“Promuovere occasioni di confronto e collaborazione tra i principali attori provinciali coinvolti nella prevenzione e nel trattamento del gioco d’azzardo patologico, a partire dal Serd, dai centri alcologici, dalle scuole e dal terzo settore; garantire continuità nella presa in carico delle persone, in particolare curando con attenzione la fase di uscita dalle comunità terapeutiche e il successivo reinserimento sociale; attivare un sistema di monitoraggio condiviso, che consenta di raccogliere e analizzare in modo integrato i dati provenienti dalle diverse realtà impegnate nella prevenzione, cura e riabilitazione della dipendenza da gioco d’azzardo, al fine di orientare efficacemente le politiche pubbliche in materia.”
Sono gli impegni chiesti alla giunta provinciale di Trento dai consiglieri Michele Malfer, Francesco Valduga, Chiara Maule e Roberto Stanchina del gruppo Campobase Trentino in una mozione presentata al presidente del consiglio provinciale, Claudio Soini.
La mozione, intitolata “Prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo patologico, con particolare attenzione alle fasce giovanili”, prende le mosse dalla necessità di “interventi mirati, rivolti sia alla prevenzione che alla gestione di situazioni già problematiche”, considerando che “alcuni progetti educativi già attivi sul territorio – come quelli basati sulle life skills o sulla peer education – hanno mostrato una certa efficacia, ma la crescente esposizione dei giovani richiede un potenziamento degli strumenti di intervento”.
Per i consiglieri del gruppo Campobase Trentino, “si ritiene fondamentale prevedere uno stanziamento di risorse economiche da destinare a progetti di prevenzione mirata all’interno delle scuole secondarie di secondo grado. Tali interventi dovrebbero essere condotti da équipe specializzate con competenze specifiche sul tema del gioco d’azzardo patologico, in modo da garantire un’azione efficace, strutturata e scientificamente fondata. Un secondo ambito di intervento riguarda i servizi sanitari territoriali. Si ritiene strategico rafforzare l’offerta ambulatoriale per le persone che affrontano una dipendenza da gioco, rendendo i servizi più accessibili e meno stigmatizzanti. La riorganizzazione interna dell’unità operativa dipendenze dell’Apss – in particolare dei centri di alcologia – potrebbe rappresentare un’occasione per avvicinare maggiormente i servizi alla cittadinanza. In tal senso, i centri alcologici potrebbero essere un’alternativa meno connotata rispetto al Serd e, per questo, più fruibile da parte dell’utenza. Sarà comunque necessario prevedere una formazione specifica per gli operatori, al fine di garantire una presa in carico competente e mirata. Inoltre, si suggerisce di sperimentare un’organizzazione dei servizi per fasce d’età, distinguendo ad esempio tra utenti under e over 25. Questo approccio permetterebbe di personalizzare meglio l’intervento, rendendolo più adatto alle caratteristiche e ai bisogni specifici delle diverse fasce di popolazione. Infine, è opportuno richiamare l’attenzione sulla fase riabilitativa residenziale, che rappresenta un momento particolarmente delicato nel percorso di cura. È fondamentale prevedere una progettualità condivisa tra i servizi residenziali e quelli territoriali dell’Apss (Serd o alcologie), in collaborazione con le realtà del terzo settore che abbiano specifica competenza nel trattamento delle dipendenze da gioco. Il momento dell’uscita dalla comunità e del reinserimento nella vita sociale richiede infatti una presa in carico integrata, attenta alla persona, alla sua rete familiare e ai suoi contesti di vita”.