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Emilia-Romagna e i 'bambini che si allenano all'azzardo'

16 gennaio 2019 - 08:56

Nell'opuscolo diffuso dalla Regione Emilia Romagna sulle dipendenze da gioco un avvertimento contro le ticket redemption, senza distinguo.

Scritto da Alessio Crisantemi
Emilia-Romagna e i 'bambini che si allenano all'azzardo'

 

"Nel gioco d'azzardo l'obiettivo del gioco stesso è vincere denaro, ciò che gratifica il giocatore è la vincita e non il gioco in sé. Una cosa analoga capita anche nel caso dei giochi 'ticket redemption': apparecchi che affollano le sale giochi destinate ai più piccoli e pensati per far vincere premi non in denaro, ma attraverso la raccolta di tagliandi, a bambini anche molto piccoli".

Recita così l'opuscolo informativo divulgato dalla Regione Emilia Romagna e recapitato ai vari Comuni d'Italia per sensibilizzare il Paese sulla dipendenza da gioco d'azzardo. Peccato però che, oltre all'azzardo, il materiale informativo sconfini grossolanamente anche sul cosiddetto amusement ma senza approfondire in maniera esaustiva la materia.
 
Nel paragrafo dedicato alle  redemption, oltre a quanto citato in premessa, l'opuscolo aggiunge: "La Regione Emilia-Romagna ha ritenuto che fosse opportuno tutelare i minorenni dalla cultura di un gioco in cui si spende denaro non per puro divertimento ma per ottenere un premio, probabile premessa per altri tipi di giochi da grandi e per legge ha stabilito che questi giochi siano vietati ai minorenni".
 
Una "pillola" dispensata alla cittadinanza (e ai leglslatori locali) che, messa così, appare lineare. E condivisibile, pure. Al punto che diverse Regioni, oltre all'Emilia, hanno già adottato misure analoghe sulla materia. Per chi conosce però gli apparecchi di cui si sta parlando, appare evidente la mancanza di approfondimento della materia che rende tutto assai distante dalla realtà e, quindi, molto meno considivisibile. E neanche minimamente condivisibile.
 
Se è vero che l'elemento della premialità e, quindi, di una qualche forma di vincita scaturita da un'attività di gioco può essere vista come un elemento critico, è pur vero che, prima di parlare di una forma di azzardo, occorrerebbe andare a guardare gli importi del costo partita e del valore dei premi prima di apporre qualunque etichetta. Perché molto spesso i premi che vengono vinti nelle cosiddette "operazioni a premio" corrispondono a una mera frazione di quello che il giocatore ha già speso per partecipare a quel gioco: ecco quindi che si tratta di premi puramente simbolici e che nulla hanno a che vedere con il "desiderio di vincere" o con la ricerca della "svolta" per migliorare la vita che rappresentano i tratti distintivi del gioco d'azzardo. Non è un caso, infatti, che queste tipologie di giochi sono molto in voga non solo in quasi tutti i paesi del mondo ma anche e soprattutto in quelli dove il gioco d'azzardo non è diffuso e viene addirittura vietato nei locali pubblici. America in primis.
 
Certo c'è chi ritiene la mera possibilità di ottenere un premio come una sorta di "induzione all'azzardo" visto che i protagonisti di questi giochi sono i più giovani e per lo più bambini, ed è un fatto. Ma allora, se vale tale principio, diventerebbe insana e da vietare qualunque declinazione della gamification, in virtù della quale vengono inseriti meccanismi premiali all'interno di qualunque attività.
 
Dalla spesa al supermercato all'accensione di un mutuo in banca. Senza guardare, peraltro, ai vari quiz televisivi che regalano milioni (e non peluches, come le redemption!) ogni giorno sulle principali reti.
 
Insomma, è evidente che quello che manca è la conoscenza del settore del gioco, lo studio e l'approfondimento delle tematiche da parte delle amministrazioni pubbliche e della politica più in generale, oltre al dialogo e al confronto con le categorie. Come del resto è emerso, ancora una volta, proprio nelle scorse ora, in occasione del convegno organizzato da GiocoNews.it all'interno della fiera Eag di Londra dedicato proprio al caso dell'Amusement e delle ticket redemption in Italia.
 
Un fenomeno politico-mediatico che pone di nuovo il nostro Paese come lo zimbello d'Europa e del mondo. Ma a farne le spese è l'industria, che rischia la scomparsa, come pure i consumatori, visto che se scomparirà davvero questo tipo di offerta di gioco, rimarrà soltanto quella con vincita in denaro, o d'azzardo che dir si voglia. E chissà se a quel punto quegli stessi amministratori locali saranno contenti del risultato ottenuto.

 

 

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