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Una riforma a metà

26 gennaio 2015 - 11:26

La Legge di stabilità ha dato la scossa al settore. In tutti i sensi. Da un lato, ha riacceso il dibattito (oltre ai riflettori) sul tema della raccolta di scommesse in Italia senza autorizzazione, mentre dall'altro rischia di folgorare un comparto come quello degli apparecchi da intrattenimento. Dopo vari tentativi andati in scena durante la definizione della manovra finanziaria, la mossa finale dell'esecutivo - fin dal primo momento dichiaratamente a caccia di nuove risorse da reperire dal gioco pubblico - è stata quella di prevedere un condono sui centri di scommesse irregolari e di applicare una sorta di prelievo forzoso sulla rete delle slot. Non senza polemiche, in entrambi i casi. E con vari mal di pancia, per via di una serie disposizioni che apparivano fin da subito incomplete, sproporzionate e, in qualche misura, anche irrazionali.

Scritto da Alessio Crisantemi
Una riforma a metà

Vale per la sanatoria sui Ctd, sostenuta eccessivamente onerosa dai gestori di queste attività quanto assurda secondo alcuni bookmaker, e vale ancor di più per la questione dei 500 milioni chiesti agli operatori degli apparecchi e che dovranno versare i tredici concessionari di rete. Ma se nel primo caso sembra che in molti comincino a valutare seriamente l'opportunità di stabilizzarsi regolarmente in Italia - complice anche la pronuncia dei giorni scorsi della Corte Ue (con la speranza che non si tratti soltanto di finte "aperture" verso il sistema italiano, nell'intento di certificare una buona fede al legislatore) - anche nel comparto delle slot si inizia a ragionare in maniera più concreta e razionale sulla ripartizione del nuovo balzello e sull'applicazione del nuovo regime fiscale, anche se non sarà affatto indolore.
Del resto il settore del gioco ha sempre dimostrato un forte spirito adattativo rispetto alle mutazioni del mercato, sia in termini di domanda che da un punto di vista normativo e regolamentare. Rimane il fatto però che la legge di stabilità si rivela una (pseudo)riforma incompleta, su tutti i fronti. E anche se il settore volesse davvero adeguarsi alle nuove regole (nel caso delle slot, va detto, non c'è alternativa, se non il ritorno dell'illegalità, che speriamo di poter escludere dal ragionamento), ci sarebbero comunque dei punti in sospeso da risolvere quanto prima. Lo stiamo vedendo nella discussione attorno al tema dei Ctd, dove esistono ancora troppi punti oscuri ed anomalie, e peggio ancora nella filiera degli apparecchi, dove il nuovo regime fiscale - con tanto di modalità di incasso e versamento completamente rivisitate - è entrato in vigore dal 2 gennaio ma con tutti i contratti tra categorie da riscrivere, ridefinire e rinegoziare, che comportano un lavoro di settimane, se non addirittura mesi. O almeno, così vorrebbe la logica, evidentemente estranea ad alcuni ragionamenti politici degli ultimi mesi.
E' evidente pertanto che la Legge di stabilità si presenta come una manovra incompleta, almeno per quanto riguarda i giochi. Tecnicamente, perché lascia aperti vari fronti e pone troppi punti interrogativi a cui qualcuno dovrà trovare risposte. Ma anche politicamente, poiché interviene in maniera estemporanea su un settore che era già stato sottoposto a una ridefinizione generale attraverso la legge delega. Complicando seriamente le cose. In primo luogo, perché promette di generare una serie di nuovi contenziosi tra Stato e industria che di certo non fanno bene al settore, ma neanche ai cittadini, tenendo conto che lasciare in sospeso alcune questioni in attesa di un giudizio può portare alcuni contesti in un limbo normativo che può essere sfruttato in varie maniere (come la rete dei Ctd ci insegna, proliferando indisturbata da ormai quindici anni). Inoltre, perché rende praticamente impossibile per le imprese che lavorano nel comparto stendere i propri piani di investimento di fronte a una variabilità del contesto così elevata. Si pensi ancora al settore delle slot, dove un concessionario o un gestore si trova oggi a dover ridefinire i contratti che ha già in essere con il titolare di un punto vendita o con il rispettivo partner, dovendo riscrivere i margini sulla base del nuovo prelievo dei 500 milioni, basandosi su uno storico della raccolta degli anni precedenti in cui il prelievo erariale era inferiore di 0,3 punti percentuali rispetto a quello attuale. E a cui si aggiunge il calo del fatturato globale e, ancora, il fatto che l'unica cosa certa della legge delega sembra essere la riduzione del numero di apparecchi da gioco in circolazione. Come fare quindi a definire oggi nuovi regimi quando a cambiare sarà la base imponibile? E' proprio questo il rebus a cui gli addetti ai lavori devono trovare oggi una soluzione (pure rapida, per giunta). E per tale ragione il contenzioso che si prepara ad affrontare la filiera si deve considerare una legittima difesa da parte delle imprese, rispetto a una legge maldestra, oltre che incompleta. Che la delega – possibilmente prima dei tribunali – è chiamata a risolvere e non solo a completare.

 

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