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Rompere il pregiudizio e guardare alla competitività

31 ottobre 2022 - 10:49

L'Italia ha in mano una grande opportunità di rilancio attraverso una corretta gestione del mondo del gaming, in generale: ma deve saperla sfruttare, superando gli ostacoli (mentali) che ne condizionano gli sviluppi

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C’è solo una cosa peggiore di un pregiudizio: prendere decisioni basandosi unicamente su di esso. Specialmente se, a farlo, è chi detiene un potere o una posizione di privilegio, in grado di influenzare la vita degli altri. Il peggio del peggio, dunque, è quando a coltivare pregiudizi sono proprio i decisori: politici, parlamentari, ministri o soggetti istituzionali. Proprio come avviene – purtroppo - nel nostro paese, praticamente da sempre. Soprattutto rispetto ad alcuni settori “particolari”, come quello del gioco pubblico. Un settore difficile, per carità, tenendo conto delle varie implicazioni che esso comporta e dei diversi profili di delicatezza che da sempre lo distinguono da tanti altri segmenti dell’economia. Ma la complessità, a maggior ragione, richiede approfondimenti e mai scorciatoie o soluzioni (presunte) preconfenzionate, destinate in genere a rivelarsi sterili se non addirittura dannose, per tutti. Certo, la strada dell’approfondimento richiede studio, preparazione e dedizione, come difficilmente sono soliti fare i nostri rappresentanti politici: ma come diceva J. Richardson “La strada raggiunge ogni luogo, la scorciatoia uno solo”. Per evidenziare proprio come l’essere umano, quando si confronta con una realtà complessa, multiforme, e in continua evoluzione, deve ricorre ad alcuni strumenti psicologici o espedienti per semplificarla e “addomesticarla”: schemi mentali, pregiudizi e stereotipi fanno parte di questi strumenti. Del resto, noi non conosciamo la realtà direttamente, ma in maniera mediata dalle rappresentazioni che ci formiamo su di essa. Le rappresentazioni mentali si costruiscono a partire dalla realtà ma non coincidono con quella stessa realtà: sono il risultato di come la nostra mente filtra i dati dell’esperienza, a seconda del contesto da cui li estrapola, del loro valore affettivo, delle associazioni con altre informazioni già in proprio possesso. Questa opera di filtro è influenzata da moltissimi fattori: caratteristiche psicologiche, schemi cognitivi, processi emotivi, meccanismi inconsci, appartenenza culturale e sociale, e così via. Ma un pregiudizio è un qualcosa di peggio in quanto, nel suo senso più ampio, rappresenta un giudizio su fatti o persone precedente all’esperienza o dato in assenza di dati sufficienti. Mentre il pregiudizio in senso più specifico, e più problematico, è la tendenza a considerare in un modo limitato o sfavorevole alcune situazioni, a causa della loro appartenenza ad un gruppo diverso dal nostro. La semplificazione della realtà, spiegano gli psicologi, ha un valore adattivo, che consente di agire nel mondo in modo rapido ed efficace: senza preconcetti e abitudini non saremmo in grado nemmeno di attraversare la strada. Ma ha anche un valore difensivo: esistono forti pressione inconsce che spingono a mettere fuori da sé tutto ciò che è negativo, inaccettabile, attribuendolo agli altri, ai “diversi”.

