L'Italia torna a crescere e può ancora fare scuola nel gioco
L'Italian briefing andato in scena all'Ice di Londra propone l'Italia come punto di riferimento in Europa e non solo.
Londra - L'Italia può ancora fare scuola nel mondo del gaming. E il 'nostro' modello di regolamentazione è da ritenere ancora oggi un riferimento per gli altri paesi. Anzi. Soprattutto oggi. Sì, perchè i più recenti sviluppi in termini di emersione (da ricordare come nel 2015 il fatturato del gioco online italiano sia crescito del 10 percento grazie allo spostamento di giocatori dalle punto come al circuito lecito) rappresentano proprio il risultato di un approccio che si è rivelato valido e vincente. Sono queste le conclusioni a cui si è giunti ieri in occasione del seminario 'The Italian Briefing' andato in
scena all'Ice di Londra e promosso da GiocoNews.it, con la partecipazione dei Monopoli di Stato e del dirigente del gioco online, Francesco Rodano.
Tanti i punti affrontati e approfonditi nel seminario, che ha riscosso grande successo di pubblico riunendo molti operatori interessati al nostro mercato oltre ai rappresentanti di altri regolatori internazionali. Illustrando il caso italiano diventa inevitabile il riferimento alle situazioni più interne e di estrema attualità, come il giro di vite del governo sulla pubblicità dei giochi. Rodano sostiene che si tratta di “una questione delicata perché l’unica arma in più che hanno gli operatori legali rispetto agli illegali è la possibilità di pubblicizzare i propri prodotti. La pubblicità non dovrebbe però essere aggressiva e in questo senso una regolamentazione è senza dubbio positiva. La pubblicità può essere pericolosa e per questo si è lavorato a livello europeo, tanto che la Commissione è arrivata a fornire una raccomandazione. Una sorta di condotta consigliata per gli operatori. In Italia la politica e l’opinione pubblica avrebbero voluto il divieto totale della pubblicità, ma seguendo la raccomandazione Ue, si è capito che è meglio regolamentare responsabilmente. Solo così, secondo me, si può distinguere il legale dall’illegale”.