skin

Pastorella (Azione): 'Gioco patologico, prevenzione passa da formazione'

24 marzo 2025 - 11:15

La deputata Giulia Pastorella sottolinea l'importanza della formazione, il ruolo degli operatori del settore e il contributo dell'intelligenza artificiale per la prevenzione del Gap.

Scritto da Daniele Duso
Giulia Pastorella, deputata di Azione © Pagina Facebook ufficiale

Giulia Pastorella, deputata di Azione © Pagina Facebook ufficiale

Negli ultimi anni l’Italia ha compiuto indubbiamente dei passi avanti nell’ampliare la partecipazione femminile in vari ambiti del Paese, da quello politico a quello imprenditoriale. Resta tuttavia sempre molto da fare per raggiungere l’ambita parità tra uomini e donne.

Abbiamo parlato di questi temi, e ovviamente anche di gioco pubblico, con Giulia Pastorella, giovane politica, con un’esperienza a livello locale, in consiglio comunale a Milano, e poi come deputata di Azione, partito del quale ricopre anche la carica di vicepresidente, protagonista di un'intervista pubblicata sul numero di marzo di Gioco News (consultabile integralmente online a questo link).

Partiamo da un tema che si ripropone costantemente negli ultimi anni, quello delle quote rosa. Inizialmente sono state introdotte per garantire una maggior rappresentanza femminile, ma oggi molti ritengono che dovrebbero essere superate a favore del solo merito. Lei cosa ne pensa?

“Sono assolutamente d’accordo che debbano essere superate. Sono sempre stata contraria a qualunque forma di discriminazione positiva ma in molti mi hanno risposto che le quote sono un male necessario fino a che non si arriva davvero a promuovere le persone o assumerle basandosi solo sul merito. Ritengo si debba ambire ad applicare la meritocrazia combinata con l’assicurare le pari opportunità: una combinazione virtuosa che permetterebbe a tutti e tutte di essere valorizzati ed esprimere il proprio potenziale. Peccato che certe fazioni della politica italiana abbiano dichiarato guerra alla meritocrazia con argomenti poco solidi. Il fatto che in certi contesti come quelli statunitensi ci siano state derive e storture nell’applicazione di questo principio meritocratico non vuol dire che il principio in sé non sia giusto.”

Quote rosa superate, dunque, o in certi settori meglio farne ancora uso?

“Hanno sicuramente aumentato in senso assoluto il ‘numero’ di donne in certe posizioni, ma almeno nel nostro Paese il tasso di occupazione femminile resta ancora tra i più bassi d’Europa. Per non parlare delle percentuali di donne in alcuni ambiti specifici, come mestieri e mondo accademico legato alle materie Stem (le discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, Ndr). Insomma nonostante le quote restano ancora tanti soffitti di vetro e una chiara disparità salariale. Per non parlare delle disparità di opportunità di conciliazione vita lavoro. Basti pensare ai fondi Pnrr per gli asili nido non spesi e poi tagliati, la non parità dei congedi genitoriali. Insomma non basta avere più donne: ora ci sono tante donne nei Cda grazie alle quote, ma quante Ceo?”

 

Guardando all’attualità, secondo lei, il mondo politico e quello aziendale premiano adeguatamente il merito delle donne o esistono ancora discriminazioni strutturali?

“Parto da un esempio: le elezioni politiche, dove i listini bloccati sono costruiti con alternanza di genere proprio per spingere in senso di parità. Eppure i partiti sanno, grazie a sondaggi e previsioni, quale collegio scatterà e ‘farà l’eletto’, come si dice in gergo. Guarda caso in Parlamento ci sono solo circa il 30 percento di donne. Ecco quindi come le quote possono facilmente essere aggirate in politica. Certi livelli politici stanno cercando di aiutare le donne, ad esempio in consiglio comunale a Milano abbiamo proposto una deroga per le neo-mamme che potranno assistere e votare ai consigli comunali online. E anche in Parlamento si cerca di venire incontro alle donne, per esempio grazie alla sala allattamento cui mi sono ampiamente servita. Le discriminazioni esistono insomma in politica come in azienda, ma il mio giudizio complessivo è che si stiano pian piano facendo passi avanti. Non dimentichiamoci che – per quanto lontana dalla mia visione politica – avere una donna premier è un grande traguardo per il nostro Paese.”

Quali strumenti pensa sarebbero necessari per incentivare una maggiore partecipazione femminile ai ruoli decisionali nel nostro Paese?

“Io punterei sulle misure ‘di contesto’ più che di discriminazione positiva, come già spiegato. Quindi cercherei di capire quali sono gli ostacoli che le donne incontrano. Sono da cercare nel carico della cura non equamente distribuito, nei congedi maternità che penalizzano principalmente le donne o in altro? Il cambiamento per vedere più donne in alto deve anche venire dal basso, da una società che cambi la sua visione della ripartizione dei ruoli tra i due generi. Mi emoziono sempre quando vado in Parlamento nella 'Stanza delle donne' dove sono ricordate le prime donne dell’assemblea costituente e le prime sindache. Foto in bianco e nero. Ispiriamoci a queste madri fondatrici della nostra Repubblica, cerchiamo di essere noi stesse ‘role models’ per le nostre ragazze, andiamo nelle scuole.”

