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Scommesse sportive: se la squadra di calcio diventa un bookmaker

21 agosto 2024 - 10:46

Uno storico club calcistico approva la creazione di sito di betting con il marchio del club, mentre in Europa (e in Italia) impazza il dibattito sulle sponsorship

(Foto: Armando  Paiva, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons)

(Foto: Armando Paiva, CC BY 2.0 , via Wikimedia Commons)

Mentre in Italia si discute – e molto – sull'opportunità di poter sponsorizzare una squadra di calcio attraverso il brand di una società di gioco e mentre nel resto d'Europa c'è un dibattito in corso per la rimozione o limitazione delle sponsorizzazioni dei bookmaker delle maglie dei club - comunque molto diffuse - dall'altra parte dell'Oceano c'è chi si spinge molto più avanti e in direzione decisamente contraria. Al punto da far diventare il brand di una squadra di calcio un nuovo sito di scommesse. Accade in Brasile, dove il Consiglio di Amministrazione del Flamengo – storico club calcistico di fama internazionale - ha approvato la creazione di Flabet, il nuovo sito web di scommesse sportive del club, che sarà gestito da Pixbet, sponsor principale della squadra.
La decisione è stata presa dal Cda del club praticamente all'unanimità, con 123 voti favorevoli e solo quattro contrari. A dimostrazione del fatto che da quella parte della Terra non si ravvisa neppure un tema di opportunità né tanto meno un rischio reputazionale. Come del resto dovrebbe accadere nel resto del mondo, diranno alcuni. Eppure non è così. Anzi.
Tuttavia, nonostante il bookmaker porti il ​​nome del Flamengo, la piattaforma seguirà lo stesso modello di altre che operano sul mercato,  offrendo la possibilità di scommettere su altre squadre e altri sport. Per quella che dalle nostre parti definiremo una semplice “skin”. Trattandosi di una licenza concessa per il marchio Flamengo, com'è evidente, il club calcistico non avrà alcuna responsabilità sulle attività di betting e non dovrà quindi pagare per eventuali perdite subite dal bookmaker, e sarà quindi del tutto indipendente dall'andamento di questo tipo di business (come si è naturalmente specificato nella discussione interna al Cda).
Secondo la stampa locale, il contratto siglato tra il club e la società di gioco, il Flamengo otterrà un minimo di 82,5 milioni di real brasiliani (circa 15 milioni di euro dollari) fino al 2027. Di questa cifra, una quota di 10 milioni di real (oltre 1,5 milioni di euro) sarà versata già per gli ultimi quattro mesi del 2024, mentre i restanti 22,5 milioni di Brl (circa 4 milioni di euro) nel 2025 e la parte restante nel 2026 e nel 2027.
Con la clausola ulteriore che il Flamengo potrebbe ricevere ancora più soldi dall'accordo se l'1 percento dei ricavi lordi delle scommesse superasse il minimo garantito di 82,5 milioni di Brl.
Si tratta quindi di un mero accordo commerciale e di un'iniziativa di marketing che tende a sfruttare (probabilmente al massimo) il felice connubio esistente tra il mondo del calcio e quello del betting, in un paese dove questa disciplina rappresenta una sorta di religione per gran parte della popolazione. E che avviene in un momento non casuale, in quanto il paese ha avviato in questi mesi la regolamentazione del mercato del gaming online. Ed è proprio per questo che la notizia di questa iniziativa sembra stridere con ciò che invece accade in Europa: dove è vero che ci sono forti resistenze e richieste di restrizioni per limitare il rapporto tra sport e scommesse (e gioco a vincita più in generale), ma ciò accade in seguito a una serie di eccessi e di campagne particolarmente spinte da parte di società di gioco che nel tempo sono finite col tappezzare stadi, club, programma tv e ogni ambiente collegato al mondo del calcio e dello sport più in generale. Trattandosi di mercati ormai consolidati e in un certo senso “antichi”, dove la regolamentazione è avvenuta diversi anni indietro e in maniera progressiva, seguendo le esigenze e le sensibilità che si venivano a generare nel tempo. Tutto questo, naturalmente, al netto di varie derive ideologiche, proibizioniste o semplicemente strumentali che ci sono sempre state e continuano ad esserci, quando si parla di gioco. Soprattutto in Italia. 
 

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