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C'è davvero bisogno di una nuova slot?

24 agosto 2015 - 11:30

Tramontate le speranze di una riforma del gioco attraverso la legge delega, rimane da risolvere la situazione del comparto new slot. La soluzione è in nuove macchine? Se sì, in quali?

Scritto da Alessio Crisantemi
C'è davvero bisogno di una nuova slot?

Fino a qualche settimana fa, cioè fin quando era ancora in piedi l'ipotesi di una riforma del gioco pubblico attraverso l'attuazione delle Legge delega, tutti si erano convinti (o, comunque, rassegnati) dell'arrivo di una nuova generazione di slot machine. Quella che all'interno dell'annunciata (e incompiuta) riforma veniva indicata come una nuova tipologia di apparecchiature collegate “da remoto”. La quale, detta così, poteva sembrare un clone della attuali Awp già in attività – essendo anche queste già collegate in rete e interrogate da remoto – ma che il governo aveva più volte spiegato voler essere una nuova categoria di slot molto più simili nel funzionamento alle Vlt per via dell'accesso ai sistemi di gioco. Facendo quindi capire che si sarebbe voluto abbandonare le schede elettroniche in cui risiedono oggi i giochi delle attuali slot in favore di tecnologie server based che prevedono l'aggiornamento dei giochi a distanza, tramite server che risiedono in una sede fisica 'centrale' (l'amministrazione o il concessionario di rete) e non più all'interno dei giochi e quindi dei locali pubblici. Un progetto che aveva scatenato non poche polemiche nel settore, per via delle varie implicazioni che avrebbe avuto sul mercato anche (e soprattutto) in termini di organizzazione della filiera. Riportando alla luce, in qualche modo, anche il precedente lavoro normativo compiuto dai Monopoli di Stato - insieme alla Guardia di finanza e Sogei - che già prevedeva un cambiamento nel settore delle slot. Quello cioè che avrebbe dovuto dare vita alle cosiddette 'Awp 3', che si era spinto ben oltre il mero annuncio, come accaduto per le slot da remoto proposte dal governo, arrivando anche alla stesura di un decreto tecnico inviato (e approvato!) dal dipartimento industria e imprese della Commissione Europea e quindi pronto per essere attuato. Salvo poi tramontare clamorosamente, nel giro di pochi mesi, a causa dei lavori della politica annunciati rispetto al settore. Per un'altra grande incompiuta, in perfetto stile italiano.
E oggi che di progetti di riforma non ne risultano più all'ordine del giorno, il settore degli apparecchi si ritrova alle prese con i soliti problemi. Da un lato, continua ad essere nell'occhio del ciclone con i tanti detrattori che continuano a considerare gli apparecchi da intrattenimento come la principale causa dei problemi di dipendenza, e a volte quasi come se si trattasse di una delle principali criticità del paese. Dall'altro, ci sono i problemi sul lato produttivo, con le imprese da tempo in difficoltà, per via di una stasi generale delle vendite, dovuta alla contrazione del mercato e alla sostanziale saturazione della rete, a cui si aggiunge, trasversalmente ai due fenomeni, il fatto che su molti territori non si possono più installare giochi a causa delle leggi regionali. Proprio sulla base di questo scenario particolarmente critico (reso ancora più allarmante, per l'industria, tenendo conto che molte leggi locali prevedono la totale scomparsa del gioco dal territorio entro pochi anni), si era andata consolidando l'idea che una nuova generazione di slot potesse essere la soluzione. Proponendo una macchina più “sicura” (tralasciando, in questa sede, le varie considerazioni comunque non banali che si potrebbero fare sul tema) e di impatto minore sui giocatori, quale antidoto alle attuali campagne – politiche e mediatiche – dichiaratamente “anti-slot”. E anche oggi che tutti i progetti politici sulla materia sembrano tramontati, per molti continua ad essere questa la soluzione, cioè una nuova generazione di slot, cogliendo magari l'occasione per mettere a punto tutti quei problemi e anomalie procedurali che da tempo affliggono il comparto.
Del resto, lo leggiamo anche in questi giorni nella cronaca relativa agli altri paesi, l'esigenza di aggiornare il parco macchine è sentita inevitabilmente in ogni mercato. In Regno Unito, per esempio, esiste un piano triennale di revisione dei giochi. In Germania, da sempre, esisteva la “rottamazione obbligatoria” delle slot alle quali veniva imposto un ciclo di vita massimo di quattro anni per ogni apparecchio. In Italia la seconda generazione di slot, quella delle comma 6 a del Tulps, esiste ormai da ben sette anni, cioè dal 2008, quando fecero il debutto sul mercato le prime slot di seconda generazione, che cominciano dunque ad essere particolarmente datate. Ma oltre all'idea di creare una nuova generazione di slot 'più evoluta', con tutti gli oneri che ciò comporta a livello normativo e quindi burocratico, non si potrebbe pensare, intanto, a introdurre sul mercato una diversa versione di Awp, basandosi su quello che già dice oggi la legge la quale, come noto, fissa dei limiti massimi per i parametri di puntata e vincita, e non impone cifre esatte. Ciò significa che si potrebbe già oggi realizzare una macchina con parametri minori, creando quindi una nuova versione di Awp più leggera. Se guardiamo all'estero e, in particolare, in quei paesi in cui il gioco ha una tradizione e una genesi politica molto più antica rispetto all'Italia, alla ricerca delle best practices (come un tempo faceva la buona politica, prima di introdurre nuove norme tecniche su materie ostiche), osserviamo che sia in Regno Unito che in Spagna non esiste soltanto una categoria di slot come da noi (o due, se vogliamo, tenendo conto anche delle Vlt), bensì una serie di macchine con diversi livelli di puntata e di vincita, pensate per diverse tipologie di locali. Un tempo, parlando con un importante produttore italiani di apparecchi, ricordo che, nella sua ricetta per risollevare il mercato e garantire un futuro, ipotizzava l'introduzione di un apparecchio molto leggero che potesse rivelarsi molto più 'di abilità' invece che 'di azzardo', riportando gestori e produttori nella dimensione di una volta. Quella di produttori di giochi e dispensatori di emozioni e non di biscazzieri, come ritenuti oggi – sia pure con ingratitudine – da gran parte dell'opinione pubblica.
Una visione forse troppo sentimentale, da vecchio (non in senso anagrafico) addetto ai lavori, ma che ha senz'altro le sue ragioni. E potrebbe raccogliere qualche consenso.

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