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Un ponte (fiscale) tra l'Italia e Las Vegas

24 dicembre 2019 - 10:30

C'è una bella differenza tra la Sin City e i suoi casinò e le nostre case da gioco. Tuttavia a livello fiscale i poker players potranno muoversi liberamente anche oltre Oceano.

Scritto da Ca

“L’imposizione diretta nazionale delle vincite al gioco svolto a Las Vegas è incompatibile con il divieto di ogni restrizione sui pagamenti internazionali e con il principio di non discriminazione”. Quando l'avvocato Massimiliano Rosa e il fiscalista Sebastiano Cristaldi c'hanno comunicato che questo principio era stato scritto in una sentenza ottenuta da loro stessi presso la Commissione tributaria provinciale di Milano, abbiamo traballato sulla sedia. Un colpo da 90, un pieno alla roulette, una scala reale al tavolo da poker, verrebbe da dire. In realtà è quasi un'applicazione anche piuttosto banale e immediata di leggi, regole e principi già scritti.
Già che stiamo parlando di principi uno mettiamolo bene in chiaro prima di scendere nei tecnicismi e nell'avvocatese, in questo articolo di approfondimento: non si può dire con faciloneria che le tasse sulle vincite a Las Vegas non si pagheranno più due volte come già assodato, invece, per quelle nello Spazio economico europeo. E sempre per mano della coppia Cristaldi-Rosa con la sentenza Blanco/Fabretti presso la Corte di giustizia europea. E proprio in riferimento a quest'ultimo grande risultato, la Cge “pesa” assai diversamente rispetto a una Commissione tributaria provinciale. Ma, si sa, intanto un giudice l'ha scritto e da qui si può solo migliorare.

Si tratta, comunque, di una chiave di volta che può finalmente mandare tanti players a misurarsi nella Sin City con la serenità di non vedersi decurtare sostanziose percentuali di eventuali vincite sia nei casinò Usa che al ritorno in patria. In realtà una specie di divieto di doppia imposizione alle World Series già c'era (si aveva la possibilità di pagare subito o dichiarare nel Paese di appartenenza mentre in altri casinò bisognava pagare due volte comunque) ma il rischio che arrivasse poi una pesante tassazione sul suolo italiano c'era. E questo poker player lombardo aveva ricevuto una pesantissima cartella esattoriale per le vincite conseguite in diversi anni di Wsop. C'è voluto tempo, quello della giustizia, e spese legali che potrebbero essere rimborsate, ma, alla fine, Cristaldi e Rosa sono riusciti a far passare il principio che l’imposizione diretta nazionale delle vincite al gioco svolto a Las Vegas è incompatibile con il principio di non discriminazione e di doppia imposizione.

 

IL PARERE DI ROSA E CRISTALDI - Entriamo più nello specifico di una sentenza che apre di fatto, e soprattutto di diritto, un varco piuttosto importante per tutti i giocatori (specie quelli di poker) che potranno finalmente giocare e vincere a Las Vegas soldi nei tornei di poker più ricchi e importanti senza temere di vedere decurtare le loro vincite. 

I giocatori vorrebbero sentirsi dire: ma quindi tutto ok con le tasse sulle vincite anche alle Wsop di Las Vegas e ai tanti altri tornei che si giocano d'estate nella Sin City? La questione non è così semplice e diretta ma ecco l'analisi dei due esperti.

“La Commissione tributaria provinciale di Milano, con la sentenza n. 4457/7/2019 del 24/10/2019, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, ha ritenuto che sia illegittimo tassare le vincite dei giocatori d'azzardo ottenute negli Usa, esentando, nello stesso tempo, dall'imposta sul reddito quelle realizzate in Italia – spiegano i due - infatti, la disparità di trattamento che il Fisco italiano vorrebbe riservare alle vincite al gioco svolto all’estero è incompatibile con il divieto di ogni restrizione ai pagamenti internazionali, nonché con i principi di non discriminazione, di neutralità fiscale interna di eguaglianza e di tassazione in base alla capacità contributiva effettiva, di derivazione dal diritto tributario internazionale e costituzionale”.

