavori della gara previsto per fine maggio. Anche se in questo caso il rinvio non dovrebbe compromettere del tutto i lavori, mantenendo sostanzialmente inalterati i tempi di pubblicazioni del provvedimento. Almeno in teoria.
Sempre che la Macchina burocratica lo consenta. Sì, perché in Italia, purtroppo, bisogna sempre fare i conti con questa grande forza oscura che continua a dominare tutti i processi politici e istituzionali e di conseguenza, ogni possibile cambiamento. Proprio come nel racconto di Edward Morgan Forster, “La macchina si ferma”, in cui esiste una famigerata “macchina” che comanda il mondo, anche se gli abitanti di quello stesso mondo non la metterebbero così. La macchina, in effetti, rende tutto molto comodo e la gente dà per scontate tutte queste comodità: mai si sognerebbe di mettere in discussione qualche aspetto della propria confortevole vita. La vita di quelle persone – nel racconto - è fatta di videochiamate, migliaia di amici con cui conversare, ricerca di non meglio precisate “idee” da condividere, pulsanti da premere per avere soddisfatto qualsiasi desiderio, dal cibo all’intrattenimento a tutto ciò che sta nel mezzo, conferenze su argomenti ormai lontanissimi e ininfluenti sulla vita di ciascuno. La macchina di Foster, di fatto, controlla la vita della gente: è lei che comanda, anche se le persone si illudono di avere il pieno controllo della propria vita perché sono loro a premere i pulsanti. Anestetizzati dal benessere diffuso e dalla necessità e desiderio di vivere in una totale comfort-zone che a quanto pare non intendono rinunciare per nulla al mondo. Ed è qui che diventa difficile distinguere tra la critica letteraria e la descrizione della realtà. Non solo perché il racconto dello scrittore britannico appare quanto meno profetico (nonostante sia stato scritto oltre 110 anni fa), ma anche per via del perpetuarsi delle cattive abitudini che sono diventate lo Status Quo, anche dal punto di vista politico e amministrativo. E pure industriale: visto che la volontà di mantenere immutate le cose, compromettendo il cambiamento, alberga spesso anche all'interno dell'industria, compresa quella del gioco pubblico, dove molti preferirebbero lasciare tutto com'è, nonostante i tanti problemi e storture, piuttosto che rinunciare alla propria comfort zone e mettere a rischio la propria quota o posizione di mercato. Meglio quindi le proroghe, i rinvii o i vari slittamenti, invece di mettersi in discussione o alla prova. Ma se in molti casi si tratta di strategie di posizionamento dettate dalla finanza (come del resto si può immaginare che la proroga delle concessioni vigenti sia stata ed è una specie di opportunità per alcune società, altrimenti condannate all'uscita dal mercato), in altri si tratta di una mera questione di sopravvivenza, visto che il cambiamento proposto rischierebbe di spazzare via dei posti di lavoro e allora, se questo è quello che viene definito “progresso”, tanto meglio rimanere indietro. Ma a furia di fare questo ragionamento, l'Italia è diventata il fanalino di coda in Europa dal punto di vista industriale e in parte anche economico. E il rischio è che ciò possa avvenire anche nel gioco pubblico, dove da autentico avanguardista, il nostro paese passerebbe a ultimo della classe. Cosa, questa, che non possiamo assolutamente permetterci e che nessuno degli addetti ai lavori, in questo caso, vorrebbe veder accadere.

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