Va condivisa “l'opportunità di una regolamentazione specifica per gli esports a livello nazionale, purché venga adottato un approccio su misura per il settore che consideri le sue peculiarità e garantisca quindi un contesto normativo agile e flessibile, in linea con la sua natura di mercato emergente, in costante evoluzione ed estremamente internazionale”.
Questo è quanto viene sottolineato da Iidea - Italian interactive digital entertainment association, l’associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia, nella memoria presentata dopo l'audizione di fronte alle commissioni riunite Cultura e Lavoro della Camera dei deputati nell'ambito dell'esame della risoluzione riguardante l’introduzione di una disciplina degli esports proposta dal deputato del Movimento cinque stelle Andrea Caso.
Secondo l'associazione, inoltre, qualsiasi intervento da parte del legislatore nazionale deve tener “conto dell’indirizzo politico espresso con la risoluzione su sport elettronici e videogiochi del Parlamento europeo del 10 novembre 2022, approvata all'unanimità con un raro allineamento tra le forze politiche. Quest’ultima ha particolarmente sottolineato la distinzione tra videogiochi competitivi (esports) e sport, mettendo in evidenza come i primi facciano parte dell'industria dei videogiochi. Inoltre, ha riconosciuto il valore strategico di questa industria all’interno del più ampio comparto delle industrie culturali e creative in Europa. Le successive conclusioni approvate dal Consiglio europeo lo scorso 24 novembre 2023 hanno confermato questa impostazione, rafforzando la dimensione culturale e creativa del settore dei videogiochi e chiedendo agli Stati membri un maggiore impegno per aiutare l'industria a crescere e a rimanere competitiva”.
Nella memoria quindi si legge: “Gli obiettivi di un intervento normativo nazionale dovrebbero essere rimuovere gli ostacoli normativi che attualmente limitano lo sviluppo del settore in Italia, incidendo negativamente sull’attrattività del nostro Paese a livello internazionale, e promuovere le opportunità di impresa e di lavoro nel settore.
Competizioni di videogiochi - Le competizioni di videogiochi nazionali dovrebbero essere escluse dall’applicazione della normativa sulle manifestazioni a premi, che attualmente limita in modo significativo lo svolgimento di questo tipo di attività. Dovrebbero invece essere soggette ad una normativa specifica basata su poche regole ma certe e di facile esecuzione per gli organizzatori, in linea con quelle previste per l’organizzazione di eventi culturali.
Contratti di lavoro dei giocatori - Il tema dei contratti dei giocatori dovrebbe essere affrontato tramite una adeguata ricognizione delle esigenze in campo, che analizzi e tenga in considerazione tutte le specificità del settore (tra cui l’utilizzo di opere dell’ingegno e l’alto livello di internazionalità). L’istituzione di un tavolo tecnico che coinvolga i produttori e gli editori di videogiochi, gli organizzatori di competizioni videoludiche, i team e i giocatori è dunque un momento preliminare imprescindibile per giungere a definire delle linee guida condivise. Punto di partenza dovrebbe essere la definizione di giocatore professionista e la considerazione della disciplina giuslavoristica già vigente, ad esempio, per i professionisti del mondo dello spettacolo.
Misure di sostegno al settore - Si suggerisce l’adozione di specifiche misure di sostegno per il settore, con l’obiettivo di sviluppare opportunità di impresa e di lavoro come, ad esempio: iniziative di formazione dedicate ai diversi profili professionali richiesti nel settore; sviluppo di infrastrutture adeguate allo svolgimento dell’attività, come arene, studi di broadcasting e sale Lan dove i giocatori possano praticare il videogioco competitivo e dove le comunità di giocatori possano incontrarsi e formarsi; agevolazioni per la partecipazione a competizioni internazionali da parte di team o singoli giocatori; visti speciali per i giocatori, come quelli previsti per gli eventi culturali, per facilitare la mobilità internazionale e promuovere lo scambio interculturale; incentivi fiscali, come crediti fiscali per le sponsorizzazioni, con lo scopo di facilitare gli investimenti nel settore e permettere la sostenibilità finanziaria delle iniziative. A tal proposito, Iidea ritiene valga la pena richiamare in questa sede come già il disegno di legge (S.970) 'Regolamentazione delle competizioni videoludiche' (a firma del senatore leghista Roberto Marti, Ndr), attualmente in esame al Senato, rappresenti un ottimo punto di partenza per un’equilibrata e ragionevole normativa che intervenga sullo sviluppo del settore in Italia”.
