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Baretta (Comune Napoli): ‘Pericoloso concentrare il mercato del gioco e trattarlo separatamente’

01 dicembre 2023 - 12:46

Per l'ex sottosegretario al Mef Pier Paolo Baretta sarebbe un errore un riordino a due fasi per il gioco e concentrare il mercato nelle mani di pochi operatori, con gravi danni per le piccole e medie imprese.

Scritto da Ac
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Napoli - “Sugli attuali lavori in corso da parte del Governo per la regolamentazione del gioco credo opportuno sottolineare i rischi che possono derivare da un approccio frammentario come quello che si sta delineando oggi, occupandosi unicamente del gioco online e rimandando il resto in seguito. Pur comprendendo - come è evidente - quanto sia sempre più rilevante il ruolo dell’online, rendendo quindi inevitabile il fatto di dedicargli attenzione e un focus specifico, è altrettanto evidente quale sia ancora oggi il ruolo del gioco terrestre nella visione e gestione complessiva del comparto e dell’offerta di gioco. Sarebbe quindi un errore grave e un problema trattare in maniera separata i due segmenti e il Governo credo non debba e non possa commettere questo errore”.


Così l’assessore al Bilancio del Comune di Napoli, Pier Paolo Baretta, già sottosegretario all’Economia con delega ai giochi, interviene sul tema del riordino del gioco e sulla gara per l’online nel dibattito promosso dall’associazione Agsi “Gioco legale: rispetto delle regole, legge regionale Campania, legislazione nazionale e rapporto con le banche”, in programma oggi, venerdì 1° dicembre, al Palazzo delle Arti di Napoli.

“Altro tema di grande attenzione e di rischio - aggiunge Baretta - è la concentrazione del settore, di cui sentiamo parlare in questi giorni. E qui credo che se il Governo ha in mente ed è convinto che sia corretto e opportuno concentrare l’intero mercato attorno a quattro grandi operatori lo dica chiaramente e se ne assuma la responsabilità, ma deve essere pronto a gestirne anche le conseguenze perché questo assetto cambierebbe completamente lo scenario attuale e si tradurrebbe nella scomparsa di tutte quelle piccole e medie imprese italiana che operano da tempo sul territorio. Senza contare il fatto che si aprirebbe la porta unicamente alle aziende estere. Non che abbia nulla in contrario sul fatto di attirare i capitali esteri, ma non possiamo pregiudicare l’attività delle imprese italiane perché la combinazione degli importi minimi previsti per la gara e i canoni di concessione determinano una evidente e conseguente concentrazione del mercato”.

"Bisogna partire da un punto di partenza divisivo, sul piano politico, contro il quale mi sono battuto personalmente per evitare gli eccessi: da una parte l'eccesso di proibizionismo e, dall’altra, l'eccesso di liberismo", continua Pier Paolo Baretta. E spiega di aver "sempre usato, nella mia esperienza di governo”, ricorda Baretta, “il termine ‘normale’. La normalità è il nostro l'obiettivo, ossia quello di ricondurre dentro questo dibattito complesso la percezione del gioco come una delle condizioni normali della vita delle persone. La normalità è l'equilibrio della propria vita tra varie attività senza che esse diventino  impossibili, o proibite, o totalizzanti”. 

“In questo difficilissimo equilibrio”, continua, “si inserisce anche tutta la discussione sulla reputazione del settore, che è un tema molto importante da affrontare in maniera esplicita. Qui io penso che uno dei limiti che ci sono stati, sia anche un limite nel settore, cioè l’aver accettato un terreno di dibattito che basato su un equivoco: la compulsività, la ludopatia, sono la causa o sono l'effetto? È evidente che se è l'effetto di devianze, di altre patologie, è a queste che bisogna prestare attenzione, evitando che il gioco le peggiori. Per questo ci vogliono regole, ci vogliono limitazioni, ci vuole il contatto con la Sanità e con gli operatori sanitari. Se invece prevalesse la tesi che il gioco è la causa, allora siamo di fronte a una situazione irrisolvibile: perché è chiaro che l’unica soluzione sarebbe il proibizionismo. Se giocare è causa di devianza, allora bisogna chiudere il gioco. Nella storia, tutti gli Stati hanno cominciato prima proibendo e poi mettendo tasse. Ciò vale per il fumo, vale per altre cose e quindi vale anche per il gioco". In tal modo, secondo Baretta, "lo Stato tende a fare cassa, ma lo fa legittimando il settore", risolvendo di fatto l'equivoco di cui sopra.