Nella politica, poi, tutto questo trova anche altre declinazioni, se possibili peggiori, visto che spesso i pregiudizi vengono cavalcati nel tentativo di creare nuovi “nemici pubblici” e distogliere l'attenzione da altre problematiche, proponendosi come difendosi del benessere pubblico promettendo di risolvere quel problema, anche se poi non esiste davvero, oppure non è così accentuato come lo si descrive. Proprio come è accaduto, negli anni, nei confronti del gioco pubblico e della dipendenza da gioco: che esiste, e guai a non rilevarla, ma certo non ai livelli con cui è stata sbandierata in questi anni, portando a decisioni piuttosto estreme il mondo della politica e non solo. Ma il danno, non è soltanto nel breve termine o nell'immediato. Anzi. Ne abbiamo avuto un'ulteriore prova nei giorni scorsi, in occasione del Digital Innovation Days di Milano, all'interno del quale si è svolto un dibattito dedicato al mondo del gaming, in senso più ampio e generale, in cui si affrontavano tematiche di business, marketing, aspetti sociali ed educativi: ma senza affrontare il tema del gioco d'azzardo, che risulta una categoria “a parte”. Ebbene, anche in questo caso, nonostante l'industria videoludica, cioè quella del videogame più in generale, non goda di una cattiva immagine come quella dell'azzardo, ricoprendo – anzi – un ruolo di tutto rispetto sia nell'economia nazionale che nel “life style” più in generale, anche in questo caso, il pregiudizio di base che accompagna la valutazione di questo mondo, ritenuto troppo spesso “roba da nerd” o forse meno seria rispetto ad altre professioni, ha fatto sì che ad oggi il nostro paese si trova molto più indietro rispetto ad altri nella creazione di professionalità specializzate e nella coltivazione di nuovi talenti. Come hanno spiegato i vari relatori che sono intervenuti, a vario titolo, nel dibattito, sia che si tratti di gamification che di sviluppo di videogame o di esports, oggi è difficile trovare competenze o professionalità strutturare e preparate ad affrontare la forte competizioni sul mercato in Italia. E le aziende devono ricercare talenti all'estero. Nonostante nel nostro paese ci sia una forte crescita di aziende e startup in questo settore, anche con diversi casi di eccellenza. Anche in questo caso, dunque, siamo di fronte a un pregiudizio che condiziona le sorti di un mercato e, di conseguenza, di un paese. Anche quando non si ha a che fare con situazioni delicate come quelle leate al gioco d'azzardo. Rendendo ancora più evidente che in Italia serve soprattutto un cambio di mentalità che porti a un nuovo approccio, soprattutto nella politica. Anche se non sarà facile. Tutt'altro. Visto che, come diceva bene Albert Einstein, è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. Poiché pregiudizi e stereotipi orientano il modo di leggere il mondo, possono distorcere la nostra visione della realtà, portando alla mancata percezione delle informazioni che farebbero saltare la chiave di lettura prestabilita. Quando i dati dell’esperienza non sono in linea con le nostre convinzioni, proviamo uno stato di disagio interiore, denominato dissonanza cognitiva, che ci porta o a distorcere i dati per non mettere in crisi le nostre idee, o a elaborare una nuova lettura che integri le nuove informazioni. Ma è chiaro che il primo processo è più semplice e a basso costo del secondo, che comporta impegno e fatica, anche se ci garantisce una lettura più accurata e valida delle cose. E' quindi evidente che risulta più che naturale, per l'uomo, sviluppare pregiudizi, ma è anche necessario elevarsi al di sopra di essi. Soprattutto se si svuole e si deve governare un paese o amministrare una comunità. E l'auspicio di questo momento è che il nuovo governo e il nuovo parlamento possano segnare una discontinuità rispetto al passato, nell'approccio al gioco pubblico, provando a superare il pregiudizio storico (o “pregiudizio di Stato”, come lo abbiamo sentito definire di recente, proprio da rappresentanti della politica), da sempre riservato a questo comparto. Attraverso un cambiamento serio e concreto nella gestione del gioco nel senso più ampio del termine, orientato il più possibile alla concretezza e alla sostenibilità, senza trascurare quindi nessun aspetto, né social né sanitario, l'Italia potrebbe sfruttare le grandi opportunità che si potrebbero spalancare di fronte nel prossimo e immediato futuro: pensando soprattutto al Pnrr e al piano di sviluppo dedicato prevalentemente al Meridione (ma non solo) e orientato al digitale, che rappresenta un terreno fertile per l'industria del gioco, a tutti i livelli. Alcune grandi aziende del settore ci stanno provando. Anche se più timidamente rispetto a quelle di altri comparti, com'è comprensibile ed evidente. Eppure, se anche l'industria del gioco volgarmente definito “di azzardo” venisse considerata alla pari delle altre, si potrebbero generare nuove realtà imprenditoriali e nuovi posti di lavoro, anche dalla nascita di nuove aziende, startup o servizi dedicati a questo settore, mentre oggi aprire una nuova azienda in questo ramo appare quasi un tabù, oltre a rappresentare un vero e proprio percorso a ostacoli per l'eventuale imprenditori di turno. Non è più tempo di chiudere gli occhi e, anzi, ora più che mai è necessario spalancare lo sguardo verso i nuovi orizzonti e le nuove sfide della complessità. Tornando a guardare al futuro con entusiasmo e con positività, come non è mai stato consentito agli addetti ai lavori del gioco pubblico, da sempre vittime di quel pregiudizio, che è il momento di accantonare. Una volta per tutte.

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