Là dove la risoluzione 7/00178 si propone di “creare infrastrutture che possano ospitare competizioni e centri di riferimento per gli e-sports anche riconoscendo una lega e-sports nazionale che possa facilitare l'accesso a questo mercato e favorire la collaborazione tra operatori, federazioni e operatori pubblici e private”, Iidea accoglie positivamente “la creazione di infrastrutture che possano ospitare competizioni e centri di riferimento per gli esports, ma non è invece favorevole all’istituzione di una lega nazionale esports. Il modello mutuato dall’ordinamento sportivo, dove una federazione nazionale nello stesso tempo regola e organizza delle competizioni sportive su base territoriale ('campionato nazionale'), non è compatibile con le dinamiche del settore degli esports. Come rilevato dalla sopra menzionata risoluzione su sport elettronici e videogiochi del Parlamento europeo del 10 novembre 2022, gli esports e lo sport sono 'settori diversi, non da ultimo perché i videogiochi utilizzati per giochi competitivi o esports sono giocati in un ambiente digitale e appartengono a soggetti privati che godono del pieno controllo giuridico e di tutti i diritti esclusivi e incondizionati sui videogiochi stessi'. Attualmente, gli esport non sono considerati sport in nessun Paese europeo. Lo stesso Comitato olimpico internazionale, nel comunicato del 12° Summit olimpico del 5 dicembre 2023, ha dichiarato che gli esports non diventeranno parte delle discipline dei Giochi olimpici ma saranno invece oggetto di un evento separato chiamato 'Olympic esports games' con una struttura e un'organizzazione diversa da quella adottata per gli sport tradizionali.
Le ragioni che rendono incompatibile il modello dello sport per gli esports sono le seguenti: Gli esports si basano sull’utilizzo di opere dell’ingegno protette (i videogiochi) - Gli esports si basano sull’utilizzo di videogiochi, ovvero di opere dell’ingegno di titolarità dei rispettivi editori e sono protette dal diritto d’autore. Ogni videogioco utilizzato negli esports è una creazione unica di una specifica società di videogiochi, la quale possiede e investe nella proprietà intellettuale associata a quel gioco e alla sua linea di prodotti. Questo implica che sia necessaria l'approvazione preventiva della società titolare dei diritti per organizzare competizioni, trasmettere in streaming, creare contenuti video o anche solo giocare pubblicamente ai videogiochi. Le società di videogiochi concedono l’utilizzo delle loro opere in licenza a vari portatori di interessi, sia privati che pubblici, a pagamento o gratuitamente. L'applicazione della regolamentazione sportiva potrebbe avere un impatto negativo sull'ecosistema degli esports, limitando l’innovazione di un settore in continua evoluzione e creando barriere che scoraggerebbero gli investimenti privati nello sviluppo dei videogiochi competitivi.
Ogni videogioco è un’opera dell’ingegno a sé, quindi gli esports non possono essere gestiti tramite una federazione come nello sport - Il modello predominante di governance sportiva nell'Unione Europea delega l'autorità per ciascuno sport specifico a un organo nazionale di governo, tipicamente rappresentato dalle federazioni sportive. L’organo è responsabile delle regole, delle politiche di competizione, degli eventi e, in generale, degli standard legati allo specifico sport. Tale modello difficilmente può applicarsi alle competizioni di videogiochi. Il termine 'esports' indica, infatti, genericamente competizioni in dozzine di generi di videogiochi, ciascuno caratterizzato da una diversa fase del ciclo di vita e distinte proprietà intellettuali, regole, pratiche di licenza, strutture competitive, livelli di accessibilità, supporto e basi di giocatori. Ogni videogioco giocato competitivamente è unico a causa del lavoro creativo coinvolto, una dinamica che non ha paralleli nello sport, dove a volte più discipline sportive rientrano sotto una singola federazione. Regolamentare tutte le competizioni videoludiche come una singola attività ignorerebbe le complessità sopra menzionate e limiterebbe lo sviluppo del settore degli esports come parte dell’industria culturale e creativa. Non fanno eccezione i videogiochi di simulazione sportiva, i quali sono prodotti di intrattenimento e non sono concepiti per addestrare, migliorare o mettere alla prova le condizioni fisiche dei giocatori, come avviene negli sport.
Una classificazione degli esports come sport in Italia porterebbe a una frammentazione del mercato europeo - Come già sottolineato, fino ad oggi nessuno Stato membro dell’Unione Europea ha ufficialmente riconosciuto gli esports come uno sport. Un approccio diverso da parte di uno Stato membro frammenterebbe il mercato europeo impattando negativamente sul mercato unico digitale che richiederebbe agli operatori ad adattarsi a quadri giuridici diversi quando operano nel paese o nel resto dell'Unione Europea. Tale frammentazione scoraggerebbe gli investimenti sia a livello nazionale che europeo, riducendo la possibilità di competere con mercati di alto livello come quello statunitense o cinese. La prima citata risoluzione riconosce infatti che 'a causa della natura senza frontiere degli esports, l'Unione europea è il livello appropriato per affrontare le sfide'. Si rischierebbe quindi di compromettere la competitività italiana, che deve essere invece tutelata e promossa, anche in linea con il lavoro che il Governo sta portando avanti nell’ambito del made in Italy.
