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Ode alla bisca

14 gennaio 2023 - 10:10

Marco Trucco, uno dei pionieri del settore, offre il suo personalissimo punto di vista sui poker club.

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Nuovo appuntamento con la rubrica "A carte scoperte" curata da Marco Trucco, uno dei pionieri del poker online, pubblicata sulla rivista GiocoNews (consultabile integralmente online a questo link).

Allora. Tecnicamente questo pezzo costituisce apologia di reato perché mi appresto a “pubblicamente esaltare e/o manifestare la correttezza e la giustificabilità di atti ritenuti illeciti dall'ordinamento giuridico” (art. 414 c.p.). Ma dato che su Gioco News scrivono eccellenti avvocati, e il direttore apprezza gli attaccabrighe, correrò il rischio di “multa sino a euro 206”. (Del resto ogni sera in TV c’è qualcuno che giustifica i terroristi russi e a nessuno è stata comminata finora, e, inoltre, la fattispecie di cui sto per fare apologia è inserita da dottrina e giurisprudenza tra quelle che costituiscono la “polizia dei costumi”, un principio che, ecco, vorrei veder sparire prima da noi che in Iran).


Ovviamente parliamo del reato di esercizio e partecipazione al gioco d’azzardo (art. 718-720 c.p.) poiché non esclude i giochi di abilità con vincita in denaro dal vivo. Naturalmente so che diverse pronunce della Cassazione hanno creato un’area grigia di tolleranza. Ma non mi interessa difendere quanto acquisito, cioè i torneini di copertura, i paraventi, no. Voglio proprio pubblicamente esaltare quello che consentito non è: il torneo con un buy-in che valga la pena giocare, con rebuy illimitato e un bel garantito, e ovviamente il cash game, non nel tavolo del retro, ma alla luce del sole, con la lavagna dei nomi in attesa all’1/2 e al 2/5. Quella che i giornali chiamano pigramente “bisca”. Quello che i giocatori chiamano “circolo”. Quello che nel mondo civile si chiama “poker club”. 

Voglio esaltare i proprietari, che aprono le serrande ogni sera e sudano freddo tutte le notti al passaggio di ogni maledetta sirena per la via, anche se è quella casuale di un’ambulanza o dei vigili del fuoco; e poi la serranda la chiudono, nell’ora che c’è nell’aria la luce dell’alba, l’odore dei cornetti caldi, il tramestìo di stecche di tapparelle che si alzano ai piani rialzati; salutano i dealer, le dealer, il barista, la security guard che se ne vanno stanchi, cento euro guadagnati in tasca, verso macchine che si mettono in moto a stento, alle volte l’umidità, altre volte la batteria che è quasi andata, e tutte le mani della serata, i piatti giocati, chi ha vinto il torneo sono già dimenticati, si va a dormire che domani sera si riapre. 


Voglio esaltare i giocatori, tutti: quelli che vincono, quelli che perdono – tutti quelli che abitano la bisca e ci portano dentro la loro storia e la fatica di conquistare un gesto di gloria, una dannata soddisfazione alla fine di una settimana da cani, e se il torneo non va è ovvio che si siedono al cash, è troppo presto per andare a dormire da sconfitti, basta una mano per rifarsi; e c’è una birra e poi un caffé e una birra ancora, un toast prosciutto e formaggio alle tre di mattina al banco del bar. E anche chi non è amato da nessuno, lo amo io: gli arroganti, i maleducati, gli aggressivi, i rancorosi, i disgustati, i cattivi pagatori, i mortiferi, i taccagni, i bestemmiatori, gli insopportabili che passano la notte attaccati alle carte e letteralmente circondati da persone migliori, resi quasi inoffensivi da esse perché accettano di sopportare il loro canale aperto di spurgo, di sfogo, mentre scende il flop, il turn, il river in un duello silenzioso e le chips cambiano di mano. Ma voi avete idea di cosa produrrebbe tanta rabbia esplosa nelle case, nelle famiglie, negli stadi, nelle auto sulle tangenziali? Avete un’idea del fatto che la gente vive per provare gioia e dolore? La “polizia dei costumi”  ha mai percepito qual è, nella realtà – non nell’astrazione – l’alternativa a giocare per provocare quel dolore? E di quanto è futile l’ideale dell’anestesia? 


La bisca, dicono, è un problema di ordine pubblico. L’idea è che il gioco causi la detonazione degli animi, che è più o meno come credere che un parafulmine crei la scarica a terra di un temporale. No. Ogni sala da poker che apre i battenti è una scatola che assorbe veleno, un imbuto che incastra energia attorno a un ovale di panno, e restituisce – alla fine della notte–, sì, gioia e tristezza in parti ineguali, ma soddisfatte, scaricate, deflagrate. Uomini che si guardano allo specchio nel bagno sul retro e abbozzano una smorfia.       
 C’è stato un tempo in cui i casinò italiani potevano pretendere di estendere il loro velenoso monopolio sul poker live, ma ora, semplicemente, quando non sono falliti del tutto hanno certamente fallito questa missione, che del resto non è mai stata la loro. Nel casinò è tutto così disumano. 
Venite a cercarmi e a darmi la multa, la pago volentieri: ogni notte in Italia c’è un poker che vive, illegale, clandestino, ma la bellezza che fa la vede solo chi gioca.    

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