Si intitola Zahhak il videogame iraniano nel quale le ragazze danno una lezione ai mullah e all'Ayatollah.
Dopo il sostegno del bomber della nazionale di calcio, Mehdi Taremi, che su Twitter si è espresso chiaramente contro la condanna a morte di altri sportivi (i campioni di karate Mohammad Mahdi Karmi e Saleh Mirhashemi Baltaghi, condannati alla pena capitale per “Muharebeh” (inimicizia contro Dio), si è mosso anche il mondo degli schacchi (uno degli sport nazionali in Iran), seguendo Sara Khademalsharieh, che ha deciso di sfidare le regole giocando i mondiali rapid e blitz in Kazakhistan senza il velo islamico, rafforzando la battaglia di numerosi giovanissimi scacchisti contro il regime.
I giovani, a partire dalle donne (quelle che più di tutti subiscono la segregazione imposta dal regime), da mesi ormai lottano per la libertà, diventandone un simbolo davanti agli occhi del mondo.
E ora ecco Zahhak, videogame per dispositivi mobile (reperibile su Play store e su Steam), che rappresenta a modo suo un modo per andare contro al regime. La presentazione inizia con riferimenti chiari alla cronaca recente: “dopo l'omicidio di Mahsa Amini, le leonesse del villaggio insorgono per il suo sangue”.
Nel videogioco l'obiettivo è sconfiggere l’Ayatollah Ali Khamenei e rovesciare il suo regime. La guida suprema dell’Iran viene raffigurata attorniata da serpenti, con le sembianze di Zahhak, potente demone della mitologia persiana dalle sembianze di rettile, che rappresenta l’oppressione sul popolo.
Il gioco è una sorta di picchiaduro con grafica semplice, in 2D. Si lotta a suon di pugni, calci e tirate di capelli, con i capelli che sono peraltro l'emblema della rivoluzione delle donne iraniane. Nei panni delle protagoniste, definite "le leonesse", attraversando ambientazioni oscure e paurose come carceri, rovine, cimiteri (ove vengono ricordate le vittime, quelle reali, dell'oppressione), l'obiettivo del gioco è sconfiggere mullah, generali e leader del regime, fino a raggiungere il boss finale, ossia l’Ayatollah.
La grafica poco appariscente scelta dal team di sviluppo Swedenmark Studios lascia tutto il palcoscenico a contenuti e simbolismi, e come accennato al ricordo di Neda Agha Sultan, Arash Sadeghi, Navid Afkari, Sohail Arabi, Sarina e Nika, e a tutte persone considerate vittime del regime iraniano.
La forma di protesta ludica si aggiunge ad altre che sfruttano la potenza del digitale e della rete. E a confermare quanto tutto ciò infastidisca il regime basta notarne la reazione, che punta sempre più all'oscuramento della connettività come metodo principale per controllare i propri cittadini, la diffusione di idee e conoscenza e, ora, anche i pericolosi giochi mobile.