As.Tro a comuni piemontesi: 'Su distanze no onere a punti vendita'
As.Tro scrive a 20 Comuni del Piemonte per contestare le loro interpretazioni sulla legge regionale.
Rivarolo Canavese, Grugliasco, Gattico, Veruno, San Raffaele Cimena, Castellamonte, Candelo, Buttigliera d’Asti, Vercelli, La Loggia, San Mauro Torinese, Cassano Spinola, Arona, Gattinara, Ivrea, Agliè, Venaria Reale, Almese, Pinerolo, San Germano Vercellese. Sono le 20 municipalità raggiunte dalla replica dell'associazione As.tro, in cui si contesta l’operato amministrativo dei Comuni che usano Google Map per misurare le distanze, ovvero pongono a carico dei punti vendita l’onere di mappare il territorio.
"Non corrisponde a nessuna verità giuridica asseverata l’assunto in virtù del quale l’onere della individuazione dei luoghi sensibili ubicati nel territorio comunale incomba sui punti vendita". Losottolinea il presidente dell'associazione Massimiliano Pucci.
"Posto che l’installazione degli apparecchi da gioco lecito all’interno di bar e tabacchi è avvenuta a seguito dell’autorizzazione del Suap (Scia), al medesimo incombe, pertanto, l’obbligo del 'contrarius actus', visto che la legge regionale non dispone la decadenza delle autorizzazioni comunali rilasciate. In via alternativa a detto percorso si prefigura l’obbligo di una specifica comunicazione all’esercente circa l’esito di un’istruttoria amministrativa formale - verificabile - estraibile in copia (ed eventualmente anche impugnabile al Tar in ricorrenza dei presupposti), materializzante l’individuazione dei luoghi sensibili e la misurazione dei percorsi pedonali interdetti, da cui far discendere la contrazione del diritto soggettivo del commerciante. Comprenderete, infatti, che l’esistenza di una evidenza pubblica circa l’ubicazione dei luoghi sensibili e la esatta individuazione dei sovrapposti tratti pedonali interdetti risulta indispensabile anche per individuare l’eventuale area di trasloco dell’attività economica, nonchè per analizzare la percentuale espulsiva che la legge regionale determina (con apparenti finalità di regolamentazione che però potrebbero rivelarsi di fatto abolizioniste e quindi suscettibili di specifica censura in contesti giurisdizionali).