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Il gioco pubblico e il ritorno sul Pianeta Terra

22 settembre 2014 - 07:57

Dopo mesi di lavori parlamentari caratterizzati da un alternarsi di buoni propositi e proposte talvolta assai bizzarre, l’intervento dei Monopoli di Stato nei lavori di stesura del Ddl sul gioco patologico acquisito dalla Commissione Bilancio della Camera sembra riportare la discussione sul Pianeta Terra.

Scritto da Alessio Crisantemi
Il gioco pubblico e il ritorno sul Pianeta Terra

Per una presa di coscienza generale che avrà conseguenze inevitabili nell’approvazione del disegno di legge, nel bene e nel male. Sì, perché se da un lato il merito di tale parere è quello di far prendere atto alla politica dell’impossibilità e l’inefficacia di alcuni ipotetici provvedimenti, scongiurando probabilmente l’adozione di norme impraticabili, dall'altro, tuttavia, la stessa analisi lascia evincere che – in perfetta analogia a tutte le altre riforme necessarie, auspicate o tentate in questo paese – non ci sarebbero i fondi, ma neppure le condizioni operative per procedere con la messa a punto del sistema. E ciò non è affatto un bene. Anzi. Dal punto di vista delle imprese, nonostante gran parte del settore guardi con timore alle proposte di riduzione del comparto avanzate nel ddl sul gioco patologico, il mantenimento dello status quo, ad oggi, non significherebbe certo lasciare il mercato in condizioni ideali, in quanto la realtà in cui si opera in questi ultimi mesi, è quella di parziale limitazione dell’offerta su vari territori. Con conseguenze, peraltro, non solo nella filiera ma anche e soprattutto nelle casse dello Stato. In un evidente paradosso che traspare anche nella relazione depositata dal consigliere Italo Volpe dell’ufficio amministrativo dei Monopoli, quando evidenzia come "Ogni disposizione tendente a ridurre il numero degli apparecchi (come quelli tendenti ad introdurre disposizioni più restrittive in ordine alla distanza da luoghi sensibili), comportando una riduzione del gioco legale (che sovente si accompagna a un corrispondente aumento del gioco legale), provoca una riduzione del relativo gettito (il gettito 2013, derivante dagli apparecchi da divertimento e intrattenimento, è stato di circa 4,3 miliardi di euro)". Non solo. Anche rispetto alla proposta di dotare gli apparecchi di lettori di tessere sanitarie o altre diavolerie, il rappresentante dei Monopoli ha spiegato bene come tali interventi comporterebbero modifiche all'intero parco macchine, con investimenti, a carico della filiera, stimabili tra 1 miliardo e 1,5 miliardi di euro. Cioè, non sostenibili. In un momento in cui "le entrate erariali dai giochi registrano per l'anno in corso una contrazione di oltre il 4% rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente”.

 

UN MESSAGGIO CHIARO - Ed è questo forse il messaggio subliminale – ma quanto mai chiaro e concreto - lanciato dall’ente che regola i giochi in Italia: se pensavate al gioco pubblico come la gallina dalle uova d’oro da poter spremere per covare nuovi fondi, sappiate che è stata già spremuta fino all'osso, e difficilmente ci si potrà tirar fuori altro materiale aureo. Basti pensare che il numero degli operatori attivi nella filiera delle slot machine si è ridotto di circa 24.000 unità nel giro di un anno, e non si ha quindi a che fare con fiumi di denaro in tasca alle imprese, come in molti pensavano. La speranza, pertanto, è che la discussione politica avviata - seppure impropriamente - attraverso il Ddl ludopatia serva a compiere una discussione seria e approfondita sul settore, valutandone a fondo tutti gli aspetti e ricavando così informazioni preziose che saranno utili non solo per tale proposta di legge ma anche (e soprattutto) per la definizione dei decreti che andranno ad attuare la delega fiscale. Anche se il timore maggiore è che la materia gioco possa finire in secondo piano dopo essersi resi conto che non ci sono più soldi da ricavare. In questi giorni tuttavia abbiamo sempre dato una lettura ottimista dei fatti ravvisando un cambiamento di approccio da parte di politica e istituzioni nell'affrontare il tema del gioco: per tale ragione dobbiamo pensare al meglio, e cioè che la discussione del ddl porterà a una vera svolta. Magari  arrivando a capire che pure l'affermazione di prima non è del tutto corretta: e cioè che non sono davvero finiti i soldi da ottenere dal settore, perché tanto ancora si può tirar fuori continuando a far emergere il sommerso, che ancora esiste, e che occorre debellare. Ma per riuscirci servirà una riforma vera e degna di tale nome.

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