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As.Tro: 'Mezzo mondo utilizza la tassa di scopo, perché no in Italia?'

11 febbraio 2016 - 17:36

La tassa di scopo non viene presa in considerazione per risolvere i problemi tra gioco pubblico ed enti locali, la posizione di As.tro.

Scritto da Gt

“Il segretario dell’Italia dei Valori, Ignazio Messina, ha manifestato il suo dissenso nei confronti dell’idea di devolvere i tutti proventi erariali del gioco lecito a scopi determinati e resi evidenti ai cittadini per la loro 'utilità sociale e universale' (patrimonio artistico, ambiente, servizi sociali). La contrarietà nascerebbe da una ravvisata contraddizione: come non avrebbe senso devolvere i proventi del tabacco alla cura di chi si ammala con le sigarette, così non avrebbe senso devolvere i proventi del gioco lecito a finalità buone cause.

Chi cagiona il problema non può pretendere di finanziarne la soluzione, pare essere la logica, forse valida dal punto di vista emotivo, ma assiomatica per ciò che riguarda il merito della tesi. La risposta spontanea all’assioma sarebbe infatti e perché no?". E’ l’associazione As.Tro a riaprire i discorsi sulla tassa di scopo, l’unica soluzione in grado forse di risolvere i conflitti tra gioco pubblico ed enti locali che però nessuno sembra prendere in considerazione. 
E continuano da As.Tro: “Anche se si prende atto che, per il politico in questione, il gioco legale è 'il male assoluto', il principio secondo la quale il male va solo estirpato (perché da esso nessun bene può scaturire) si scontra con la realtà europea: Spagna, Inghilterra, Finlandia, e in parte anche Germania ritengono il gioco legale (anche tramite apparecchi analoghi ai nostri) come una opportunità di finanziamento per progetti mirati al servizio della collettività che le normali tasse rischierebbero di trascurare. Una posizione laica (apparentemente) si sovrappone alla tesi etico-religioso, creando la evidente contraddizione (questa si insanabile) consistente in una convergenza tra percorsi di pensiero formalmente destinati a camminare in parallelo. Se a ciò si aggiunge il dato non irrilevante secondo il quale l’altra metà di Europa (Russia, Ungheria, Polonia, Grecia, e in parte Austria) che aveva optato per la scelta “abolizionista” (o per meglio dire “segregazionista, ovvero slot solo nei casinò), hanno dovuto fare marcia – indietro e prendere atto degli effetti prodotti dalle rispettive politiche: incremento esponenziale del gioco illegale e della forza delle organizzazioni criminali dedite a tale business, incremento esponenziale dei danni socio-sanitari derivanti dal Gap, evidentemente creati dalla forzata consegna delle cittadinanze desiderose di gioco in mano alla criminalità (notoriamente priva di regole sul gioco responsabile).
Alla luce di queste due oggettive realtà alternative, l’Italia, e per essa i rispettivi politici investiti di rappresentanza popolare nelle varie assemblee, dove si colloca? “Dalla parte dell’Europa che dal gioco legale riesce a trarre benefici per tutti, oppure dalla parte di quell’Europa ha collocato (per poi pentirsene) il gioco legale nell’alveo del moralmente inaccettabile? - proseguono - la storia degli ultimi 18 mesi, durante la quale c.a. 90 comuni italiani (tra cui molti capoluogo di provincia) hanno deciso di permettere l’accensione delle slot (legali e controllate) per sole 8-10 ore al massimo, ci consegna uno Stato decisamente schierato sulla seconda fascia”.
As.tro schematizza così la situazione del gioco in Italia: le ore di gioco lecito permesse dai Comuni calano sempre di più. I locali con installate slot lecite calano sempre di più. L’espansione dei congegni illegali è fuori controllo. La diffusione dell’emergenza sanitaria relativamente al Gap è rappresentata in termini di costante aumento, anche laddove, oramai, per inserire una moneta in una slot legale accesa occorrerebbe prendersi un giorno di ferie.
“Peccato: uno Stato che dal suo patrimonio artistico-architettonico e ambientale potrebbe generare occupazione e reddito per un milione e mezzo di persone, se solo potesse essere finanziato dal gioco legale (generando un’autentica inversione di tendenza al Pil) dovrà rinunciare al suo potenziale benessere. Ciò che si digerisce molto meno è la asserita giustificazione a tutto ciò: serve per proteggere le persone. Chissà se i 12 milioni di disoccupati italiani si sentono “più protetti” dalle slot legali che si spengono (accanto a quelle scollegate che si immediatamente si accendono), piuttosto che da una busta paga decorosa proveniente da un impiego nato per tutelare e ottimizzare le bellezze del Paese”, concludono. 

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