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Cancellazione dal Ries, Tar Lazio: 'No risarcimenti, danni non provati'

26 settembre 2022 - 15:57

Il Tar Lazio boccia la richiesta di risarcimento danni avanzata da una società nei confronti dell'Agenzia dogane e monopoli contro la cancellazione dal Ries, anche dopo il suo annullamento.

Scritto da Fm
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“Per quanto l’illegittimità di tale atto possa dirsi confermata dal provvedimento di autoannullamento assunto già nel 2014, ciò non basta (diversamente da quanto vorrebbe la ricorrente) a sostenere la pretesa risarcitoria azionata, non sussistendo, nel caso di specie, gli elementi costitutivi della supposta responsabilità aquiliana”.

 

Lo scrivono i giudici del Tar Lazio nella sentenza con cui respingono la  la domanda di condanna al risarcimento dei danni  avanzata da una società contro la cancellazione dall'elenco Ries disposta dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, “sul presupposto, in tesi erroneo, che fossero venuti meno in capo alla società i requisiti previsti per detta iscrizione, addebitandole l’attività di raccolta scommesse esercitata da altra impresa distinta e separata, operante in un’area attigua ai locali occupati dalla stessa ma non comunicanti e con ingressi e numeri civici separati”.

 

“È stato, infatti, condivisibilmente affermato in tema di responsabilità della pubblica amministrazione, come l’ingiustizia del danno di cui all’articolo 2043 del codice civile non possa considerarsi esistente in re ipsa, quale conseguenza della sola illegittimità dell’esercizio (o del mancato esercizio) della funzione amministrativa, dovendo in realtà il Giudice accertare la sussistenza di un evento dannoso, qualificabile come ingiusto, riferibile sotto il profilo causale ad una condotta della pubblica amministrazione, ed imputabile all’amministrazione medesima sotto il profilo soggettivo del dolo o della colpa (in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza del 2 maggio 2013, n. 2388)”, si legge nella sentenza.

Nel caso di specie,osserva il Collegio, “per quel che concerne la sussistenza dell’elemento oggettivo dell’illecito foriero di danno, non vi è alcuna evidenza processuale, quanto al preteso danno emergente legato all’asserita perdita delle quaranta apparecchiature da gioco di proprietà della ricorrente, né della disconnessione di tali apparecchi, né dell’asserita irreversibile inutilizzabilità che ne sarebbe derivata per rottura dei sigilli al fine di estrarne le smart card (circostanza in alcun modo comprovata), né - ancora - della loro conseguente definitiva dismissione, non valendo la mera produzione di una fattura di noleggio di un furgone nel marzo 2014 a dimostrarne l’utilizzo per il trasporto di tali macchine in magazzino.

Sempre con riferimento a tale posta di danno, la società nemmeno offre un principio di prova circa l’intimata restituzione dei relativi nulla osta di esercizio, invero non comprovata da alcuna relativa corrispondenza rinvenibile in atti.

Lo stesso è a dirsi per il lucro cessante derivante dal riferito 'blocco' per due settimane dell’attività d’impresa della società ricorrente (quantificati in oltre un milione di euro), attesa la mancata evidenza della riferibilità dell’evento dannoso - vale dire l’asserito pregiudizio in termini economici in termini di perdita dei ricavi da aprile 2014 - alla condotta dell’Agenzia, consistente nell’illegittima cancellazione dall’elenco Ries (nesso causale).

Quanto poi all’elemento soggetto, nemmeno vi è la prova che l’Agenzia sia venuta meno a quegli obblighi di buona amministrazione, perizia e diligenza che sempre devono improntare l’azione amministrativa, tanto più osservando il Collegio come la ricorrente abbia in sostanza concorso alla causazione dello stesso non riscontrando la comunicazione di avvio del procedimento, trasmessale dall’amministrazione, e nemmeno attivando tutti gli strumenti processuale a lei a disposizione, ivi compresa la proposizione di una relativa istanza cautelare - invero mai formulata in atti - idonea ad ottenere un’immediata sospensione dell’efficacia del provvedimento di cancellazione.

Tale circostanza concorre, infatti, a precludere il riconoscimento del danno per equivalente pecuniario in ossequio a quanto stabilito all’ultimo periodo del comma 3, dell'art. 30 cod. proc. amm., secondo cui 'nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti', non potendosi per l’effetto ammettere il ristoro di un pregiudizio che lo stesso ricorrente ha contribuito (almeno in parte) a cagionare in ragione della mancata attivazione degli strumenti di tutela disponibili.

Assume, infatti, rilievo come, ove parte ricorrente avesse tempestivamente richiesto la sospensione cautelare del provvedimento di cancellazione, avrebbe con ogni verosimiglianza potuto quanto meno limitare la rifrazione dei danni asseritamente conseguenti alla sospensione dell’attività (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione V, n. 3910 del 2016)”.

 

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