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Dl Sostegni: stop a codici Ateco e discriminazioni, vale il fatturato

22 marzo 2021 - 11:32

La nuova formulazione dei 'ristori' elimina la discriminazione subita dai giochi, sia pure offrendo contributi minimi: accesso a chi ha perso almeno il 30% come media mensile.

Scritto da Ac

 

A guardare il database delle fatture elettroniche, solo alberghi e ristoranti e l'intero comparto del tempo libero, hanno sofferto un calo medio del fatturato superiore al 30 percento: soglia che serve per chiedere i nuovi sostegni varati dal Governo attraverso il nuovo decreto. Mentre i tre milioni di imprenditori e professionisti che secondo le Entrate potranno chiedere il nuovo aiuto, però, sono di tutte le categorie. Per quanto riguarda i giochi, però, a peggiorare ulterioremente la situazione c'è il fatto che le imprese del comparto, a differenza di altre, la crisi si è fatto ancora più nera nel 2021, anno in cui non c'è stato ancora neppure un giorni di attività, mentre i debiti continuano ad accumularsi.

LA SOGLIA DEL 30 PERCENTO – Come noto, il decreto Sostegni approvato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri dice addio alla lista dei codici attività Ateco. Una scelta che dà la possibilità a tutti di chiedere il contributo a fondo perduto, anche a chi opera in settori non interessati dai vari lockdown e dalle zone rosse, superando così anche l'esclusione “d'ufficio” che il precedente esecutivo aveva riservato a determinate categorie, come per esempio quelle che operano all'interno della filiera dei giochi. Come per esempio i produttori di apparecchi o i gestori di sale, che erano rimasti esclusi dai ristori. Cambia anche il periodo su cui misurare la diminuzione del fatturato e dei corrispettivi: non più il solo mese di aprile – che pure con il -37,1 percento è stato il peggiore dell’anno – ma l’intero 2020 in rapporto al 2019.

Legare il contributo alla perdita annuale era un’idea già emersa sul finire del Governo Conte, quando era stato disposto lo scostamento di bilancio da 32 miliardi. Allora si ipotizzava di dare l’aiuto a chi aveva perso almeno il 33 percento: una soglia hce raggiunge il 30 percento, ma che resta piuttosto elevata e può escludere soggetti che hanno subìto comunque perdite pesanti. La relazione tecnica stima che i sostegni varranno in tutto 11,15 miliardi.

Il cambio del criterio di calcolo fa in modo che non ci potranno essere erogazioni automatiche. Tutti, pertanto, dovranno chiedere il contributo, secondo tempi e modulistica che verranno definiti a breve dall'Agenzia delle Entrate. Il decreto stabilisce tuttavia sin da ora che l’istanza sarà solo telematica e – come sempre – potrà essere fatta anche tramite intermediari abilitati (commercialisti, consulenti del lavoro e così via), delegati ad accedere al cassetto fiscale. La novità è che, invece di aspettare l’accredito del denaro – atteso dall’8 aprile – si potrà subito usare l’importo per compensare i debiti fiscali nel modello F24.

IL NODO DEGLI INTRATTENIMENTI – Ma veniamo agli aspetti critici, almeno per i giochi. Come indicato in precedenza, mentre il provvedimento prendeva forma, il contributo esclude chi ha ricavi oltre i 10 milioni. Nonostante la soglia sia stata raddoppiata rispetto agli “appena” 5 milioni della prima formulazione, risulta comunque insufficiente per molte imprese che, come quelle del gioco, movimenti enormi quantità di denaro, generando fatturati ingenti, sia pure ottenendo guadagni di ben altro livello. Come accade, per esempio, a piccole e medie imprese di gestione. Per queste attività, dunque, la penalizzazione dovuta dal nuovo criterio è piuttosto evidente, anche se non “visibile” all'esterno della filiera.
Per poter chiedere il contributo previsto dal decreto Sostegni serve un calo di almeno il 30 percento del fatturato e dei corrispettivi medi mensili 2020 rispetto a quelli del 2019. Gli importi vanno individuati facendo riferimento alla data in cui sono state effettuate le operazioni.
Stando ai nuovi criteri, inoltre, il contributo è determinato in percentuale sul calo medio mensile del fatturato e del corrispettivi, con un meccanismo a scalare, a partire dal 60 percento per i soggetti con ricavi o compensi fino a 100mila euro nel 2019. Per le persone fisiche, comunque, non può mai essere meno di 1.000 euro; per gli altri 2mila euro. Per tutti, poi, vale il tetto massimo di 150mila euro di aiuto.
 