“Ora è chiaro che questo punto è importantissimo perché chi ha in mente una visione del gioco come condizione ‘normale’ della vita”, spiega Baretta, “ha bisogno che il settore sia vigile e partecipe della costruzione di questa normalità. Ovviamente io dico questo perché sto parlando col settore del gioco, se parlassi con un esponente del mondo della Chiesa farei lo stesso discorso, ma a rovescio. Perché io penso che questo sia il lavoro che dobbiamo fare”.

“In questo senso si inserisce il secondo aspetto, che è quello del rapporto tra legalità e illegalità. Chiaro che è incomprensibile”, aggiunge l’ex sottosegretario all’Economia, “che ci siano atteggiamenti a priori di ostilità dagli istituti bancari, per la semplice ragione che il bancario dovrebbe attenersi alla discrimine tra legalità e illegalità. Ciò che è legale fa parte della condizione anche di legittimo finanziamento bancario. Perché alla fine è l'equilibrio dato dal legislatore quello che deve consigliare ispirare e regolare anche l'attività degli operatori economici”.

“Questo questo blocco di questioni è un terreno non completamente risolto, per questo dovete e dobbiamo continuare a lavorarci. e ed è questo è importante perché questo è stato fatto riferimento ringrazio del delle parole a un momento particolare quel momento particolare quello della della conferenza stato regioni a cui io mi sono dedicato anche con qualche forzatura, era un momento di tensioni politiche altissime su questo un quadro politico che si era evoluto aveva portato, all'interno della stessa maggioranza di governo di cui io facevo parte, tensioni totalmente contrapposte. Forse ricorderete la faticosissima norma sulla pubblicità che è stata una delle norme approvate, sulla quale ci siamo trovati di fronte a gestire delle contraddizioni, che partivano però da questa impostazione. Il dibattito politico è anche sociale. Pur nei limiti quell’accordo Stato-regioni ha stoppato una deriva, purtroppo però poi ci siamo fermati lì”.

“Credo che ci possano essere delle articolazioni territoriali”, continua l’attuale assessore del comune di Napoli, “ma devono essere all'interno di un quadro di omogeneità generale che stanno non solo in termini politici, etici e culturali, ma anche in termini di concorrenza e competizione. Se, come è avvenuto in Regione Piemonte, il 90 percento del territorio diventa proibitivo, giocando sull'equilibrio tra distanze e orari, ponendo ulteriori limiti anche a livello comunale inevitabilmente si va a stimolare il comune a fianco o a far peggio o a approfittarne per aprire il gioco. A quel punto si va a creare un disequilibrio e, in qualche modo, anche una turbativa di mercato. Una soluzione poteva essere il mettere il gioco fuori dai centri storici. Ma così facendo, poi il rischio era quello di creare dei quartiere a luci rosse del gioco. Allora sì divento produttore di devianza, perché a quel punto il luogo del gioco rischia di essere anche un attrattore di altre situazioni complesse”. 

“Abbiamo dunque un insieme di problematiche molto serie, molto rilevanti”, chiosa Baretta, “che hanno bisogno di un equilibrio complessivo, di una omogeneità, e in questo senso devo riconoscere che si è fatto un notevole passo in avanti con la legge della Regione Campania, che forse ha avuto il vantaggio di essere arrivata un po' per ultima. Se quindi oggi bisogna chiedere al governo di riprendere in mano l’accordo Stato-regioni del 2017 per andare oltre, non c’è bisogno di ricominciare da zero”.

 

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