Il gioco fa male e il legislatore, spesso, peggio
L’annoso problema della disparità di trattamento dei diversi giochi pubblici presenti sul territorio, non solo dal punto di vista economico e fiscale.
Il gioco fa parte della vita delle persone; chi non ricorda l’adrenalina e il divertimento del tombolone di Natale, di una combattuta partita a briscola e tresette o del tanto agognato “tredici” ricercato al Totocalcio. Ma il gioco può diventare vizio, quando il divertimento sporadico diventa abitudine e peggio ancora può diventare malattia, quando il vizio si trasforma in desiderio compulsivo e irrefrenabile. Alla base del processo degenerativo c’è sicuramente il “sogno” (o l’utopia) della vincita milionaria, quella che può risolvere i problemi di tutti i giorni, specie per le persone più in difficoltà, che sono sempre di più.
Pensiamo ad esempio alla vincita perpetua che si otterrebbe scoprendo la casellina giusta di un “gratta e vinci” o un bel “6” al Superenalotto (per cifre oramai difficili anche solo da scrivere, figuriamoci da vincere). La dipendenza, però, è un fenomeno grave e pericoloso, da controllare e da curare e chiunque si occupa del fenomeno (associazioni, enti, professionisti) merita supporto e condivisione. Proprio per questo si fatica a comprendere perché, nei dibattiti politici e sociali, sui media e sui social, il “gioco pubblico numero uno” da combattere sia sempre la fantomatica “slot da bar”, che distrugge le famiglie, mentre sia assolutamente normale entrare in un autogrill o in un supermercato e sentirsi ripetere più volte “vuole un grattino”. Come sono tanti i giocatori abituali di lotterie, bingo e altri giochi “tradizionali”. Ma questo per i più è solo “tentare la fortuna”. La stragrande maggioranza delle campagne pubblicitarie sui canali televisivi nazionali, spesso promosse da personaggi famosi, riguardano le grandi compagnie di raccolta di scommesse on line”, con quella frasetta finale, letta a velocità supersonica, che recita “ilgiocoèriservatoaimaggiorenniepuò causaredipendenzapatologica”.