Napoli, Tar Campania: 'Limiti al gioco tutelano salute dei cittadini'
Nuova sentenza favorevole al Comune di Napoli nel contenzioso con gli operatori sulla legittimità del regolamento e dell'ordinanza sul gioco varati fra 2015 e 2016.
Continuano le conferme del Tar Campania alla "bontà" del regolamento e dell'ordinanza sul gioco varati dal Comune di Napoli.
Con una nuova sentenza, emessa oggi 28 dicembre, il tribunale amministrativo ha infatti respinto il ricorso di un gestore per l'annullamento della comunicazione di irricevibilità della Scia dell'attività di installazione di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici emessa dal comune partenopeo.
Stando a quanto si legge nella sentenza "la dichiarazione del Comune di irricevibilità della Scia si fonda, in particolare, sulla mancata allegazione dei due 'nuovi allegati' resi obbligatori dal 'Regolamento sale da gioco e giochi leciti' approvato con deliberazione del consiglio comunale" nel 2015.
L'analisi compiuta sul fenomeno del gioco d'azzardo nella città di Napoli rende giustizia sul fatto che l’amministrazione ha compiuto un’adeguata istruttoria, fondata anche su un’attenta indagine statistica precedente l’adozione del contestato Regolamento. In questo senso, le scelte operate dall’amministrazione comunale non appaiono affatto arbitrarie ma si fondano su ricerche e dati statistici che confermano la tesi – non certa in via assoluta ma pur sempre fornita di elementi plausibili - del collegamento riscontrabile tra l’aumento della diffusione sul territorio delle sale da gioco e l’incremento della tendenza alla ludopatia”.
Inoltre, "in considerazione del pericolo di infiltrazione mafiosa, nell’ambito del gioco lecito" appare del tutto comprensibile che la verifica da parte del Comune di Napoli non si limiti ai soli locali già in esercizio ma si estenda anche ai requisiti soggettivi degli operatori che gestiscono o subentrano nell’attività del gioco d’azzardo. "È da rammentare infatti che, in base all’art. 8 del regio decreto n. 773 del 1934, le autorizzazione di polizia sono, in linea di principio, strettamente personali (cfr. Cons. St. n. 4424 del 2018 di conferma della pronuncia della Sezione).
Diversamente, i passaggi successivi nella titolarità o nella gestione delle sale da gioco sfuggirebbero a qualsiasi possibilità di verifica preventiva ovvero di controllo da parte dell’amministrazione comunale.
Le prescrizioni regolamentari sul punto si sottraggono pertanto ai dedotti profili di irragionevolezza, rispondendo ad un chiara esigenza pubblica di monitorare in via continuativa e permanente i requisiti soggettivi ed oggettivi degli operatori del settore".
Poi "le previsioni regolamentari che estendono la loro efficacia anche ai soggetti già autorizzati risponde alla giustificabile esigenza di bilanciare l’interesse alla salvaguardia delle attività economiche con quella legata alla prevenzione delle ludopatie la quale, come sopra illustrato, rientra nell'ambito delle esigenze di tutela della salute, in linea con i principi fissati dall’art. 32 della Costituzione.
D’altronde, la Corte costituzionale in più occasioni (sentenze n. 264 e n. 15 del 2012, n. 303, n. 238 e n. 93 del 2011, n. 317 e n. 311 del 2009, n. 362 e n. 172 del 2008) ha rammentato che il legislatore, nei limiti del criterio di ragionevolezza e senza mai “incidere arbitrariamente sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, può valutare la scelta tra retroattività e irretroattività”.
Rispediti al mittente anche i motivi di ricorso che hanno richiamato "la violazione del principio di libertà di iniziativa economica, nonché del Dl 138/2011 e dell'articolo 117, comma 2, lettera h) della Costituzione, lamentando, altresì, l’eccesso di potere per carenza di istruttoria e mancato contemperamento degli interessi in gioco, disparità di trattamento e sviamento".
Perciò "le limitazioni in termini orari all'attività degli esercizi commerciali si giustificano, in conformità ai principi costituzionali in tema di salute pubblica e della normativa comunitaria sulla libertà dell'iniziativa economica, con la necessità di prevenire il fenomeno della ludopatia, particolarmente tra le fasce più deboli della popolazione.
La normativa in materia di gioco d'azzardo, con riguardo alle conseguenze sociali dell'offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell'impatto sul territorio dell'afflusso ai giochi degli utenti, non è riferibile alla competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all'art. 117 comma 2 lett. h), Cost., bensì più propriamente alla tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica.
Questo ambito di tutela dell’interesse pubblico rientra nelle attribuzioni del Comune, ai sensi degli artt. 3 e 5 Tuel".
In conclusione, la disciplina degli orari delle sale da gioco è quindi "volta a tutelare in via primaria non l'ordine pubblico, ma la salute ed il benessere psichico e socio economico dei cittadini, compresi nelle attribuzioni del Comune; pertanto, il potere esercitato dal sindaco nel definire gli orari di apertura delle sale da gioco non interferisce con quello degli organi statali preposti alla tutela dell'ordine e della sicurezza, atteso che la competenza di questi ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi della comunità locale, con la conseguenza che le rispettive competenze operano su piani diversi e non concomitanti, in linea con il riparto delle competenze legislative di cui all'art. 117 comma 2 lett. h), Cost. (Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794).
Ed infine, quanto alla concreta regolamentazione degli orari, se è pur vero che “resta sempre possibile sostituire l'accesso fisico alle sale-giochi con quello virtuale ai siti informatici, o ricercare all'interno del territorio regionale aree in cui il gioco non sia soggetto alle stesse limitazioni, non ne deriva per ciò solo una preclusione ad introdurre vincoli utili a contenere il fenomeno” (v. Tar Veneto, Sez. III, 16 luglio 2015 n. 811).
“Né rileva l'eventuale mancata consultazione delle associazioni di categoria ... non essendo detta consultazione imposta dall'art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 e dall'art. 31, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, e non essendo desumibile un simile obbligo neppure dai principi generali, per rientrare la fattispecie nell'esonero dalle garanzie partecipative dettato per i procedimenti di approvazione di atti generali dall'art. 13 della legge n. 241 del 1990 (v. TAR Toscana, Sez. 11, n. 1415/2015).
Circa, poi, il lamentato difetto di motivazione la limitazione degli orari di attivazione delle apparecchiature da gioco costituisce uno strumento concretamente idoneo a contenerne la possibilità di utilizzo (Tar Emilia Romagna Sez. I, n. 1023/2015)".
Bocciati anche i motivi di ricorso con cui la società ricorrente lamenta la violazione di legge e l’eccesso di potere. Deduce, in particolare, che "nella denegata ipotesi in cui si dovesse ritenere valido ed efficace il Regolamento adottato dal Comune di Napoli con la delibera del consiglio comunale n. 74/2015, con conseguente valida previsione da parte del Comune dei citati 'Nuovi allegati obbligatori' da allegare alla Scia, si dovrebbe però considerare che, nel caso di specie, troverebbe applicazione l'art. 25 del 'Regolamento sale da gioco e giochi leciti", contenente le "Disposizioni finali e transitorie'.