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Il grande gioco della politica

19 maggio 2014 - 08:28

Che il gioco in Italia non sia visto di buon’occhio non è certo una sorpresa. Al punto che, su questa materia, si registra sistematicamente una convergenza bipartisan quando si tratta di voler ridurre, limitare o, peggio ancora, vietare la sua distribuzione.

Scritto da Alessio Crisantemi
Il grande gioco della politica

Ora però il presunto ‘problema’ del gioco è finito sotto i riflettori diventando, addirittura, uno dei temi presenti in gran parte dei programmi elettorali di candidati sindaci o aspiranti parlamentari europei. Nell’inchiesta proposta nei giorni scorsi da GiocoNews.it si è visto chiaramente come il gioco sia diventato un tema di ‘interesse’ in tutti gli schieramenti politici. Forse più comodo per rintuzzare i manifesti però, piuttosto che rappresentare un effettivo campo di azione rispetto al quale proporre soluzioni concrete. Tanto per cominciare, la riforma del gioco pubblico è stata già scritta e approvata dal Parlamento attraverso la legge delega, di cui parliamo ormai da mesi, e vogliamo augurarci che i politici che oggi propongono in campagna elettorale la limitazione del gioco pubblico sui territori poi non vorranno tentare di mettere il loro cappello anche sull’inevitabile riduzione dell’offerta, che è stata già da tempo vagliata, annunciata e, addirittura, auspicata anche dagli addetti ai lavori del comparto. E di certo non sarà stato nessun candidato sindaco, né aspirante parlamentare europeo, ad aver fatto qualcosa in questo senso. Anzi, va detto, molti di questi politici farebbero bene a smettere di parlare di gioco visto che l’interesse dei cittadini rispetto alla materia sembra pressoché nullo, e ogni volta che si affronta in pubblico si sentono ripetere proposte o affermazioni assurde, a partire dall’antico refrain dei 98 miliardi di euro ‘scontati’ alle concessionarie delle slot: questione che nessuno si è mai preso la briga di approfondire ma che tutti continuano a citare, senza sapere che quelle cifre non sono mai esistite, ma evidentemente suonano bene nei comizi o nei talk show. Come quello degli incentivi ai locali che tolgono le slot: niente di più palesemente incostituzionale e in contrasto con le leggi dello Stato e la libertà di impresa, ma che tanti, davvero troppi, continuano a proporre come strumento idoneo per limitare la diffusione dei prodotti di gioco. Senza neppure contare, poi, che se dovessero sparire le slot legali dal territorio, sarebbero subito rimpiazzate da prodotti illegali, quelli sì sprovvisti di ogni tutela sia per le casse dello Stato che per i giocatori.

 

Per fortuna però c’è anche qualche eccezione. Poche, sicuramente, ma ce ne sono. Come l’Emilia Romagna, per esempio, dove si sta facendo, ormai da oltre un anno, una attività politica seria mirata a sensibilizzare lo Stato e le istituzioni, insieme ai cittadini e agli operatori, sui profili di criticità di questa attività economica, allo scopo di trovare soluzioni, probabilmente, e non voti o consensi. Ed è proprio questo che tutti dovrebbero fare, invece di gridare allo scandalo quando lo scandalo non c’è.

Del resto, la revisione del comparto del gioco pubblico è già iniziata, e come ha spiegato anche il vice direttore generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Luigi Magistro, in un’intervista all’Avvenire, si sta provvedendo al “ripensamento di alcune situazioni, nell’ambito della legge delega, la quale affida al governo il compito di ridisegnare alcuni comparti fiscali, compresa la revisione di quello del gioco”, con alcune “forme di razionalizzazione, in un’ottica di concentrazione dei punti di gioco”. L’obiettivo, pertanto, è piuttosto chiaro: si tratta soltanto di attuarlo. E magari nel più breve tempo possibile, altrimenti si concederebbe un nuovo argomento da trattare ai detrattori del sistema gioco.

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