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Tar Lombardia: 'Legittima ordinanza orari gioco nel Comune di Mantova'

21 ottobre 2015 - 10:25

Resta in vigore l'orario che consente il funzionamento degli apparecchi da gioco dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23 

Scritto da Francesca Mancosu

 


"Il potere qui esercitato dal Sindaco è espressione della volontà del legislatore di assicurare, attraverso lo strumento dell’ordinanza, un rimedio efficace a fronte di problematiche che investono, per quanto attiene al caso di specie, la salute pubblica". Con questa motivazione il Tar Lombardia ha respinto il ricorso presentato da un esercente contro il Comune di Mantova, per l'annullamento dell'ordinanza con cui il sindaco nel marzo 2015 ha fissato gli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23 di tutti i giorni, compresi i festivi.


IL RICORSO - Per l'esercente il Comune sarebbe incorso in "violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del Regolamento comunale approvato con DCC n. 62/2011; incompetenza del Sindaco; difetto di istruttoria e di motivazione; eccesso di potere per sviamento, in quanto la determinazione assunta dal Sindaco contrasta palesemente con le statuizioni contenute nel regolamento approvato dall’organo consiliare con deliberazione n. 62/2011. Invero, in base a detta deliberazione, i poteri sindacali, di cui al comma 2 dell’art. 13 del regolamento, volti all’introduzione di limitazioni alle fasce orarie previste in generale dal comma 1 del medesimo art. 13, sono espressamente circoscritti alle ipotesi in cui, in determinate zone (residenziali, periferiche,ecc.), sia necessario intervenire per assicurare la quiete pubblica o garantire la viabilità.

Poichè dette problematiche non trovano riscontro nelle motivazioni per le quali è stato assunto il contestato provvedimento, ne consegue l’illegittimità dell’ordinanza sindacale in quanto adottata in palese violazione delle disposizioni regolamentari. Per altro verso, illegittimamente il Sindaco avrebbe operato una modifica delle fasce orarie dettate dal Consiglio Comunale con la richiamata delibera, con ciò sovrapponendosi alle determinazioni dell’organo consiliare".

IL PARERE DEI GIUDICI - "Il provvedimento che il Sindaco ha inteso adottare - si legge nella sentenza - è frutto dei poteri al medesimo attribuiti dalla legge e che correttamente si coordinano, nella combinazione delle normative statali e regionali richiamate e quelle regolamentari dettate dal Consiglio Comunale, nell’ambito della disciplina degli orari delle sale giochi e degli apparecchi per il giuoco d’azzardo, i quali, proprio nel rispetto degli indirizzi dettati in via generale dal Consiglio Comunale con l’art, 1 del regolamento, possono giustificare le imitazioni imposte. Ne consegue che il potere di ordinanza risulta immune dai vizi denunciati con il primo motivo di ricorso. Parimenti infondate sono le ulteriori censure, con le quali è stata dedotta la violazione delle garanzie di partecipazione e di trasparenza, nonché la violazione del legittimo affidamento. Invero, non bisogna dimenticare che nel caso di specie si tratta di un’ordinanza avente effetti generali, distribuiti su tutto il territorio comunale e non rivolta a singoli esercizi, per cui non era necessario procedere preventivamente alla comunicazione di avvio del procedimento". 
 
POTERI SINDACALI LEGITTIMI - "Va, peraltro, dato atto che, per quel che riguarda il denunciato mancato coinvolgimento delle associazioni di categoria, la difesa del Comune ha dimostrato documentalmente di aver coinvolto le suddette associazioni, senza tuttavia aver conseguito alcun riscontro in merito da parte delle stesse. Esclusa, poi, l’applicabilità nella fattispecie del disposto di cui all’art 14 della legge 241/90, ossia il ricorso alla conferenza di servizi, non trattandosi, come correttamente sottolineato dalla difesa comunale, di un’ipotesi di rilascio di un’autorizzazione o concessione che necessiti del coinvolgimento di più soggetti interessati, va altresì esclusa la violazione del legittimo affidamento, tenuto conto della parziale limitazione subita ed in considerazione del fatto che, come costantemente riconosciuto, l’intervenuta liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali e di quelli di somministrazione, non preclude all’amministrazione comunale la possibilità di esercitare il potere di inibizione delle attività per comprovate esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e soprattutto ogniqualvolta siano messi in pericolo interessi pubblici di particolare rilevanza, quali la sicurezza, la libertà, la dignità umana, l’utilità sociale e la salute. Da ultimo, vanno disattese le ulteriori doglianze che hanno denunciato il difetto di motivazione, la carenza di istruttoria e l’inadeguatezza delle misure assunte al fine della lotta alla ludopatia. I dati richiamati nell’ordinanza impugnata trovano infatti riscontro nelle informazioni rese delle competenti autorità sanitarie locali (così come documentato in atti dalla difesa del Comune) e ben si riconducono al fenomeno ormai diffuso del gioco d’azzardo in forme patologiche che investe le fasce più deboli della popolazione e che, soprattutto nella regione Lombardia e, per quel che qui interessa, nella provincia di Mantova, ha assunto consistenza considerevole. Non può quindi essere messa in dubbio la pertinenza delle misure assunte attraverso la contestata ordinanza sindacale, che, limitando proprio con riguardo alle fasce considerate l’apertura delle sale giochi, ha inteso introdurre misure limitative dell’accesso a tali luoghi da parte degli studenti o delle persone più deboli. Quanto, infine, alla denunciata assenza di un limite temporale agli effetti dell’ordinanza, nell’osservare che non si tratta di un’ordinanza contingibile ed urgente, per sua natura destinata ad avere effetti limitati nel tempo, entro il limite dell’emergenza, va in ogni caso rinnovato l’invito all’amministrazione, già formulato in occasioni analoghe, ad effettuare una riponderazione comparativa periodica degli interessi in conflitto, di modo che, a seguito dell’acquisizione delle dovute informazioni presso gli organi competenti, possa essere disposta una revisione dei provvedimenti che regolano l’attività in esame ogni 18-24 mesi", concludono i giudici.
 

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