Si è appena aperta una nuova legislatura in Italia, e con essa anche una nuova pagina per gli operatori di gioco che hanno visto finire la precedente senza che la riforma che li riguardava andasse a compimento. O, per meglio dire, che approdasse almeno a Palazzo Chigi, visto che essa sembrava prendere la forma di un disegno di legge delega al governo.
Di tutto ciò facciamo il punto con Daniele Capezzone, oggi saggista e commentatore politico, e in precedenza due volte presidente di Commissione alla Camera (Attività produttive nel 2006 e Finanze nel 2013). Capezzone ha appena pubblicato per le edizioni Piemme il saggio “Bomba a orologeria - L’autunno rovente della politica italiana).
Partiamo dunque dalla più stringente attualità: al di là dei risultati elettorali, che Italia esce dalle elezioni politiche del 25 settembre?
“In termini sociali ed economici, un Paese impoverito e spaventato. La politica e i media tradizionali hanno fatto finta di non capire, di non vedere: hanno praticato la tecnica dello struzzo. Parlano d’altro, oppure la buttano sul paternalistico ('fate la lavatrice a pieno carico, fate la doccia in pochi minuti', e sciocchezze simili), mentre pezzi del sistema produttivo italiano stanno già saltando. Possibile chiudere ancora gli occhi davanti a una raffica di chiusure? Temo che molti sottovalutino il senso di sconforto, di disincanto, e in qualche caso di rabbia, che (comprensibilmente) cresce nel Paese…”.
Come giudica i contenuti, le istanze e le alleanze portate avanti in campagna elettorale?
“A sinistra è stata una campagna sconfortante: accuse incongrue di fascismo, demonizzazione personale degli avversari, il solito repertorio che stavolta risulta inefficace perfino sull’elettorato tradizionalmente alternativo alla destra. A destra, visto il grande vantaggio secondo i sondaggi, si poteva fare di più – a mio avviso – per prefigurare già nelle settimane passate l’azione del futuro possibile Governo, per dare il senso di una squadra pronta a subentrare, per articolare e dettagliare il programma, per mettere subito in campo un transition team. Invece, complice la legge elettorale, ciascuno ha fatto più che altro campagna per sé”.
Come valuta le dinamiche che hanno portato alla caduta del Governo Draghi e in generale il difficile andamento, tra alleanze e rotture, di questa travagliata ultima legislatura?
“Resto convinto che sarebbe stato saggio sciogliere le Camere nell’estate del 2019, dopo la crisi del Governo M5S-Lega. Si sarebbe ridata subito la parola agli elettori, e sarebbe venuta fuori una maggioranza coesa e frutto della volontà popolare. E invece i vertici istituzionali hanno preferito consentire una maggioranza parlamentare che non aveva nessuna parentela con il voto degli italiani (quella giallorossa), e poi, dopo l’inevitabile collasso del Conte bis, una formula di unità nazionale che, al netto dell’autorevolezza personale di Mario Draghi, non ha offerto una buona performance. In ultima analisi, è stata una legislatura persa, che ha fatto sciupare tempo al Paese, a mio modo di vedere”.
Pandemia, guerra, crisi energetica: come ha affrontato l'Italia queste emergenze e come ne esce l'Unione europea?
“Va premesso che erano sfide difficilissime. Ma l’Italia le ha affrontate secondo logiche illiberali (chiusure e lockdown eccessivi) e iperstataliste. L’Ue è arrivata in ritardo su tutto, proponendo il suo volto più burocratico e costruttivista. Pensi alla pandemia: in Uk sono arrivati prima sui vaccini, non hanno imposto obblighi né green pass, hanno riaperto prima, soffrendo meno danni economici. Stesso discorso per la crisi energetica: la neo primo ministro Liz Truss ha stanziato 150 miliardi di sterline (170 miliardi di euro), mentre a Bruxelles ancora facevano le belle statuine”.
Il suo ultimo libro si intitola Bomba a orologeria: cosa rischia di farla esplodere?
“In troppi fanno finta di non vedere, di non sentire, di non capire. C’è una tempesta che è già arrivata nelle case degli italiani, e ancora di più nelle imprese, attraverso l’emergenza bollette e caro vita, sommata al massacro fiscale 'ordinario'. Rischiamo di assistere in un fazzoletto di settimane a una raffica di chiusure, a una vera e propria desertificazione del tessuto produttivo italiano, eppure siamo qui a sentirci consigliare – come dicevo prima – di fare la lavatrice a pieno carico. O pensano che siamo scemi oppure hanno un serio problema con la realtà”.
Tra le tante incompiute di questa legislatura, ma in realtà anche di quella precedente, c'è stato il riordino normativo dell'offerta di gioco pubblico in Italia. Come valuta questo ritardo, in un contesto complessivo di gestione della cosa pubblica?
“Resto convinto che ci sia, rispetto al tema del gioco, un approccio paternalista e illiberale, come se gli italiani maggiorenni dovessero essere trattati da ragazzini. Restrizioni eccessive, campagne moralistiche, una sostanziale e progressiva 'messa al bando' del gioco legale. Mi chiedo se qualcuno non si renda conto che così si rischia di fare un immenso regalo al gioco illegale e clandestino, e quindi alla criminalità”.
Nella scorsa legislatura il primo Governo Conte ha vietato del tutto la pubblicità del gioco legale, e poi lo stesso gioco legale è stato tra i settori più soggetti a vincoli stringenti durante la pandemia. Come valuta questo atteggiamento che si è avuto nei confronti di un settore legale e gestito attraverso concessioni statali?
“Un errore clamoroso. Sul divieto di pubblicità, c’è un mix di ipocrisia e moralismo. Sulle restrizioni e sui vincoli, come accennavo, c’è una forte sottovalutazione (per non dire peggio) di quanto tutto ciò rischi di rivelarsi un regalo per i poteri criminali e illegali”.
Si possono ridare, e come, all'Italia obiettivi realizzabili e desiderabili sia in politica estera sia in economia?
“Si deve farlo. Il mio libro contiene una importante pars construens, con proposte dettagliate e tempificate (a partire da tasse, energia, debito pubblico, collocazione geopolitica). Occorre cercare le soluzioni, non solo agitare i problemi”.