skin

Crisi di governo: giornata decisiva, oggi si fanno i giochi

28 agosto 2019 - 07:57

La trattativa per la formazione di un governo Conte bis è al rush finale: ma restano criticità da risolvere: dalla squadra di governo al programma.

Scritto da Alessio Crisantemi
Crisi di governo: giornata decisiva, oggi si fanno i giochi

 

Sembrava fatta, o quasi, la formazione di un nuovo Esecutivo costituito da Partito Democratico e Movimento 5 Stelle sotto la guida del rinnovato premier Giuseppe Conte. Al termine della prima giornata di consultazioni, dopo le indiscrezioni trapelate dal Nazareno e i riflessi in casa Lega, che già parlava di decisione “contro gli italiani”, sembrava essere arrivato l'accordo, in visto della giornata di oggi in cui i due schieramenti dovranno salire entrambi al Colle per incontrare il Presidente della Repubblica.

Eppure la giornata di oggi, che in un modo o nell'altro dovrà essere decisiva per il futuro del governo, comincia decisamente in salita. Con un primo incontro tra le delegazioni Pd e Cinque Stelle sul programma di governo condiviso avviato di primo mattino, mentre il ministro dell’Interno Matteo Salvini in pectore continua a lanciare frecciate sulla scelta degli ormai ex alleati di stringere un patto con i dem. “Un mese fa era il partito di Bibbiano, oggi è pronto a farci il governo insieme”, dice, parlando di Luigi Di Maio. 

Certo il titolare del Viminale conosce il malcontento di una parte del Movimento che si cela (neanche troppo, peraltro) dietro al tentato accordo col Pd e tenta di giocarsi le ultime carte per riportare gli ex alleati verso la propria sponda e proseguire l'esperienza di governo. Ma forse stavolta è davvero troppo tardi.
 
LA PARTITA SULLE NOMINE - La trattativa “giallorossa” resta comunque ancora dall’esito incerto. In particolare, sono due i punti su cui i Democratici e i grillini devono trovare un’intesa: la nomina del presidente del Consiglio, con la riconferma di Giuseppe Conte che appare comunque sempre più probabile; e il voto sulla piattaforma Rousseau, che Di Maio ha annunciato sempre ieri sera, ma che il Pd legge come uno “sgarbo” al capo dello Stato Sergio Mattarella. Il ricorso alla rete, infatti, può essere visto come un potenziale alibi e una possibile via di fuga, ma forse serve soltanto al Movimento per ribadire un ruolo per il Capo politico Di Maio, il quale intende ottenere il Viminale e la vice premiership, anche se il Pd chiede discontinuità. 
In particolare, nei ragionamenti portati avanti dalle due forze, se Conte viene considerato premier “terzo”, allora dovrebbe essere affiancato da due vice: uno in quota M5S e uno del Pd. Al contrario, se il professore viene considerato in quota pentastellata, allora sarebbe necessario un solo vice, in quota Pd. Non solo. Se Di Maio ha chiesto il ministero dell'Interno, il Pd rivendica per sé quello stesso dicastero. Ma peggio ancora sul fronte della vice premiership, poiché il segretario del Pd non vuole ripetere la diarchia dei vicepremier, soprattutto perché contrario alla stesura di un contratto di governo sul modello dell'accordo tra Di Maio e Salvini di inizio legislatura. Meglio un vicepremier unico, secondo Zingaretti, che propone il suo vice Andrea Orlando. Ma non è tutto. Con la partita degli incarichi di governo si intreccia anche la designazione del candidato italiano alla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. Questo ruolo era stato rivendicato dai Dem, ma ora i Cinque stelle chiedono anche questo incarico.
A proposito del presidente Mattarella: oggi riprendono le consultazioni, con la salita al Colle nel pomeriggio proprio di Di Maio e del segretario Pd Zingaretti. Il capo dello Stato si aspetta dalle delegazioni di M5S e Pd la presenza di un “quadro programmatico comune”, ovvero quel fatidico “perimetro” che Sergio Mattarella desiderava già la settimana scorsa ma che non è ancora arrivato. Probabilmente sarà proprio la parola del Capo dello Stato a portare a una soluzione decisiva e, magari, portare i due fronti a un accordo definitivo. Salvo tornare alle urne, che di certo non conviene a nessuno dei due schieramenti. Se il presidente dovesse "alzare la voce", politicamente parlando, dando una strigliata ai due leader, le sue parole potrebbero avere un'influenza molto pesante sulla trattativa. Se non altro per calmierare le due basi.
 
I NODI SUL PROGRAMMA - Dal punto di vista del programma, le distanze tra Cinque Stelle e Pd potrebbero manifestarsi sul tema banche. In particolare, i pentastellati hanno sempre denunciato gli scandali di Banca Etruria e gli altri crack bancari, accusando direttamente esponenti di primo piano del Pd. Una polemica che potrebbe riemergere, e presentarsi anche al momento della stesura del programma di governo.
Il primo nodo che si frappone al raggiungimento di un'intesa tra Cinque Stelle e Pd per la nascita di un nuovo esecutivo è il ruolo di Giuseppe Conte. Per M5S il professore di diritto privato è da considerare come premier “terzo”, mentre per il Pd Conte va considerato in quota Cinque Stelle. Mentre sugli altri punti (dieci quelli proposti dai 5 Stelle) non sembrano scorgersi grosse divergenze: o, almeno, nessuna che possa apparire del tutto insanabile. Sugli taglio dei Parlamentari voluto dai grillini, per esempio, il Pd intende trattare, preoccupato soltanto della tenuta di un sistema democratico. Come pure sul tema della manovra economica, che entrambi vogliono che sia "equa". Anche su Giustizia, Rai e Conflitto di interessi, non sembrano esserci divari insormontabili. Lo stesso sul fronte della lotta all'evasione e legalità. Un tema dove, nel precedente accordo di governo, era stato inserito anche il tema del gioco pubblico, citato espressamente nel contratto. Ma stavolta non si parla di giochi. Almeno non ancora.

Articoli correlati