Sarebbe sbagliato diffondere il messaggio che giocare agli esports equivale a praticare uno sport - La classificazione degli esports come sport potrebbe contribuire a diffondere la percezione tra i cittadini che giocare a un videogioco e praticare attività fisica siano attività comparabili. Tuttavia, mentre i giocatori di esports interagiscono digitalmente con un'opera d'autore, ciò che effettivamente qualifica uno sport è l'esecuzione di un'attività fisica. Gli esports mancano di una componente fisica diretta, poiché le azioni dei giocatori sono principalmente eseguite tramite dispositivi di input come tastiere, mouse e controller, anziché attraverso movimenti fisici intensi e coordinati che coinvolgono l'intero corpo. Negli sport competitivi, le abilità motorie sono fondamentali e richiedono una gamma di movimenti fisici precisi e coordinati per competere efficacemente. Queste azioni richiedono forza, resistenza, agilità e velocità fisiche. Al contrario, negli esports, il focus è principalmente sulle capacità strategiche, comunicative e sulla conoscenza del software, senza implicare uno sforzo fisico diretto. La distinzione tra esports e sport non preclude tuttavia le importanti sinergie e collaborazioni tra i due mondi che si fondano su valori e competenze positivi simili. A tal proposito, lo scorso 2 maggio 2023, il Comitato promotore esport Italia del Coni e Iidea hanno firmato una lettera di intenti che ha come oggetto l’avvio di una collaborazione volta a: promuovere la conoscenza e la comprensione dei settori dei videogiochi e degli esports; diffondere la pratica delle discipline e-sportive, con particolare riguardo agli sport simulati; promuovere lo studio, la conoscenza e la divulgazione delle corrette nozioni legate alle discipline e-sportive; sviluppare giochi elettronici utili a supportare socialmente gli Enti sportivi; analizzare le compatibilità dello sport virtuale con le politiche di prevenzione della disuguaglianza, della discriminazione, dell’emarginazione sociale e del bullismo; costruire un network con gli operatori del mercato nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale”.
Quanto al punto in cui la risoluzione si propone di “riconoscere i videogiochi come forma d'arte e istituire una game commission che possa promuovere finanziamenti volti alla valorizzazione del patrimonio culturale italiano attraverso il gaming”, Iidea condivide l’obiettivo di investire nei videogiochi come “strumento di valorizzazione del patrimonio culturale, ma non ritiene che per il suo raggiungimento sia necessaria l’istituzione di una 'game commission'.
La legge 220/2016 ('Legge Cinema'), che ha introdotto il tax credit per la produzione di videogiochi, ha riconosciuto il ruolo delle Film commission come istituzioni che, con finalità di pubblico interesse, svolgono attività di supporto e assistenza alle produzioni cinematografiche e audiovisive sul territorio regionale e provinciale. Benché i videogiochi siano delle opere dell’ingegno complesse diverse dall’audiovisivo, nel corso degli ultimi anni diverse Film commission hanno iniziato ad interessarsi al settore supportando diverse iniziative a sostegno.
Nel 2016 Iidea ha firmato un protocollo d’intesa con Italian film commissions, il coordinamento nazionale delle Film commissions presenti sul territorio nazionale, con due finalità specifiche: offrire maggiori opportunità alla crescente industria italiana del videogioco, contribuendo ad elevare il livello di competitività del Paese sullo scenario internazionale nel settore; favorire la valorizzazione del territorio e del patrimonio storico, artistico, paesaggistico e turistico del Paese, attraverso il sostegno alla creazione e alla produzione di videogiochi e di applicazioni interattive legate ad esso. Sulla base di questo protocollo, nel tempo sono state realizzate una serie di iniziative, come ad esempio First playable, l’evento B2B internazionale dedicato agli sviluppatori di videogiochi che dal 2019 si svolge in Toscana, con il sostegno economico e organizzativo di Toscana film commission. Nel 2023 diverse Film commission hanno ospitato eventi dedicati alle community locali di sviluppatori di videogiochi, in collaborazione con Iidea. Nel corso del tempo, diverse Film commission hanno inoltre supportato imprese di produzione videogiochi, sia italiane che internazionali, nel loro lavoro di scouting di location sui diversi territori. Si segnala inoltre il progetto Ivipro (Italian video game program) portato avanti dall’omonima associazione culturale, che ha come obiettivo la valorizzazione del territorio e del patrimonio italiano attraverso i videogiochi. Il progetto vede la collaborazione sia di diverse Film commission sia della Direzione generale per il cinema e l’audiovisivo del ministero della Cultura, che ha integrato la mappa di Ivipro in Italy for movies, il portale nazionale delle location e degli incentivi alla produzione cinematografica e audiovisiva. Alla luce di quanto sopra, l'obiettivo dovrebbe essere, quindi, non tanto quello di creare un nuovo organismo, ma piuttosto quello di fornire finanziamenti specificamente destinati ai videogiochi alle Film commission e di potenziare le competenze delle risorse interne delle stesse organizzazioni nel settore videoludico. In conclusione, considerando quanto esposto, l'industria dei videogiochi in Italia accoglie positivamente l'idea di una legislazione sugli esports. Tuttavia, si auspica che tale legislazione non sia eccessivamente restrittiva e complessa, in modo da non scoraggiare gli investimenti nel nostro Paese e l'organizzazione di eventi dedicati. Piuttosto, si auspica che questa legislazione contribuisca a sostenere e promuovere l’industria italiana, aumentandone la competitività a livello europeo e internazionale”.