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Ippodromo Palermo, Tar: 'Gestione condizionata da criminalità'

24 settembre 2019 - 10:16

Con una sentenza, il Tar Sicilia conferma la validità dell'interdittiva antimafia emessa a carico del gestore dell'ippodromo di Palermo per infiltrazioni criminali nelle scommesse.

Scritto da Fm

Una nuova puntata si aggiunge alla vicenda dell'ippodromo "La Favorita" di Palermo, chiuso ormai da due anni.

Dopo la mancanza di partecipanti al bando di gestione pubblicato in estate dal Comune di Palermo (che ne sta elaborando un altro, di prossima pubblicazione) arriva una sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, che conferma il provvedimento antimafia interdittivo emesso dalla Prefettura per infilitrazioni della criminalità nelle scommesse propedeutico alla decadenza della concessione e dei finanziamenti disposta dal ministero delle Politiche per il gestore Ires, con conseguente annullamento dell'attività di corse e revoca della licenza di Pubblica sicurezza per tenere pubbliche manifestazioni ippiche e per la raccolta delle scommesse sulle stesse.

 

 

Secondo il Collegio infatti l'interdettiva antimafia risulta supportata da una serie di elementi.
Come sottolineato dalla difesa erariale - si legge nella sentenza del Tar - gli accertamenti compiuti hanno messo in evidenza che è stata ricostruita "l'infiltrazione del mandamento mafioso di -OMISSIS- sull'ippodromo" e che il Gip ha messo in risalto che all'interno della struttura veniva esercitato "un controllo diffuso della famiglia mafiosa di -OMISSIS- – -OMISSIS-sulle attività gestionali, economiche ed organizzative della struttura, sulle scuderie, sottoposte al giogo estorsivo, sulle corse sistematicamente truccate e sulle relative scommesse, che consentivano all'organizzazione mafiosa di reperire ingente liquidità economica".
 
 
I giudici inoltre ricordano che "con provvedimenti dell’amministrazione competente, erano state sospese alcune gare ippiche per la sussistenza tentativi di alterazione del relativo risultato; la sussistenza quindi di un risalente interesse speculativo illecito di 'Cosa nostra' sull'ippodromo, come confermato dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia tra cui, più recentemente, il pregiudicato per mafia -OMISSIS-, già capo della famiglia -OMISSIS- per volere di -OMISSIS-, coniuge di -OMISSIS-, esponente di spicco dei corleonesi e condannato all'ergastolo, e successivamente altri, tra cui -OMISSIS-, destinatario di misura di prevenzione personale di Pubblica sicurezza e patrimoniale per mafia, che ricevevano mensilmente dalle attività svolgentesi all'interno dello stesso ippodromo somme di danaro per la cassa delle famiglie malavitose; la possibilità di accesso alla struttura, per incontri e riunioni con fantini e altre persone a vario titolo legate all'ippodromo, di soggetti organici o collegati a cosa nostra; l’accertamento che il figlio di un dipendente, gravato da gravi pregiudizi penali, sia stato per lungo tempo collocato, sia pure attraverso una società di portierato, a detto servizio e l’assenza di alcuna forma di partecipazione collaborativa della società -OMISSIS- con le forze di polizia, stante l’assenza di alcuna denuncia di fatti di reato da parte del rappresentante legale di -OMISSIS- (o della incorporata -OMISSIS-.); la concessione dell’uso delle strutture, con particolare riferimento all’attiguo ristorante-OMISSIS- a soggetti controindicati, privi di qualsiasi autorizzazione di legge, e senza alcun avallo o consenso da parte dell’Amministrazione comunale (come invece imposto dalla convenzione): segnatamente il provvedimento evidenzia l’illegittima gestione del ristorante da parte di -OMISSIS- -OMISSIS-, quest’ultimo condannato per mafia e soggetto ritenuto organico alla famiglia mafiosa di -OMISSIS- - -OMISSIS-, nonché destinatario della misura di misura di prevenzione patrimoniale per analoga attività di ristorazione (denominata -OMISSIS-) oggetto di sequestro (del 27/01/16) ai sensi della normativa antimafia".
 
 
Diversamente da quanto prospettato da parte ricorrente, conclude la sentenza, "detti elementi, valutati in modo unitario e non atomistico, acquistano specifica valenza nella loro commistione gli uni con gli altri, e definiscono in modo plausibile e non arbitrario un quadro attendibile, secondo la logica del 'più probabile che non', sulla sussistenza di un pericolo di condizionamento dell’impresa rispetto alla criminalità organizzata".
 

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