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Revisione divieto pubblicità gioco: i tempi sono maturi, la politica un po' meno

10 marzo 2025 - 11:41

In commissione Cultura del Senato arriva il via libera alla revisione del decreto Dignità per dare nuove risorse al calcio: una buona notizia, ma solo a metà.

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La Commissione cultura del Senato ha detto sì: la revisione del decreto Dignità che impone il divieto totale di pubblicità del gioco con vincita in denaro si può fare. Anzi, si deve fare, stando a quanto emerso durante la trattazione del provvedimento di risoluzione promosso da Fratelli d'Italia collegata all'affare assegnato "Prospettive di riforma del calcio italiano". E a pensarlo, a quanto pare, sono diversi membri – anche illustri – della maggioranza di governo. Che si tratta di ministri (come quello dello Sport, Andrea Abodi, che non ne ha mai fatto mistero), o di presidenti di commissione (come il leader di quella bilancio del Senato, Massimo  Garavaglia, oltre a quello della stessa commissione Cultura, il leghista Roberto Marti), o parlamentari vari: come l'esperto Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato. Mentre sul fronte delle opposizioni, il tema grida vendetta, sollevando una levata di scudi generale, sia da parte del leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, il quale si era assunto la paternità del provvedimento di divieto, che da parte del Partito Democratico, il quale si è più volte espresso contro, non soltanto rispetto al tema della pubblicità, quanto piuttosto rispetto alla trattazione della “materia gioco” nel suo complesso.
Ciò che va detto, tuttavia, è che quello che rischia di passare come un “ennesimo favore alle potenti lobby dell'azzardo” - come viene declamato soprattutto in ambiente 5 Stelle – in realtà si configura come un vero e proprio regalo al mondo dello sport: anzi, a dirla tutta, anche molto più circoscritto attorno a quello del calcio. Al punto che lo stesso ministro Abodi, nel sottolineare l'importanza della decisione assunta da governo e parlamento sulla materia, ha spiegato che l'iter per un ritocco del decreto Dignità da parte del Governo avverrà attraverso un nuovo decreto, i cui contenuti verranno valutati dopo una serie di incontri in agenda nei prossimi giorni fra il viceministro dell'Economia e delle finanze, Maurizio Leo, il ministro dello Sport Andrea Abodi e il presidente della Lega di Serie A, Ezio Simonelli. Ufficializzando quindi la partecipazione a tutto tondo del mondo del calcio alla procedura, che comunque era già più che evidente dai ripetuti slanci sul tema mossi dal presidente della Federazione italiana gioco calcio, Gabriele Gravina.
Da notare però che nell’affare, oltre al ripristino (parziale) della pubblicità del gioco, figura anche la destinazione di una quota annuale dei proventi delle scommesse sportive agli organizzatori degli eventi (almeno l’1 percento), per investimenti sugli stadi, vecchi e nuovi,  di un’ulteriore quota al sistema calcistico per il perseguimento dei propri scopi istituzionali e per il finanziamento di specifici progetti sociali e sportivi e di formazione dei giovani all’interno delle società sportive, che di certo non farà felici i bookmaker, e quindi quella presunta “grande lobby” dell'azzardo di cui si continua a parlare, anche di fronte all'evidenza che l'industria che sarebbe rappresentata da questa fortissima lobby continua a prendere schiaffi da tutte le parti, con aumenti ripetuti e sistematici della tassazione, l'ultimo dei quali è stato appena introdotto con la recente manovra di bilancio, che ora verrebbe in parte ulteriormente rincarato da questa iniziativa pro-sport. 
Sta di fatto però che il ritorno della pubblicità indiretta del gioco invece nelle ultime settimane ha ricevuto vari endorsement nella politica: da Paolo Marcheschi di FdI, firmatario della risoluzione, al senatore Andrea Paganella della Lega, passando per il capogruppo di Fratelli d'Italia al Senato, Fausto Orsomarso e per il vice segretario di Azione, Ettore Rosato, oltre a quelli già citati in precedenza. A conferma del fatto che il tema merita davvero una particolare attenzione, oltre all'evidenza di un provvedimento decisamente inadeguato e incoerente rispetto al diritto nazionale e pure europeo, come è emerso peraltro nelle ultime ore. 
Pur non amando replicare slogan politici, spesso preconfezionati e adatti a tutte le occasioni, non si può fare a meno di condividere le parole pronunciate dal senatore Gasparri, quando parla di “iprocrisia” nei confronti del gioco pubblico, evidenziando che “Ci vuole il giusto equilibrio combattendo eccessi e situazioni spiacevoli, ma nello stesso tempo non criminalizzare tutto”.
Anche se, al tempo stesso, sarebbe opportuno far riflettere la politica (tutta) sulla necessità di un approccio globale, complessivo e non solo inclusivo nei confronti di una materia così complessa, articolata e delicata come quella del gioco pubblico: evitando di ripetere e perpetrare i soliti, gravi, errori: a partire da quello di una legiferazione frammentata e disomogenea, che nel tentare di mettere delle toppe sui vari buchi creati in precedenza dallo stesso tipo di approccio, continua a creare nuovi e ulteriori squilibri dentro e fuori al settore.
Abbiamo appreso dal ministro Abodi che dietro al via libera in commissione Cultura del Senato sul tema delle pubblicità c'è stato un lavoro di concertazione (politica) durato oltre un anno. Come è giusto e normale che sia. Mentre non normale continua ad essere il fatto di legiferare sul gioco all'interno di provvedimenti che non riguardano espressamente il gioco stesso: tanto più in questa fase, mentre lo stesso governo è al lavoro su un processo di presunto riordino del gioco fisico, che dovrebbe portare a quella che si potrebbe definire – parafrasando la premier Giorgia Meloni -  “la madre di tutte le riforme” su questa materia specifica, promettendo di razionalizzare il comparto e risolvere tutti i problemi. Se davvero si deve compiere questa riforma generale, intervenendo cioè su tutti i punti e risolvendo tutte le criticità, che senso ha legiferare su pubblicità, tassazione e così via proprio in questo momento? A meno che a vederla più lunga di tutti non sia lo stesso deputato di Azione Rosato, quando dice, con la solita schiettezza che lo contraddistingue, che non crede che il governo riuscirà a portare a termine il lavoro promesso sul gioco attraverso la riforma fiscale, a causa delle troppe divisioni e dell'impossibilità di trovare una quadra con le opposizioni. Ma non per argomenti, quanto piuttosto per una mancanza di coraggio e di vera volontà. 
 

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