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Ddl Ippicoltura, commissioni Camera in gran parte favorevoli

14 aprile 2022 - 14:39

In diverse commissioni della Camera scatta il parere favorevole alla proposta di legge di Gadda (Italia viva) sulla disciplina dell’ippicoltura. Rinvio in commissione Bilancio.

Scritto da Fm
Ddl Ippicoltura, commissioni Camera in gran parte favorevoli

Sfilza di pareri favorevoli per la proposta di legge “Disciplina dell’ippicoltura e delega al Governo per l’adozione di disposizioni volte allo sviluppo del settore”, presentata dalla deputata Maria Chiara Gadda (Italia viva) che, dopo l'eliminazione della  delega al Governo decisa all'inizio di aprile, incassa il via libera da diverse commissioni permanenti della Camera dei deputati, nelle sedute del 13 aprile.

OK DAL COMITATO PER I PARERI - Innanzitutto, c'è il sì del Comitato permanente per i pareri della I Commissione, il quale osserva che “il provvedimento, pur attenendo all’ippicoltura, ne reca la disciplina sostanzialmente sotto i profili civilistici, fiscali e previdenziali”, ritenendolo, “per quanto concerne il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, “riconducibile alle materie 'sistema tributario dello Stato', 'ordinamento civile' e 'previdenza sociale', attribuite alla competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e), l), o) della Costituzione”. Il Comitato quindi segnala “l’esigenza di modificare il titolo del provvedimento, in considerazione del fatto che, nel corso dell’esame in sede referente, è stata soppressa la disposizione recante delega al Governo per lo sviluppo dell’ippicoltura”.

Secondo quanto si legge nel relativo resoconto dettagliato, il presidente Alberto Stefani, della Lega (in sostituzione del relatore, Igor Iezzi, impossibilitato a partecipare), ripercorre il contenuto del provvedimento, che si compone di tre articoli. “L’articolo 1 definisce cosa debba intendersi per ippicoltura. Più nel dettaglio, ai sensi del comma 1, si prevede che le attività dell’ippicoltura interessano tutti gli equidi, sia destinati alla produzione di alimenti per il consumo umano sia non destinati alla produzione di alimenti. Tali attività, ai sensi del comma 2, riguardano l’allevamento, la riproduzione, la gestazione, la nascita e lo svezzamento degli equidi, svolte in forma imprenditoriale, e sono considerate agricole ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile. Inoltre, ai sensi del comma 3, sono considerate connesse all’attività agricola le seguenti attività: l’esercizio e la gestione di stazioni di fecondazione, l’assistenza e la gestione della produzione del seme; la doma, l’addestramento, l’allenamento, la custodia e il ricovero dei cavalli; la valorizzazione e la promozione delle razze, autoctone e non autoctone; la gestione e il mantenimento degli equidi, anche qualora siano di proprietà di soggetti terzi non allevatori, a prescindere dall’età degli stessi equidi; la promozione delle tecniche di ippicoltura, tirocini e attività formative in collaborazione con istituti scolastici e allevamenti e le cliniche veterinarie; la promozione e l’insegnamento delle attività di mascalcia (cioè delle attività ferratura dello zoccolo degli animali).
Ai sensi del comma 4, la formazione in materia di discipline equestri, nonché l’assistenza tecnica nel settore dell’allevamento e delle competizioni equestri e ippiche, sono attività di prestazione di servizi utili allo sviluppo del settore agricolo e dell’intera filiera della ippicoltura.
In base al comma 5, alle attività di ippicoltura si applicano le disposizioni fiscali e previdenziali vigenti previste per il settore agricolo.
Ai sensi del comma 6, alla cessione e vendita degli equidi si applica l’aliquota Iva ridotta del 10 per cento. Il comma 7 prevede che gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato dalle imprese che esercitano attività di ippicoltura sono considerati, ai fini previdenziali e assistenziali, lavoratori agricoli dipendenti. Il comma 8 stabilisce il divieto di destinare alla filiera alimentare gli equidi impiegati a scopo sociale o terapeutico. L’articolo 2 prevede la clausola di salvaguardia, stabilendo che le disposizioni della proposta di legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
L’articolo 3 prevede la clausola di copertura finanziaria per gli oneri derivanti dall’articolo 1, pari a 5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021".
 Per quanto riguarda l’ippicoltura come disciplina zootecnica, Stefani "ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 173 del 2014 ha sostenuto che: 'il significato corrente del termine zootecnia richiama indubbiamente l’attività diretta all’allevamento e allo sfruttamento degli animali produttivi, cioè idonei a fornire all’uomo un’utilità di natura economica'; e che 'ciò è confermato dal rilievo che l’attività zootecnica è stata sempre considerata, proprio in tema di riparto di competenze tra Stato e regioni, come inscindibile dalla materia dell'agricoltura – di competenza residuale regionale ai sensi dell’articolo 117, quarto comma, della Costituzione – ed anzi come un settore, un aspetto particolare di questa ' (sentenza n. 123 del 1992). La Corte ha, viceversa, ritenuto che al paradigma della 'tutela della salute ', materia ascrivibile alla competenza concorrente di cui al terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione, sono riconducibili gli obiettivi di tutela igienico-sanitaria e di sicurezza veterinaria (sentenza n. 222 del 2003)”.
 
