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Ippodromo Padova, giurista Malaguti: 'Unica destinazione quella ippica'

01 aprile 2022 - 10:03

Il giurista Alessandro Malaguti evidenzia che l'ippodromo di Padova, all'asta il 1° aprile, può essere destinato solo all'ippica, allontanando le ipotesi di possibili speculazioni immobiliari.

Scritto da Redazione
Ippodromo Padova, giurista Malaguti: 'Unica destinazione quella ippica'

Che fine farà l'ippodromo di Padova?

La domanda è lecita, in attesa di conoscere gli esiti della nuova asta in calendario per oggi 1° aprile, dopo quelle andate deserte, una volta all'anno, fra il 2019 e il 2021.

Il prezzo base è di 3.560.000 euro con offerta minima di 2.670.000, a fronte dei 6.700.000 iniziali.
Il lotto in vendita è pari a 141.993 metri quadri di superficie, di cui 129.541 scoperti e 12.397 coperti, tra cui le tribune, le scuderie, il fienile e tutti gli altri corpi edilizi.

L'impianto è in cerca di un nuovo proprietario  ormai da oltre tre anni, dopo l'ordinanza del tribunale della città veneta sul complesso appartenente alla Fondazione Breda, da anni in amministrazione controllata e messa in liquidazione dalla Regione Veneto a gennaio 2018.

 

Da più parti si è espresso il timore che l'ippodromo potrebbe essere stravolto e divenire oggetto delle mire di immobiliaristi che lo comprerebbero per motivi che nulla hanno a che vedere con le corse di ippica.
Tale scenario sembrerebbe scongiurato, in quanto che l’area su cui sorge il complesso, secondo quanto recita lo statuto della Fondazione a cui fa, non può essere destinata ad altro uso differente.
 
A fare il punto sulla vicenda è il giurista Alessandro Malaguti.
"La Fondazione Vincenzo Stefano Breda, che prende nome dal suo fondatore, per l'appunto V.S. Breda, è una Ipab – istituto pubblico di assistenza e beneficenza, e  Il riordino del sistema di tali Istituzioni è disciplinato dal Dlgs. 4 maggio 2001, n.207, emanato a seguito della delega di cui all’articolo 10 della Legge 8  novembre 2000, n.328.
Il Dlgs. n.207/2001 ha disposto che le Ipab 'evolvessero' in associazioni o fondazioni di diritto privato, disciplinate dalle disposizioni del Codice civile, oppure, in alternativa, in Aziende pubbliche di servizi alla persona.
Il decreto legislativo in parola ha poi lasciato ampia libertà alle Regioni affinché definissero gli aspetti giuridici, organizzativi e gestionali ritenuti maggiormente aderenti alle diverse realtà territoriali, tra cui rientrano anche le disposizioni in ordine alle modifiche statutarie e all’estinzione del patrimonio delle Ipab.
Anche in seguito al Dlgs. n. 207/2001 le Ipab sono state considerate Enti pubblici non territoriali, in quanto rappresentano una sorta di 'articolazione' delle autonomie locali (cfr. Corte Cost. sent. numero 161/2012)
Ora, in forza del combinato disposto dell’articolo 828 comma 2° e 830 c.c.,  ai beni degli enti pubblici non territoriali destinati a un pubblico servizio si applica la disposizione secondo la quale i beni che fanno parte del patrimonio indisponibile dell’ente non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano.
In merito all’art. 8 comma 8 della legge Regione Veneto 23.11.2012 n. 43 sancisce (per quanto di rilievo) che: A ) Sono beni del patrimonio indisponibile delle Ipab tutti i beni mobili ed immobili destinati allo svolgimento delle attività statuarie,  purché l’utilizzo del singolo immobile riguardi la maggior parte dello stabile; B) Tali beni non possono essere sottratti alla loro destinazione se non attraverso la dismissione del patrimonio indisponibile, a seguito di sostituzione con altro bene idoneo al perseguimento delle medesime finalità”.
 
Il giurista sottolinea che “prendendo le mosse dalle pagine 5 e successive del testamento del senatore Breda del 1902, questi conferiva tutti i propri beni all’Ente morale di successiva istituzione 'affinché sia in perpetuo provveduto ai seguenti aggravi': [omissis] 4.  'che si facciano nell’ippodromo le corse al trotto (…)'.
Coerentemente con le ultime volontà del senatore, il capo IV, art. 19 dello statuto del 1966, sancisce essere onere della Fondazione mantenere secondo le disposizioni testamentarie e dello Statuto l’allevamento del cavallo trottatore e l’Ippodromo per le corse di trotto nei limiti della convenienza, tenuto conto dei capitali immobilizzati e delle mutate esigenze dei tempi, senza creare passività a carico delle finalità istituzionali, potendo in tali casi essere dato in gestione a terzi competenti.
Sulla stessa linea si pone lo statuto del 2000, laddove all’articolo 5 indica tra gli scopi dell’Ente quello della tutela delle forme storicamente congrue ed adeguate delle attività connesse con il cavallo;  all’articolo 8 stabilisce che la Fondazione garantisce lo svolgimento dell’attività ippica presso l’ippodromo, l’allevamento del cavallo trottatore e le altre attività nel settore ippico, potendo anche dare in gestione attività a terzi per mutate esigenze dei tempi e caratteristiche economiche delle attività.
Da ciò si ricava che: la natura di bene indisponibile dell’ippodromo non ne impedisce la vendita a terzi anche privati, purché sia mantenuta la destinazione di impianto ippico; per mutarne la destinazione, è necessario che l’Ente sostituisca quel bene con altro bene idoneo al proseguimento delle medesime finalità; in assenza di altri e differenti dati collidenti con quanto sopra premesso, risulta inesatta e non suffragata da alcuna norma di legge l’affermazione secondo cui dopo 101 anni dal testamento del senatore Breda sarebbe decaduto il vincolo urbanistico che prevede la destinazione ad area sportiva di tutto  il complesso ippico, come riportato dall’articolo di un quotidiano locale il 23 marzo 2022; in forza della normativa legislativa e statutaria sopra richiamate, è ad oggi impossibile che l’area su cui sorge il complesso dell’Ippodromo possa essere destinata ad altro uso differente da quello risultante dallo statuto della Fondazione”.
 
Ora non resta che aspettare gli esiti dell'asta.
 

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