La decisione di merito si inserisce nel solco già tracciato dalla Corte di giustizia con la nota sentenza Blanco/Fabretti contro l’Agenzia delle entrate di Roma, pronunciata in data 22/10/2014 nelle cause riunite C-344/13 e C-367/13, con la quale la Corte ha affermato – per quanto riguarda il gioco che si svolge negli Stati membri dell’Unione - che gli articoli 52 e 56 Tfue devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa dello Stato italiano, la quale assoggetti all'imposta sul reddito le vincite da giochi d'azzardo realizzate in case da gioco situate in altri Stati membri, ed esoneri invece dall'imposta suddetta redditi simili allorché provengono da case da gioco situate nel territorio nazionale di tale Stato.

Andiamo più a fondo: “L’imposizione diretta della vincita estera con esenzione dell’analoga vincita conseguita in territorio nazionale, è idonea a discriminare ingiustificatamente il pagamento proveniente dall’estero, in violazione dell’art. 63, co. 2 del Tfue, in base al quale sono vietate tutte le restrizioni sui pagamenti derivanti da prestazioni di servizi (tra cui è compreso il gioco d’azzardo) tra Stati membri dell’Unione europea nonché tra Stati membri e Paesi terzi.

In base alla consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia, una misura nazionale può essere qualificata come restrizione non solo se ha l'effetto di impedire pagamenti, ma anche se è suscettibile di dissuadere i cittadini di uno Stato membro dell’Unione dal trasferire o richiedere pagamenti in un altro Stato terzo, o se è in altro modo in grado di vanificare la libera circolazione dei servizi e dei relativi pagamenti.

È sufficiente che la natura delle misure restrittive sia sostanziale, nel senso che non occorre che la restrizione discenda da una previsione di legge, ben potendo “gli ostacoli amministrativi” rappresentare un intralcio per la libertà dei pagamenti internazionali, allorché non sussista alcuna obiettiva diversità di situazione che giustifichi tale disparità di trattamento, salvo che tale discriminazione possa essere giustificata da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza”.

Le vincite in territorio nazionale sono esentate dalle imposte sui redditi non perché beneficiano di un trattamento privilegiato, ma per evitare la doppia imposizione economica, prima in capo alla casa da gioco e poi sul giocatore: “Pertanto, precisano i giudici di merito, si deve presumere che il medesimo trattamento sia riservato alle vincite in altri Stati anche al di fuori dell'Unione europea, non essendo concepibile che al vincitore sia trattenuta una parte della vincita da riversare all'Erario, a titolo d'imposta, atteso che l'imposizione nelle casa da gioco estere viene effettuata sul monte complessivo delle giocate nette, così come per i casinò italiani”.

Se la vincita a Las Vegas fosse tassata anche nei confronti del vincitore italiano, si verificherebbe un'evidente discriminazione rispetto alle analoghe vincite conseguite presso case da gioco italiane, proseguono gli esperti “che non sono mai soggette ad imposizione diretta nei confronti del vincitore, ai sensi dell'art. 67, comma 1, lett. d) del Tuir, ma assoggettate all'imposta sostitutiva di cui agli artt. 1, 3 e tariffa allegata, del Dpr. 640/1972, con conseguente violazione del Patto bilaterale”.

Ecco le conclusioni: “Il Collegio di merito ha precisato che l’ingiustificata disparità di trattamento riservata al cittadino italiano per le vincite al gioco conseguite all’estero rispetto alle analoghe vincite realizzate in territorio nazionale, costituisce altresì ipotesi di violazione del principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, il quale include quali corollari quelli di imparzialità e di capacità contributiva (artt. 3 e 53 Cost.) e, in ambito internazionale, quello di 'neutralità fiscale interna' (domestic neutrality), per cui ai soggetti che conseguono redditi di fonte transnazionale deve essere accordato lo stesso trattamento fiscale applicabile ai soggetti che conseguono redditi di fonte nazionale, realizzando così la neutralità all'esportazione di capitali”.

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