Poco fa ha citato la premier Giorgia Meloni. Ecco, sono ormai trascorsi oltre due anni dall'insediamento di questo Governo, qual è il suo giudizio e quali restano, secondo lei, le sfide più difficili da affrontare nei prossimi anni?

“Il Governo ha beneficiato della lunga coda positiva delle iniziative del Governo Draghi e dell’iniezione di fondi del Pnrr. Ora però i nodi stanno venendo al pettine, sia sulla gestione dei progetti Pnrr che non stanno portando alla crescita prevista, sia sul fronte della crisi industriale in cui oramai il nostro Paese è piombato, oltre che su tema caro vita legato anche al caro energia su cui il Governo annaspa, e sui servizi essenziali di sanità e scuola in serie difficoltà. Le iniziative intraprese dal Governo ad ora sono molto di natura ‘punitiva’ (inasprimento delle pene per qualunque cosa), e non di risoluzione di problemi oggettivi come quelli sopracitati. La nostra opposizione è sempre stata costruttiva e nel merito ma è dura aiutare chi finge di non vedere i problemi e dice che tutto va benissimo.”

Venendo al tema del gioco uno dei temi ricorrenti è quello della ludopatia, un problema che rimane non trascurabile, ma che richiede interventi efficaci che tuttavia non penalizzino il settore legale e la libertà d’impresa, garantita dalla Costituzione e dall’Europa. Che idea ha delle misure necessarie per raggiungere questo equilibrio e assicurare la protezione dei consumatori senza danneggiare le imprese legali?

“Sicuramente trasparenza e messaggi sui rischi del gioco, come già avviene, sono un primo passo non coercitivo ma spero efficace per dissuadere e mettere in guardia. Alcune aziende praticano in maniera volontaria il monitoraggio proattivo di comportamenti anche attraverso l’intelligenza artificiale ma nel rispetto della privacy: credo questo possa aiutare ad arginare per tempo comportamenti ludopatici e proporre rapidamente aiuto psicologico e medico. Ritengo che ci si debba impegnare per una protezione assoluta e il più severa possibile dei minori e effettuare tanta formazione nelle scuole per avvisare i più piccoli di potenziali pericoli. Le imprese legali devono offrire un’esperienza che sia vissuta con consapevolezza, con equilibrio e dalle persone che hanno l’età adatta.”

Lei si è occupata anche di esport, peraltro un settore competitivo che, tra le caratteristiche che lo rendono interessante, ha quella di promettere di appianare, almeno sulla carta, ogni differenza, anche tra donna e uomo oltre che, cosa impensabile in altri settori, tra normodotato e disabile. A suo parere quali sono i punti di forza delle competizioni videoludiche?

“Stando alle ultime pubblicazioni sul tema, questa parità risulta appunto solo sulla carta. Le donne negli esport sono ancora poche e purtroppo sono pagate meno degli uomini. Il loro numero scarseggia anche come allenatrici ed è per questo che diversi commentatori hanno espresso la necessità almeno di codici di condotta volontari per far fronte a queste disuguaglianze – cosa auspicabile- mentre altri addirittura di imporre le quote rose anche lì o di dividere tornei in maschili e femminili – entrambe a mio parere misure non appropriate. Non mi voglio avventurare nelle spiegazioni sui fattori che possono spiegare questo gap ma sottolineare in effetti che sicuramente il potenziale di parità è ottimo non solo per uomo/donna o normodotato/disabile, ma anche rispetto alle disparità di accesso alle infrastrutture sportive nel nostro Paese.”

Anche in Italia, come in altri Paesi, si parla di regolamentare la professione videoludica. Tuttavia il percorso per la regolamentazione delle competizioni videoludiche avviato dal Parlamento italiano sta proseguendo a rilento, e addirittura negli ultimi tempi sembra essersi arenato. Ha avuto modo di seguirne l’iter, come mai ci sono tutte queste difficoltà?

“In effetti il testo presentato al Senato dal collega senatore Marti è fermo da oramai un anno. Diciamo che in generale è difficile capire le priorità con cui sono scelti i dossier da trattare in Parlamento in questa legislatura e su cui procedere celermente. Proprio recentemente ricordavo al ministro Piantedosi che mentre ci siamo affrettati a votare il premio per il cuoco italiano da 2000 euro, sono anni che tralasciamo per esempio il voto fuorisede. Posso solo dedurre (stando all’opposizione) che alla maggioranza questo tema non interessi, nonostante la proposta di legge sia firmata da un partito che ne fa parte.”

Altri articoli su

Ti interessa questo argomento?
Registrati all’area riservata e segui i tuoi tag preferiti. Accederai all’elenco di tutti i nuovi articoli che usciranno legati a questi tag.

Articoli correlati