L'ANALISI DELLA COMMISSIONE BILANCIO - In commissione Bilancio, Fabio Melilli (Partito democratico), presidente in sostituzione del relatore, precisa che “il testo iniziale e gli emendamenti approvati non sono corredati di relazione tecnica.
Passando quindi all’esame delle disposizioni che presentano profili di carattere finanziario, segnala quanto segue. In merito ai profili di quantificazione degli articoli da 1 e 3, recanti Disciplina dell’ippicoltura e disposizione finanziaria, evidenzia che l’articolo 1 reca disposizioni concernenti l’esercizio dell’ippicoltura ed individua, in particolare, specifiche attività che sono qualificate, ai fini fiscali, come reddito dell’imprenditore agricolo, se esercitate da quest’ultimo, ovvero come reddito derivante da 'altre attività agricole '.
In proposito, rileva che le norme introdotte determinano un ampliamento delle fattispecie ricorrendo le quali l’allevamento di cavalli rientra tra le attività agricole soggette a un inquadramento fiscale e previdenziale speciale più favorevole e stabiliscono l’applicazione dell’aliquota Iva al 10 percento per la cessione e la vendita degli equidi anche quando destinati a usi diversi dalla preparazione di prodotti alimentari. Segnala che, a fronte di tali previsioni, di carattere oneroso, l’articolo 3 quantifica gli oneri in 5 milioni di euro – si presume annui– configurandoli come tetto di spesa ('pari a') e provvede alla loro copertura mediante riduzione del Fondo esigenze indifferibili, di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 (legge di Stabilità per il 2015) iscritto sul capitolo 3076 dello stato di previsione del ministero dell’Economia e delle finanze. In proposito, a suo parere, andrebbero pertanto preliminarmente acquisiti i dati e gli elementi conoscitivi sottostanti l’individuazione del predetto onere, ai fini di una verifica della congruità dello stesso.
Inoltre, data la disciplina in cui si inseriscono le disposizioni in esame, andrebbe acquisita la valutazione del Governo circa l’effettiva possibilità di ricondurre l’onere entro un limite massimo di spesa annua e riguardo alle procedure volte a garantire l’effettivo rispetto di tale limite. In merito ai profili di copertura finanziaria, rileva che il comma 1 dell’articolo 3 provvede agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 1 – pari a 5 milioni di euro a decorrere dal 2021 – mediante corrispondente riduzione del predetto Fondo per esigenze indifferibili. Al riguardo, osserva che – alla luce del decreto di ripartizione in capitoli del bilancio dello Stato per il triennio vigente – la dotazione del Fondo in questione risulta pari a circa 176 milioni di euro per l’anno 2022, a circa 302 milioni di euro per l’anno 2023 e a circa 387 milioni di euro per l’anno 2024 e che, con specifico riferimento all’anno in corso, sulla base di un’interrogazione effettuata alla banca dati della Ragioneria generale dello Stato sul Fondo medesimo risultano al momento disponibili circa 58 milioni di euro. In tale quadro, osserva preliminarmente che dal tenore letterale del testo – in difformità a quanto al riguardo stabilito dall’articolo 17, comma 1, della legge di contabilità pubblica n. 196 del 2009 – non risulta espressamente indicata, con riferimento a ciascun intervento oneroso da esso previsto per ciascun anno interessato, la spesa autorizzata ovvero le relative previsioni di spesa, giacché l’onere complessivo indicato all’articolo 3 viene ricondotto – in forma cumulativa e indistinta – alle diverse misure recate dall’articolo 1.
Fermo restando quanto in precedenza evidenziato in ordine ai profili di quantificazione e alla possibilità di qualificare gli oneri derivanti dal provvedimento entro un limite massimo di spesa, segnala comunque l’esigenza di aggiornare la decorrenza degli oneri stessi, tenuto conto dell’avvenuta conclusione dell’esercizio finanziario 2021, cui il testo fa invece ancora esplicito riferimento. Inoltre, a fronte di oneri che rivestono natura permanente, reputa necessario acquisire l’avviso del Governo in merito all’effettiva sussistenza delle risorse poste a copertura, onde escludere che le stesse possano già risultare oggetto di impegni eventualmente assunti a valere sugli stanziamenti del Fondo medesimo. Da un punto di vista meramente formale, infine, ritiene che andrebbe specificato il carattere annuo degli oneri indicati a regime”. La vice ministra Laura Castelli si riserva di fornire i chiarimenti richiesti dal relatore, quindi il seguito dell’esame è stato rinviato ad altra seduta.
 
