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L'anno decisivo, per il governo e per il gioco pubblico

04 gennaio 2016 - 11:49

Il governo deve fare i conti con una serie di riforme annunciate ma mai attuate: tra cui quella del gioco, nell'anno decisivo per il comparto tra bandi di gara e nuova tassazione.

Scritto da Alessio Crisantemi
L'anno decisivo, per il governo e per il gioco pubblico

Il 2016 si presenta sempre più come l'anno della verità. Per il governo e per il gioco pubblico. L'anno della resa dei conti, durante il quale l'Esecutivo è obbligato a dare risposte concrete (e possibilmente convincenti) al paese, rispetto alle tante riforme annunciate ma non ancora attuate. Dalle unioni civili all'omicidio stradale, passando per la riforma costituzionale a quella sul terzo settore o alla revisione degli appalti. Tutti impegni assunti dal governo a inizio mandato, ma non ancora portati a termine. Proprio come avvenuto per il settore dei giochi, inserito fin da principio nel calderone dei settori da riorganizzare dalla squadra guidata da Matteo Renzi, salvo poi subire una serie di rimandi; passando, nel frattempo, per i soliti interventi emergenziali e in logica “di cassa” eseguiti attraverso le ultime manovre finanziarie, e poco più.

Ora però è arrivato davvero il momento del redde rationem, sia per il premier che per il comparto. Il paese non può più aspettare e lo stesso vale per gli addetti ai lavori del gioco pubblico, per i quali il 2016 rappresenta un anno a dir poco cruciale. Oltre alle nuove gare pubbliche per i rinnovi delle concessioni di bingo, scommesse, gioco online e gioco del Lotto, in arrivo nei prossimi mesi, a partire già dal primo gennaio sono scattate una serie di misure che rivoluzionano, nel bene e nel male, l'assetto dell'intero settore e, probabilmente, l'organizzazione della filiera. Tra la nuova tassazione inflitta al settore degli apparecchi da intrattenimento e la conseguente rivisitazione del pay out, in aggiunta alle nuove regole di distribuzione, il passaggio al margine per l'imposizione applicata al betting e ai giochi online, il comparto si trova ad affrontare una rivoluzione – impostata dalla Legge di Stabilità - che è soltanto parziale, dunque incompleta. Solo una riforma organica del settore potrà consentire una vera riorganizzazione dell'industria in un'ottica, magari, di sostenibilità. Lo sa bene il governo, come pure il Ministero dell'Economia, del resto, che lo ricorda da tempo: salvo poi rimandare sistematicamente quell'intervento di razionalizzazione troppe volte promesso, ma mai realizzato. Un atto politico che richiede senz'altro coraggio, ma che è divenuto vieppiù necessario. Indispensabile, addirittura, se si tiene conto della realtà in cui si trova il paese, sia dal punto di vista dell'economia nazionale (e locale) che da quello morale e sociale. Il modello attuale di regolamentazione del gioco non sta più in piedi, ed è un fatto. E ciò accade porprio per via della latitanza dello Stato su vari fronti e a vari livelli, che ha generato troppi conflitti sia a livello nazionale (pensando alla cosiddetta “questione territoriale”) che comunitario (con i troppi contenziosi finiti in Corte di Giustizia Europea), finendo col far vacillare l'intero sistema concessorio. Con il gioco rimasto Riserva statale soltanto sulla carta. Per questo è necessario intervenire. Ora, o mai più. Per disinnescare quanto prima le mine posizionare da Comuni e Regioni che rischiano di far saltare il banco, consegnano il settore in mano alla criminalità. Per un autentico “crimine di Stato”, che suona ancor più paradossale se si tiene conto della necessità di una seria attività di recupero dell'evasione fiscale sollecitata anche dal Presidente della Repubblica nel suo discorso di fine anno, che ha definito “inaccettabile” il livello raggiunto dell'economia sommersa, stimato attorno ai 122 miliardi di euro. Di cui oltre 20, come noto, sarebbero riconducibili proprio alle attività di gioco illecito. Eppure, in territori come quello di Bolzano, a partire dal primo gennaio le sale da gioco (legali) sono divenute fuori legge. Con il plauso, appunto, della criminalità che continua a gestire l'offerta illegale (e che si prepara a farlo in maniera ancora più massiccia), accompagnato però, in via ancor più paradossale, anche da quello dei tanti detrattori del gioco che, sia pure inconsapevolmente, vedono nel divieto di installare un gioco lecito una soluzione concreta alla diffusione delle dipendenze, ignorando invece che l'unico risultato possibile di questo tipo di misure è lo spostamento dei giocatori verso forme di gioco illecite. Per le quali non valgono più i limiti di puntata e vincita imposti dallo Stato per i “suoi” giochi e dalle quali il paese non ricaverà neppure un centesimo. Né a livello locale, né come entrate erariali. Senza contare, poi, i pericolosi risvolti in termini occupazionali con le varie imprese che si occupano di giochi costrette a chiudere baracca. Va però detto che proprio in Alto Adige, si è iniziato a percepire, anche in politica, il disagio creato dalle norme restrittive del gioco pubblico che hanno portato a una massiccia diffusione dei 'totem' per il gioco (illecito) online. Costringendo l'amministrazione a intervenire con un ritocco della norma. E suonando la sveglia, probabilmente, anche all'Esecutivo, che non può più rimanere a guardare.
Il cammino, comunque, sembra essere stato avviato. In primis, con il tentativo di mediazione da ricercare con gli Enti Locali entro il prossimo 30 aprile, messo nero su bianco nella Legge di Stabilità. Poi c'è l'iter parlamentare già avviato dal Senato, che di pari passo con i lavori di Palazzo Chigi, dovrebbe portare alla vera riforma, attraverso il Ddl del senatore Franco Mirabelli. Ma stavolta non c'è più tempo da perdere, per “riorganizzare completamente la distribuzione sul territorio dell’offerta del comparto”, come sostiene – e da tempo – il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, pervenendo a quell'agognato obbiettivo della piena sostenibilità.

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