Covid-19: nuovo piano del governo per provare a salvare il Natale
Allo studio dell'esecutivo la chiusura quasi totale del paese nel fine settimana ma senza passare per un nuovo Dpcm, cercando collaborazione negli enti locali e tentare di salvare il Natale.
Il lockdown non s'ha da fare. E' ciò che continua a ripetere il premier Giuseppe Conte, che nelle scorse ora ha ribadito, ancora una volta e in maniera netta ed esplicata, che “il lockdown nazionale va scongiurato”. Da qui è scaturito il meccanismo messo a punto dal Ministero della Salute insieme a Palazzo Chigi che ha portato alla divisione in tre fasce della Penisola e al passaggio, a partire da oggi – mercoledì 11 novembre – di nuove regioni in zona arancione (con Abruzzo, Basilicata, Liguria, Toscana e Umbria che vanno ad affiancare Sicilia e Puglia) e rossa (per la provincia di Bolzano assieme a Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta) e con la situazione della Campania che continua ad essere sorvegliata speciale. Mentre si guardano con attenzione anche i trend di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Veneto dove, secondo gli esperti, i parametri sono suscettibili di una crescita cospicua nei prossimi giorni rendendo necessario l’anticipo degli interventi. Per ora l'ipotesi di un nuovo lockdown totale “non esiste”, non è sul tavolo: così, almeno, ripetono fonti di governo e maggioranza aggiungendo che si vuole attendere di vedere gli effetti del Dpcm del 3 novembre sulla curva dei contagi e solo allora si deciderà. Anche gli stessi scienziati che ne auspicavano l'adozione sembrano frenare, con il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli che parla ora di una “decelerazione” della curva, “frutto delle misure già poste in essere”, e quello dell'Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro di “segnali incoraggianti”.
LE NUOVE DECISIONI - Ma i numeri dell’epidemia costringono il governo a interrogarsi. Come impedire gli assembramenti che consentono al virus di continuare a correre? Il premier non vuole cambiare ancora una volta strategia, anche per non dare l'impressione di una continua improvvisazione nella rincorsa al Covid-19. Nella speranza, forse, che i piccoli segnali di frenata si rafforzino nei prossimi giorni, ma senza esclude che il numero dei contagiati e dei morti e lo stress della rete ospedaliera potrebbero di nuovo costringere l'esecutivo a rimettere tutto in discussione. Ovvero, rimettendo un freno totale all'intero paese, trasformando la Penisola in un'unica zona rossa.
Entro domenica capiremo se la curva va in una direzione o nell’altra: questo è il bivio indicato dagli scienziati. Da qui l'ipotesi di un nuovo piano per tenere la curva sotto controllo (senza smentire l’ultimo Dpcm emanandone uno nuovo, l'ennesimo), che potrebbe essere quello di arrivare al fine settimana con l’Italia “chiusa per Covid”, con un piano sviluppato in maniera congiunta tra il ministro della Salute, i governatori e i sindaci e articolato in una serie di rispettive ordinanze, allo scopo di bloccare il più possibile la mobilità. L'esecutivo, in queste ore, sta facendo un pressing serrato attraverso i ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia, nei confronti dei presidenti delle Regioni e dei sindaci, perché facciano scattare misure più severe: dal lockdown totale nei Comuni dove si sono creati focolai, alla chiusura di strade e piazze in cui troppi cittadini si affollano per il passeggio e lo shopping. “Entro novembre va messo in sicurezza tutto — ha avvertito Boccia in una delle tante call —. Ogni intervento necessario deve essere fatto su scala territoriale”.
Una sorta di “lockdown leggero”, che consentirebbe alle imprese, alle fabbriche e alle professioni di andare avanti, ma chiuderebbe bar e ristoranti su quasi tutto il territorio nazionale, limitando il più possibile gli esercizi commerciali.
COSA CAMBIA CON IL NUOVO PIANO - Allo studio, oltre alla chiusura di alcune tipologie di negozi che avevano ottenuto una deroga nelle zone rosse, anche lo stop ai negozi nel weekend, come già avvenuto per i centri commerciali: rimarrebbero aperti solo alimentari, farmacie, parafarmacie, edicole e tabaccai. La data cruciale resta comunque il 15 novembre. Per domenica il governo prevede che i tre quarti almeno delle regioni siano in fascia arancione o rossa, o in conseguenza delle norme contenute nel Dpcm, o grazie ai provvedimenti assunti dai governatori.
Dopo l'allarme lanciato dal presidente dell’Iss Brusaferro sulle regioni “gialle” come Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Campania, dove ritiene “opportuno che siano anticipate le misure più restrittive”, Speranza e Boccia stanno incalzato Bonaccini, Fedriga, Zaia e De Luca, per convincerli a far scattare oggi stesso chiusure rigide. Per evitare assembramenti i sindaci possono agire sulla base del Dpcm, che affida loro il potere di chiudere intere aree di città e paesi.
Nella convinzione che per battere il virus “bisogna limitare il più possibile gli assembramenti”. L'indicazione che arriva dagli scienziati per le regioni in questione, è chiara: “Sulla base dell'ultimo monitoraggio ci sono quattro regioni che vanno verso un rischio alto e nelle quali è opportuno anticipare le misure più restrittive”, ha detto Brusaferro. Tutte, secondo il documento dell'Iss e della cabina di regia, si trovano nello “scenario 4” (il peggiore tra quelli ipotizzati), con un rischio moderato ma “con probabilità alta di progressione a rischio alto”. La Campania, ad esempio, ha un rapporto positivi/tamponi salito in una settimana dal 10,5 al 18,1 percento. Da qui la necessità di correre ai ripari. Ecco dunque che, se si aggiungessero le quattro regioni indicate dall'Istituto superiore di Sanità alla zona arancione, resterebbero in zona gialla solo Lazio, Molise, Marche e Sardegna, oltre alla provincia di Trento.