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Tassa 500 milioni: il 21 novembre parola alla Consulta, tra mille scenari possibili

27 giugno 2017 - 09:14

L'udienza alla Corte Costituzione sulla legittimità della 'tassa sui 500 milioni' imposta alla filiera dei giochi dalla Stabilità 2015 è fissata al 21 novembre, in uno scenario sempre più confuso.

Scritto da Ac
Tassa 500 milioni: il 21 novembre parola alla Consulta, tra mille scenari possibili

Bisognerà attendere il prossimo 21 novembre per conoscere il giudizio della Corte Costituzionale rispetto alla legittimità della norma contenuta all'interno della Legge di Stabilità del 2015 (l’art. 1, comma 649, della legge), che imponeva un sorta di “prelievo straordinario” alla filiera degli apparecchi da intrattenimento per un totale di 500 milioni. Una cifra che – come noto – era stata versata soltanto da una parte degli operatori, in seguito a una contrattazione assai problematica tra concessionari e gestori, con lo Stato che deve ancora incassare circa 160 milioni di euro da quella partita. Molti operatori, infatti, avevamo optato per il ricorso alle vie legali contro una norma ritenuta illegittima, evitando quindi di pagare gli importi “dovuti” al concessionario di riferimento (e, quindi, allo Stato), seppure accantonando, nella maggior parte dei casi, la cifra richiesta, mostrando così la disponibilità a pagare, ma solo se dovuto. E rimanendo quindi in attesa di un verdetto dai tribunali preposti. Una tesi che il Tar del Lazio aveva rimbalzato, come auspicato dagli operatori, alla Consulta, chiedendo un giudizio di legittimità sulla norma in questione, definendola però, nel frattempo, “illogica e contraddittoria”, almeno nella parte relativa alla suddivisione del prelievo basato sul numero degli apparecchi in possesso degli operatori e non sulla redditività.  

 

I DUBBI DEL TAR - La questione di legittimità era stata sollevata dal Tribunale amministrativo del Lazio lo scorso novembre, quando i giudici capitolini evidenziarono dei dubbi in riferimento alla disparità di trattamento e alla ragionevolezza della norma e anche che potrebbe avere "un peso potenzialmente insostenibile" per gli operatori. Sulla base di una serie di ricorsi depositati dagli operatori del comparto (concessionari, gestori ed esercenti) che la lamentavano la "violazione del principio del legittimo affidamento, violazione e contrasto con gli articoli 3, 41, 97 Costituzione".
In particolare, secondo il Tar, la norma presenterebbe "altri profili che rendono la questione di legittimità costituzionale non manifestamente infondata in relazione agli articoli 3 e 41, comma 1, della Costituzione”, mettendo in rilievo “il canone di ragionevolezza”, ritenendo che “la norma contestata presenti dubbi di compatibilità costituzionale con riferimento sia al profilo della disparità di trattamento sia al profilo della ragionevolezza”. La previsione normativa, in sostanza, sembra avere violato i canoni di ragionevolezza e parità di trattamento presumendo, "in maniera illogica" secondo il Tar, che "ciascun apparecchio da intrattenimento abbia la stessa potenzialità di reddito laddove quest’ultima dipende da una molteplicità di fattori (quali, in primo luogo, la differenza tra Awp e Vlt e, poi, ad esempio, il comune, il quartiere, la strada in cui l’apparecchio è situato nonché la sua ubicazione all’interno del locale) che rendono implausibile il criterio scelto dal legislatore”.
Secondo il Tar, quindi, “la descritta irragionevole ripartizione del versamento imposto tra i concessionari poteva produrre un’alterazione del libero gioco della concorrenza tra gli stessi, favorendo quelli che, in presenza di una redditività superiore per singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione al volume di giocate raccolte, un importo minore, per cui possono destinare maggiori risorse agli investimenti e, in senso più lato, favorendo gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi da quelli in discorso”.
COSA E' CAMBIATO... - Nel frattempo, però, tutto è cambiato con la successiva Legge di Stabilità per il 2016. Almeno per l'anno corrente e per quelli a venire. La nuova manovra, in effetti, è intervenuta nuovamente sul settore dei giochi innalzando la tassazione ma andando ad eliminare questo balzello dei 500 milioni che era stato inizialmente previsto dalla precedente legge con cadenza annuale per almeno 5 anni. A rimanere aperta, pertanto, è “soltanto” la questione relativa al versamento della quota relativa al 2015, corrisposta solo da una parte della filiera.
Ad attendere un giudizio, però, oltre ai gestori che si sono rifiutati di pagare il balzello ritenuto “illegittimo”, sono anche i concessionari che quei denari non li hanno incassati e, quindi, in vari casi, non sono stati in grado di versarli allo Stato. Segnalando ai Monopoli di Stato (e, di conseguenza, alla Procura di Roma e alla Corte dei Conti) i gestori inadempienti.
Tra le criticità della norma in questione, in effetti, al di là della legittimità o meno della richiesta a monte, c'è il fatto che il Legislatore non abbia fornito alcuno strumento coercitivo alle concessionarie che consentisse di riscuotere le somme (teoricamente) dovute, che le stesse società avevano più volte chiesto al governo, per non ritrovarsi in una posizione debitoria per “cause di forza maggiore”. Ma anche questo strumento normativo non è mai stato previsto in nessun provvedimento legislativo successivo, con la situazione che è rimasta pressoché immutata, fatto salvo l'intervento interpretativo sulla negoziazione offerto dalla Stabilità 2016. Ora però lo scenario dovrà necessariamente cambiare, anche al di là della pronuncia della Consulta. Sì, perché tra le modifiche di scenario subentrate successivamente alla Stabilità 2015, bisogna anche considerare la limitazione del parco macchine new slot imposta dalla stessa manovra per il 2016 prima e dalla recente “Manovrina”, poi. Adesso, con una riduzione del numero delle slot in esercizio che dovrà essere gestita e garantita allo Stato dagli stessi concessionari, sembra arrivare uno strumento, seppure indiretto, che consentirà ai titolari delle reti quanto meno di “premiare” o meno un determinato gestore rispetto ad un altro. O, almeno, questo è il timore di gran parte degli addetti ai lavori della distribuzione. Ammesso che anche questo possa essere un processo legittimo. Per un altro contenzioso che si prepara ad esplodere nel settore, a meno che il Legislatore non adotti criteri certi e ben definiti e soprattutto idonei alla realtà del mercato.
 