ESEMPI CONCRETI - Nel caso di un piccolo bar senza dipendenti con unico proprietario che abbia registrato un fatturato nel 2019 pari a euro 100 mila e nel 2020 pari a 50 mila euro. Nonostante la perdita pari al 50 percento del fatturato, applicando l’algoritmo del calcolo del sostegno, il titolare percepirà una cifra di circa 2.500 euro, ovvero il 5 per cento della perdita annuale di fatturato. Mentre una discoteca costituita come Srl che abbia perso l’80 percento dei 432mila euro di ricavi, avrebbe diritto a 11.539 euro, perché ricade nell’indennizzo con coefficiente del 40 percento, che scatta per chi nel 2019 era oltre 400mila euro.
Insomma: l’aiuto – che in media sarà di 3.700 euro – pesa di più per i piccoli, in rapporto ai ricavi; ma molto dipende dall’entità della perdita. 
Per chi ha aperto la partita Iva dal 2019, invece, il confronto si basa sul fatturato medio mensile dei mesi d’attività (tolto quello di apertura). È una situazione in cui ricadono 545mila titolari di posizioni Iva, quasi la metà dei quali ha meno di 35 anni. Invece chi ha aperto l’attività nel 2020 – quasi 465mila persone fisiche e società, per lo più attive nel commercio – non potrà fare alcun confronto e riceverà l’importo minimo. Nel caso, invece, di una piccola azienda industriale con 70 dipendenti - da mantenere al lavoro – e un fatturato di 9 milioni nel 2019 contro un fatturato pari a 5 milioni nel 2020, in tal caso si avrà diritto a un sostegno pari a 66.666 euro.
 
IL CRITERIO DI CALCOLO – Riassumendo e schematizzando i contenuti del decreto, quindi: il contributo è determinato in percentuale sul calo medio mensile del fatturato e dei corrispettivi 2020 rispetto al 2019, con percentuali calanti al crescere dei ricavi totali 2019.
Ecco, in sintesi, quanto vale il contributo:
- 60% del calo per i soggetti con ricavi o compensi fino a 100mila euro nel 2019;
- 50% sopra 100mila e fino a 400mila euro;
- 40% sopra 400mila e fino a 1 milione di euro;
- 30% sopra 1 milione e fino a 5 milioni;
- 20% sopra 5 milioni e fino a 10 milioni.
Per queste ragioni, dunque, abbiamo detto che, alla fine, la montagna ha partorito un topolino. Trattandosi di un “mini sostegno” a favore di imprese e professionisti in questo duro, anzi durissimo, anno di pandemia. Com i rappresentanti di gran parte delle filiere, insieme a partite Iva e lavoratori autonomi che sono già scesi in campo per protestare contro l’entità davvero esigua dei contributi a loro destinati.
Perché, se è vero che il sostegno si basa sulla perdita di fatturato tra l’anno “normale” (2019) e quello “pandemico” (2020), come indicato sopra, il riproporzionamento mensile della perdita porta agli imprenditori un importo molto lontano dalle aspettative. Come ammesso del resto anche dal premier Mario Draghi in conferenza stampa. Con il rischio, peraltro, che passeranno almeno quattro mesi prima di ricevere le somme, nonostante la loro esiguità. E in quattro mesi di chiusure, totali o a singhiozzo, decorrono affitti utenze e costi fissi, come ben sanno gli operatori del gioco pubblico, ormai prossimi ai dieci mesi di chiusura su dodici.
Sulla scorta delle prime interpretazioni del testo si possono fare dei conteggi orientativi di quanto mediamente gli imprenditori potranno percepire. Si tratta di cifre che difficilmente potrà essere considerata un vero “sostegno” alle imprese, oberate dai debiti.

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