Due mesi dopo la revoca del Certificate of Occupancy della Texas Card House, martedì la poker room di Dallas ha vinto un ricorso con il Board of Adjustment con un voto di 5-0, il che significa che la sala da gioco può continuare legalmente a funzionare.
I tanti gestori di sale da gioco nel Texas, quindi, tirano un grande sospiro di sollievo. Si temeva, infatti, un effetto domino legale che poteva azzerare un florido movimento di gioco dal vivo che si basa su un escamotage vincente: invece di prelevare rake dai piatti al tavolo i players pagano una specie di affitto del seat e del torneo. È perfettamente uguale ai fini della ridistribuzione dei premi ma per il legislatore, adesso, sembra andare bene. E se in Italia passassimo a questo sistema? Andiamo per ordine.
COM’È ANDATA IN AULA? - Il consiglio si è riunito per discutere la legalità del poker all'interno della città. E un membro del consiglio è arrivato al punto di accusare coloro che stavano cercando di chiudere Tch di essere politicamente motivati. "Sono piuttosto delusa da questo processo, sembrava che l'opinione fosse cambiata da ragioni politiche o forse da un contraccolpo pubblico", ha detto Kathleen Frankford, membro del consiglio, durante l'incontro. Ha continuato a dire che "mi sembra abbastanza chiaro che l'azienda sta facendo ciò che si era prefissata di fare".
Nel gennaio 2019, il CEO di Texas Card House Ryan Crow si è rivolto al Consiglio comunale di Dallas con una proposta per gestire un club di poker entro i confini della città. Chris Caso, che ora è il procuratore della città ma all'epoca ricopriva un ruolo diverso, si è messo al fianco dell'imprenditore e ha detto ai membri del consiglio che riteneva che il modello di business, un club di poker basato sui soci, fosse perfettamente legale.
Tre anni dopo e alcuni legislatori di Dallas stanno tentando di cambiare la loro posizione sulla legalità di TCH e di altre sale da poker nonostante Crow gestisca la sua attività nel modo in cui è stato approvato per operare nel 2019. Frankford, direttore esecutivo della Texas Association di Convention e Visitor Bureau, è andato a battere per la Texas Card House durante l'incontro BOA.
“Sulla revoca del certificato di occupazione non c'è stato alcun argomento convincente e non sono venute alla luce nuove informazioni", ha affermato Frankford. "Sento che avevano le informazioni. Hanno deciso che l'azienda rispettava tutte le regole della legge statale. Ancora una volta, penso che sia stata una pressione politica e se fosse così sarebbe estremamente deludente". Insomma un bel nulla di fatto ed è bastato poco per riconsegnare alla Texas Card House il tutto.
IL POKER RIMANE VIETATO - Il gioco d'azzardo, ad eccezione di alcune riserve indiane, è illegale in Texas: online e terrestre. Ma c'è una scappatoia nel codice penale del Texas 47.04 che lascia la porta aperta per il poker dal vivo. Se i giochi sono equi per tutti i giocatori, i giochi si svolgono in un "luogo privato" e "nessuna persona ha ricevuto alcun vantaggio economico diverso dalle vincite personali", secondo la legge del Texas, i giochi di poker sono legali. Molti interpretano il "beneficio economico" nel senso che fintanto che le sale da poker non prendono il rake dai piatti, le aziende operano legalmente. In Texas, non ci sono sale da poker terrestri all'interno dei casinò. Invece, operano poiché i club e i giocatori pagano una tariffa mensile e/o oraria per giocare, in netto contrasto con le sale da gioco nella maggior parte degli altri luoghi del mondo.
I dealer non prendono il rake dai piatti, perché sarebbe illegale. I membri delle sue quattro stanze (Austin, Dallas, Houston, Rio Grande Valley) pagano $ 30 mensili (o $ 300 all'anno) per l'accesso al club e poi $ 10 giornalieri per un posto a un tavolo da poker.
IN ITALIA POTREBBE FUNZIONARE? - Per la legge italiana l’importante è che vi sia un buy in moderato, no rientri e distribuzione di premi in natura e non in denaro. Ovviamente tutte regole disattese puntualmente dai migliori circoli d’Italia. Ma il settore sta viaggiando su un’ottima linea con molti gestori maturi, seri, aziende vere, case da gioco a tutti gli effetti. Una zona che rimane grigia ma tutto sommato affidabile e alla luce del sole. In molte parti d’Italia, poi, si può proprio giocare sulla base di alcuni precedenti in sede giudiziale. Per questo crediamo che lo Stato dovrebbe pensare anche al poker live nel riordino. Da accantonare il processo di regolamentazione di ormai 11 anni fa con concessioni da centinaia di migliaia di euro di costo. L’unica ricetta può essere il modello francese, parigino: controlli, sicurezza, registro delle associazioni e produzione dei documenti contabili. Le tasse all’erario arrivano lo stesso, non c’è bisogno di strozzare sempre e comunque i business con balzelli ulteriori. Non sarebbe difficile ma, siamo in Italia.