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Cassazione: 'Reato modificare comma 7 per vincite in denaro'

27 dicembre 2016 - 12:03

La Corte di Cassazione conferma la condanna di un uomo che aveva acquistato e posto in esercizio due apparecchi comma 7 modificati per erogare vincite in denaro.

Scritto da Fm
Cassazione: 'Reato modificare comma 7 per vincite in denaro'

 


La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un uomo contro la sentenza con cui la Corte di appello di Caltanissetta lo ha condannato a due anni di reclusione e a 200 euro di multa per avere acquistato e posto in esercizio due apparecchi immatricolati per il semplice intrattenimento (secondo il comma 7 lett. dell'art. 110 Tulps) ma in realtà eroganti vincite in denaro attraverso un telecomando o combinazione di tasti che ne modificava il funzionamento. Il tutto con un incasso completamente 'in nero' e quindi non soggetto al normale prelievo erariale.

 

A nulla sono valse le censure mosse dalla difesa del ricorrente circa la presunta mancata notifica dell'avviso di conclusione delle indagini e la condanna per il reato di frode informativa. Secondo i giudici "applicando i suddetti principi al caso di specie, deve ritenersi che, correttamente è stata ritenuta la configurabilità del reato di cui all'art. 640 ter c.p., in quanto la condotta contestata è sussumibile nella prima ipotesi (quella dell'alterazione), 'poiché la scheda originariamente contenuta nell'apparecchio così modificato era la sede del software del sistema informatico complessivo costituente l'impianto di gioco (al quale non era essenziale una componente telematica, non prevista come obbligatoria dal citato art. 110, comma 7, cit. Tulps), è innegabile che la sostituzione di essa abbia comportato l'attivazione di un diverso programma e, per tal via, quella alterazione del funzionamento di un sistema informatico che la norma penale è finalizzata a reprimere. Non rileva, cioè, il fatto che il software contenuto nella scheda originaria sia rimasto inalterato e possa operare regolarmente una volta riattivato: ciò che risulta alterato, nel caso in esame, è il funzionamento del sistema informatico nel suo complesso, in dipendenza della sostituzione del software con altro diversamente operante: a ciò non essendo di ostacolo la reversibilità della modifica. Nè si richiede necessariamente, ai fini della configurabilità della frode, che vi sia un intervento sui dati, poiché tale ipotesi è prevista dall'alt. 640 ter c.p. in via alternativa all'alterazione del sistema informatico (come è espresso dall'uso della congiunzione disgiuntiva 'o'); ciò che rileva è invece l'acquisizione di un ingiusto profitto con altrui danno, che nel caso di cui ci si occupa è ravvisato nell'esercizio del gioco d'azzardo senza assoggettarlo al controllo telematico e alla conseguente tassazione proporzionale".

Perciò, si legge nella sentenza, "integra il reato di frode informatica, previsto dall'art. 640-ter cod. pen., l'introduzione, in apparecchi elettronici per il gioco di intrattenimento senza vincite, di una seconda scheda, attivabile a distanza, che li abilita all'esercizio del gioco d'azzardo (cosiddette 'slot machine'), trattandosi della attivazione di un diverso programma con alterazione del funzionamento di un sistema informatico".
 
Inoltre, per i giudici è configurabile anche il reato di ricettazione, perché "secondo la conforme (e non contestata) ricostruzione effettuata da entrambi i giudici di merito, risulta accertato che l'imputato: a) acquistò le due macchine slot-machine già alterate; b) una volta installate nella sala gioco, egli, attraverso un telecomando o combinazione di tasti, di volta in volta, modificava il funzionamento in macchine da gioco elettronico eroganti vincite in denaro, ossia le trasformava da macchine abilitate a giochi di abilità (art. 110/7 Tulps) in macchine abilitate al gioco d'azzardo (art. 110/6 TULPS) in tal modo procurandosi l'ingiusto profitto derivante dall'incasso totalmente in nero di somme soggette a prelievo erariale unico che il ricorrente ometteva di versare all'Erario".
 
La Cassazione però da ragione al ricorrente su un punto solo. "Nonostante una precisa domanda diretta ad ottenere la sostituzione della suddetta pena, la Corte territoriale l'ha respinta adducendo la seguente testuale motivazione: 'non sussistono i presupposti per concedere il beneficio richiesto della semidetenzione in ragione dell'entità della pena inflitta'. La censura è fondata.
Non è, infatti, chiaro il motivo per cui la Corte ha respinto la suddetta richiesta e cioè se per un motivo di stretta legalità (pena superiore al limite legislativo) oppure perchè ha ritenuto l'imputato non meritevole ex art. 58 L. 689/1981. In entrambi i casi, la sentenza, sul punto, va annullata", con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Caltanissetta per il giudizio sul punto.

Per il resto la Corte ha rigettato il ricorso.
 

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