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Tar Piemonte: 'Comune Verbania, no risarcimento danni per ordinanza orari gioco'

06 maggio 2016 - 14:21

Per il Tar Piemonte, le società ricorrenti contro l'ordinanza sugli orari degli apparecchi da gioco di Verbania non hanno offerto prove idonee del danno subito.

Scritto da Fm
Tar Piemonte: 'Comune Verbania, no risarcimento danni per ordinanza orari gioco'

Il Tar Piemonte ha respinto i ricorsi delle due società che hanno chiesto la condanna del Comune di Verbania al risarcimento del danno - per 1 milione e 400 mila euro complessivi - dovuto per l’adozione del regolamento per la disciplina delle sale da giochi, approvato dal Consiglio comunale nel maggio 2005 e successivamente annullato dal Tar Piemonte.

In specifico detto regolamento regolava l’orario di accensione degli apparecchi da gioco limitandolo alle ore comprese tra le 15 e le 22.


"Le ricorrenti non possono prospettare un danno concretamente subito, e quindi risarcibile, in termini meramente astratti e teorici", si legge nella sentenza. "Le società hanno prodotto una relazione contabile che, limitandosi ad esaminare gli incassi del periodo strettamente circoscritto a quello oggetto di domanda, ha proceduto con i seguenti criteri: l’incasso quotidiano è stato diviso per il numero di possibile erogazione del servizio come previsto dal regolamento; il 'teorico' incasso orario così ricavato è stato poi moltiplicato per il differenziale di monte ore esistente tra i limiti orari di esercizio degli apparecchi previsti dal regolamento (15:00-22:00) e il globale orario di apertura delle sale giochi (5:00-2:00), immaginando che il già ricordato teorico incasso orario potesse semplicemente essere traslato in modo omogeneo su ogni singola ora di apertura dell’esercizio".

"Al di là della non condivisibilità intrinseca dell’operazione contabile proposta (non tutte le ore di apertura offrono identica ed omogenea possibilità di incasso) manca in atti qualsiasi riscontro reale del teorico conteggio proposto; le società infatti nulla espongono e nulla deducono con riferimento ad incassi di periodi (antecedenti e successivi al periodo oggetto di domanda) in cui certamente il divieto non è stato operativo e così non dimostrano affatto che i loro reali incassi hanno avuto un andamento condizionato in diminuzione o aumento dalla vigenza o meno del divieto, né dimostrano una concreta flessione di detti incassi nei diversi periodi. Le parti ricorrenti non hanno in definitiva offerto prove idonee del danno", concudono i giudici.

 

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