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Binetti: “Legge garantisca formazione dei giocatori”

11 ottobre 2014 - 08:48

Attuazione delle delega fiscale o legge sul gioco patologico, l’importante è tutelare il giocatore. Tuttavia l’analisi che Paola Binetti, deputata di Per l’Italia, componente della commissione Affari sociali della Camera e firmataria di una delle proposte di legge in materia poi unificate, fa, parte da una considerazione preliminare.

Scritto da Anna Maria Rengo

“Come prima riflessione vale la pena sottolineare che la sicurezza del giocatore non è indipendente dallo strumento normativo scelto. Una buona legge dovrebbe consentire a chi gioca di farlo con la  piena consapevolezza delle conseguenze che scaturiranno dalla sua condotta di gioco, perché solo in questa prospettiva si può parlare davvero di libertà. Una buona legge garantisce libertà di giocare senza perdere però di vista la responsabilità che ne consegue, per sé e per la propria famiglia. Non è quindi garanzia di sicurezza una legge che: non offre una adeguata formazione ai giocatori per esempio aiutandoli a riflettere sulle effettive possibilità di vincita che ci sono per ciascuno dei giochi in cui si cimenta; non offre nessuna sicurezza una legge che consente una pubblicità capillare, alternando i famosi cartelloni 6 x 6 a tutti gli angoli delle strade e nello stesso penetra nei computer, nei tablet con avvisi che sollecitano a giocare con promesse che non potranno essere soddisfatte; non offre sicurezza una disponibilità di luoghi in cui giocare che si susseguono a distanza ravvicinata e restano aperti 24 ore su 24, come se si trattasse di una farmacia che vende prodotti salva vita; non offre sicurezza un sistema di gioco online in cui è difficile risalire a chi lo propone e si ha il forte sospetto che si tratti di potenziali evasori fiscali la cui sede è in qualche paradiso fiscale; non offre sicurezza un sistema di gioco che dopo aver indotto le persone più fragili a giocare fino ad avere una vera e propria dipendenza non mette i mezzi per riparare al danno occasionato curandolo in modo adeguato. La sicurezza è un indicatore sintetico che deve tutelare il soggetto da un sistema perverso che lo spinge in fondo al tunnel della dipendenza proteggendolo dall’ambiente e da se stesso e dalle proprie fragilità”.

 

Quando si parla di sicurezza non sarebbe opportuno distinguere maggiormente tra gioco legale e gioco illegale e dunque non mettere in atto provvedimenti eccessivamente restrittivi nei confronti del primo?

“L’illegalità è un cancro del sistema socio-economico a cui la politica ha dichiarato guerra da tempo; ma la paura del rischio illegalità non può generare sistemi Monstrum che spingono a giocare fino ad ammalarsi. L’alternativa non può essere o ammalati di gap o schiavi dell’illegalità. Credo che l’etica pubblica possa avere un livello di esigenza più alto e più degno della nostra società, della sua storia e delle sue prospettive culturali ed umane. La lotta all’illegalità ha generato un nuovo sistema gioco, affidandolo in monopolio allo Stato, che ne ha fatto la sua fonte di reddito più sicura e in pronta cassa, per cui non intende rinunciarci neppure quando si rende conto dei potenziali effetti negativi che presenta. In ogni caso il provvedimento in discussione alla Camera non è affatto ‘eccessivamente’ restrittivo: nasce da un dibattito sereno ed equilibrato all’interno della commissione e in costante confronto con decine e decine di associazioni e con molti concessionari e gestori dei giochi”.

A suo modo di vedere, è necessario avere approcci diversificati nei confronti dei pericoli del gioco online e di quello terrestre? Sono qualitativamente e quantitativamente diversi?

“Certamente sì ! Il cosiddetto gioco terrestre presenta rischi quantificabili, ha interlocutori riconoscibili, ed è sotto il controllo della società civile che vede la pubblicità, consce i locali dove si gioca, si familiarizza apertamente con i nuovi giochi… Il gioco online si realizza al di fuori di una logica sociale; non è il giocatore sociale quello che si misura con il gioco online, ma quello che fa del gioco un bene rifugio da non condividere, né per quanto riguarda le eventuali vittorie, né tanto meno per lamentare le assai più frequenti sconfitte. Il gioco online definisce un’area di isolamento che lo rende ancora più pericoloso dal punto di vista psicologico, ma anche dal punto di vista economico perché le sconfitte determinano un debito difficile da sconfiggere. Tutti i rischi si accumulano e per di più c’è il fondato sospetto che molti dei gestori del gioco online non paghino le tasse, o per lo meno non lo facciano sul nostro territorio. È facile sintetizzare che dal canto loro fanno solo danni…”.

Quanto è importante la prevenzione e la formazione per attenuare o meglio ancora annullare i rischi del gioco patologico?

“Prevenzione e formazione sono il binomio fondamentale per evitare gli effetti negativi del gioco, lasciando invece alla libertà di giocare il piacere di poterlo fare in modo equilibrato. Si può giocare e incluso si potrebbe dire che non si può non giocare… il problema è quanto, quando, come dove, perché… E la formazione serve proprio a questo: a imparare a riflettere, a pensare prima di agire, a valutare quel che si è fatto e capire se era davvero funzionale a quel naturale desiderio di felicità che ognuno di noi si porta dentro. Il gioco, ogni gioco!, ha una sua dimensione naturale di socializzazione, di sfida e di divertimento a cui non si deve rinunciare. Ma diventarne schiavi come accade quando si crea dipendenza vuol dire che si è rinunciato a giocare; La libertà di giocare è anche la libertà di dire no al gioco; presuppone la capacità di dire basta dopo un certo tempo; aiuta a fare un bilancio concreto tra costi e guadagni. Perdere il dominio di sé vuol dire che non si sta giocando, perché ci si è pericolosamente ammalati di gioco!”

Ritiene che il distanziometro sia uno strumento efficace di prevenzione del Gap?

“Non è uno strumento efficace di per sé, ma lo diventa se accompagnato da una opportuna formazione rivolta proprio a coloro che si intende proteggere quando si fissano le distanze in questione. Penso agli studenti, ai giovani che fanno sport o frequentano i luoghi tipici dell’associazionismo giovanile. Ma penso anche agli uffici postali e alle banche, dove può accadere che qualcuno prelievi di soldi per giocarseli in tempo reale, senza neppure pensarci troppo su! La distanza è utile per introdurre una pausa di riflessione ed evitare quei condizionamento stimolo-risposta che in soggetti potenzialmente fragili facilita l’emergere una sintomatologia di tipo compulsivo”.

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