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Loot box, associazioni consumatori Ue: 'Evidente necessità di regole'

03 giugno 2022 - 09:49

Il Norwegian consumer council pubblica studio sull'impatto delle loot box dei videogame sui consumatori e con altre 20 associazioni (compresa l'italiana Adiconsum) chiede maglie più strette e regole certe.

Scritto da Fm
Loot box, associazioni consumatori Ue: 'Evidente necessità di regole'

Sono sempre di più i Paesi che decidono di focalizzare l'attenzione sulle loot box – le “casse premio” dei videogame – e  chiederne la regolamentazione postulando una sorta di “istigazione all'azzardo” verso le nuove generazioni.

La questione torna d'attualità grazie ad un report pubblicato dal Norwegian consumer council, agenzia governativa e organizzazione per la protezione dei consumatori, che ne traccia un ritratto assai poco lusinghiero. Facendo tornare alla mente le parole pronunciate dal senatore Giovanni Endrizzi (M5S) circa un mese fa: "Dobbiamo fare attenzione anche al mondo del gaming".

Parole che poi hanno portato la commissione parlamentare d'inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico a decidere di aprire un ramo d'indagine proprio su questo, raccogliendo le sollecitazioni in tal senso del direttore del Centro nazionale dipendenze e doping dell'Istituto superiore di sanità, Roberta Pacifici, che ha evidenziato le problematiche connesse agli acquisti in app.

Sulla stessa linea di quanto riporta lo studio del Norwegian consumer council, e in virtù del quale le organizzazioni dei consumatori di tutto il mondo si stanno unendo per chiedere una regolamentazione, dall'Italia (con l'Adiconsum - Associazione consumatori e tutela dell'ambiente) alla Germania, dall'Austria alla Danimarca, passando per la Francia, la Polonia, la Spagna e la Svizzera, solo per citarne alcune.

Secondo il rapporto, intitolato "Insert coin: how the gaming industry exploits users using loot box" ("Inserisci moneta: come l'industria dei giochi sfrutta gli utenti usando loot box", Ndr), le casse premio generano “lo sfruttamento dei consumatori attraverso meccanismi predatori, la promozione della dipendenza, il targeting di gruppi di consumatori vulnerabili e altro”, come rimarcato da Finn Myrstad, direttore della politica digitale presso il Norwegian consumer council: “I giochi manipolano i consumatori per spendere ingenti somme di denaro attraverso marketing aggressivo, sfruttamento di pregiudizi cognitivi e probabilità ingannevoli”.

Il report evidenzia pratiche problematiche, tra cui: “Sfruttare i pregiudizi cognitivi e le vulnerabilità attraverso il design e il marketing ingannevoli; usare strati di valute virtuali per mascherare o distorcere i costi monetari del mondo reale; mirare a bottino e pratiche manipolative nei confronti di minori; un'evidente necessità di regolamentazione”.
 
Lo studio riferisce inoltre che “nel mondo più di 2,8 miliardi di consumatori giocano regolarmente ai videogiochi, inclusi bambini, adolescenti e adulti. L'industria ha storicamente generato entrate in gran parte dalla vendita di videogiochi. Negli ultimi due decenni, gli acquisti in-game, ovvero le vendite in-game di contenuti digitali aggiuntivi, sono diventati una delle principali fonti di entrate per il settore, generando oltre 15 miliardi di dollari nel 2020”.
Tale industria però, dicono dal Norwegian consumer council, “ha ampiamente eluso il controllo normativo. I modelli di business prevalenti sono tecnicamente complessi o nuovi. I videogiochi sono considerati un mercato dell'intrattenimento di nicchia da molte autorità”.
Per poi giungere ad una richiesta formale rivolta verso le autorità nazionali e dell'Unione europea: “Dare la priorità alle indagini e agli interventi normativi” elaborando “una serie di misure, tra cui il divieto di design ingannevole, protezioni aggiuntive per i minori e trasparenza transazionale. Le autorità e l'industria devono assumersi la responsabilità di garantire un ambiente sicuro per i giocatori”.
 
Una richiesta che nei giorni scorsi in Italia ha riguardato anche un'altra “branca” del mondo del gaming: quello delle sale Lan e degli esports, oggetto in Italia di dibattiti e polemiche, dopo il sequestro, da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, di tre sale Lan in diverse città a seguito di un esposto presentato dall'operatore Sergio Milesi (Ad di Led Srl) chiedendo di verificare l’operato di quei locali che offrono intrattenimento basato su nuove tecnologie pur senza avere le carte in regola.
Un “caso” che ha spinto Adm ad intervenire, con una circolare apposita, e, a breve, con l'introduzione di una comma specifico nel Tulps, e anche la politica ad occuparsi in massa del tema, fra appelli delle Regioni e interrogazioni al Governo italiano e al Parlamento europeo.
 
Ben vengano quindi il dibattito, il confronto, purché non siano “sterili” ma finalizzati ad addivenire finalmente a una regolamentazione del comparto amusement tout court – compresi ovviamente gli apparecchi, da noi alle prese con l'odissea delle autocertificazioni e i tanti dubbi sul mantenimento del parco macchine attuale – che gli consenta un po' di stabilità. Auspicio da estendere anche al “cugino” gioco pubblico, anche lui in attesa di riordino e chiarezza.
 

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