LE PRECISAZIONI DELLA COMMISSIONE FINANZE - In commissione Finanze il relatore Raffaele Baratto (Coraggio Italia), con riferimento ai profili di interesse, “evidenzia innanzitutto che l’articolo 1, comma 3, stabilisce che ai redditi derivanti dalle attività elencate nel medesimo comma, esercitate da un imprenditore agricolo e svolte a favore di terzi, si applica l’articolo 56-bis, comma 3, del Testo unico delle imposte sui redditi (decreto del presidente della Repubblica n. 917 del 1986). La citata disposizione stabilisce che il reddito delle attività connesse all’attività dell’impresa agricola è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’Iva il coefficiente di redditività del 25 percento”.
Poi rammenta che “ai fini fiscali, la lettera b) del comma 2 dell’articolo 32 del Testo unico delle imposte sui redditi considera agricole le attività di allevamento di animali effettuate con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno. Nei limiti della predetta percentuale di incidenza, il reddito viene determinato, ai sensi del successivo articolo 34 del Testo Unico, mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo, rivalutate del 70 percento, del terreno a qualunque titolo posseduto (proprietà, usufrutto etc.) o condotto in affitto. L’allevamento di animali che, invece, eccede la potenzialità del terreno (1/4 di mangimi ottenibili dal fondo), dà luogo a reddito d’impresa che può essere determinato forfettariamente o in modo ordinario, secondo le risultanze delle scritture contabili. In particolare, per il settore equino, il ministero delle Finanze ha precisato che: i puledri, se non è ancora iniziata la preparazione specifica per le corse, gli stalloni e le fattrici (che hanno terminato l’attività agonistica) sono da considerare capi dell’azienda agricola (circolare 14 agosto 1981 n. 27); l’attività di ingrasso di animali, se il terreno è idoneo a produrre mangimi, costituisce reddito agrario (Commissione Tributaria Centrale 20 giugno 1990 n. 4837).
L’allevamento, nei limiti sopra descritti e in quanto rientrante a dette condizioni nell’attività agricola, segue, quindi, il regime Iva e Irap previsto in generale per le attività agricole. L’allevamento di cavalli da corsa e da equitazione non rientra, invece, nell’ambito delle attività agricole, in quanto, sempre secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle entrate, richiede un complesso di conoscenze tecniche specifiche diverse attinenti all’attività di allevamento agricolo. Pertanto, il reddito derivante dall’allevamento non rientra nella configurazione del reddito agrario, ed è, quindi, tassabile secondo gli ordinari canoni del reddito d’impresa e le ordinarie modalità Iva. I proventi tipici di questa attività di allevamento sono quindi considerati ricavi e, in quanto tali, componenti positivi di reddito".
La commissione quindi formula una proposta di parere favorevole richiamando “i contenuti dell’articolo 1, comma 6, che prevede l’applicazione dell’Iva con l’aliquota ridotta del 10 percento per la cessione e la vendita degli equidi disciplinati dal provvedimento, nonché di quelli impiegati nell’attività sportiva professionale giunti a fine carriera” e segnalata l’opportunità, “anche al fine di concentrare in un unico testo tutte le disposizioni relative alle aliquote Iva, che tale disposizione sia inserita nell’elenco di cui alla Tabella A – Parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 in materia di Iva, coordinandola – anche sotto il profilo dell’indicazione delle specie appartenenti al genere equidi soggette a tassazione – con il n. 1 di tale elenco, che già prevede che a cavalli, asini, muli e bardotti, vivi, destinati ad essere utilizzati nella preparazione di prodotti alimentari, si applichi l’Iva con l’aliquota del 10 percento”.
 
VIA LIBERA DALLE COMMISSIONI ATTIVITÀ PRODUTTIVE E QUESTIONI REGIONALI - Sì al provvedimento anche dalla commissione Attività produttive, dopo l'esposizione del testo da parte del relatore Jari Colla (Lega), il quale sottolinea che tale l’intervento legislativo in esame intende “fornire un supporto legislativo univoco al settore”.
Anche nella commissione per le Questioni regionali, dopo l'illustrazione da parte del relatore Flavio Gastaldi (Lega), è arrivato il parere favorevole, “rilevato che il provvedimento, pur attenendo all’ippicoltura, ne reca la disciplina ai fini civilistici, fiscali e previdenziali ed appare pertanto riconducibile alle materie di esclusiva competenza statale sistema tributario dello Stato, previdenza sociale e ordinamento civile (articolo 117, secondo comma, lettere e), l), o) della Costituzione)”.
 

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