...E COSA PUO' CAMBIARE - Ad oggi appare quasi impossibile fare pronostici rispetto al verdetto che potrà uscire dalla Consulta, e ci si deve limitare a una valutazione di massima dei possibili scenari. Al vaglio della Corte, in effetti, non c'è soltanto il possibile rigetto della questione, cioè la dichiarazione di non costituzionalità della norma (ovvero, l'accoglimento del ricorso: scenario comunque possibile almeno a livello teorico), poiché nel mezzo sono giunte sentenze interpretative di accoglimento e rigetto che possono aprire un ventaglio molto ampio di soluzioni perché i rilievi sottoposti all'attenzione della stessa Corte sono oggi molteplici. E ognuno di questi può essere accolto o respinto, oppure parzialmente accolto o parzialmente disatteso. Ma soprattutto, la norma interpretativa autentica fornita dalla legge di Stabilità per il 2016, che è intervenuta nuovamente sulla questione, potrebbe rientrare nel novero della Corte, oppure no. Con la Consulta che, ipoteticamente, potrebbe anche optare per un nuovo e ulteriore rinvio al Tar del Lazio, chiedendo di rivalutare la questione a causa del mutato contesto rispetto alla situazione iniziale: anche se il profilo su cui incide la Stabilità 2016 è relativo ad uno soltanto dei rilievi posti all'attenzione della Corte, cioè l'aleatorietà dei criteri di ripartizione.
Ci possono essere, quindi, dei rilievi ritenuti “superabili” dall'interpretazione successiva fornita dal Legislatore, mentre altri no, e questi potranno essere legittimati (o meno) dalla Corte. Sta di fatto però che, qualunque sia la pronuncia che potrà fuoriuscire dalla Consulta il prossimo novembre, spetterà poi allo stesso Legislatore attuare le disposizioni. Per questo è difficile attendersi sconvolgimenti clamorosi, anche se la stessa Corte ha già ritenuto illegittimi diversi provvedimenti adottati da quello stesso governo guidato da Matteo Renzi, che potrebbero rappresentare dei precedenti significativi.
 
 
 

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