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Ci mancava solo Brexit: altro colpo al Gaming europeo e italiano

27 giugno 2016 - 08:02

Nel clima di incertezza e instabiiltà in cui si trova il comparto italiano del Gaming arriva anche Brexit a creare altri disagi.

Scritto da Alessio Crisantemi
Ci mancava solo Brexit: altro colpo al Gaming europeo e italiano

E adesso ci si mette pure il Brexit. Come se non fossero già abbastanza i problemi nel comparto del gioco pubblico italiano, alle prese con una situazione di grave instabilità, tra le cui cause, adesso, si va ad aggiungere anche l'uscita del Regno Unito dalla Ue. In effetti, aldilà degli effetti diretti (e, secondo molti, addirittura devastanti) che Il Brexit avrà sull'economia generale e, quindi, su tutti i comparti dei singoli Stati Membri, per l'industria dei giochi le implicazioni saranno senz'altro molteplici. Anche da un punto di vista strettamente italiano. In primis, per via del terremoto politico che l'uscita del Regno Unito si porta dietro nell'intero continente, con il premier Matteo Renzi che sarà impegnato duramente, nei prossimi mesi, nelle questioni diplomatiche e di politica internazionale nel tentativo di ricostruire un'unità internazionale. E ciò vale per qualunque scenario avremo di fronte, con o senza la Gran Bretagna.

Nell'analisi di un attento osservatore come George Soros, riportata su Project Syndicate - il portale che raccoglie gli interventi di quasi tutti i principali commentatori economici del mondo - il finanziare descrive il quadro europeo, così come lo vede dopo lo choc di Londra, parlando di "scenario catastrofico" e di "disintegrazione dell’Unione europea praticamente irreversibile". E anche se La prima vittima del referendum sulla Brexit sarà la Gran Bretagna stessa", a suo parere, gli effetti economici e politici sono destinati ad allargarsi a macchia d’olio sul resto del continente: "I mercati finanziari in tutto il mondo resteranno probabilmente in agitazione fino a quando il complicato processo di divorzio politico ed economico dalla Ue non sarà negoziato. Le conseguenze per l’economia reale saranno comparabili solo alla crisi finanziaria del 2007-2008". Con Le tensioni fra gli Stati membri che hanno raggiunto il punto di rottura. Il finanziere americano si concentra quindi sulla particolare situazione dell’Italia, considerata da molti sui mercati il più importante anello debole su cui rischia di scaricarsi l’impatto del referendum inglese. La risposta più efficace, a suo dire, sarebbe appunto un rilancio immediato dei principali governi, magari attraverso un rapido accordo fra Francia, Italia e Germania. Ma sul punto è lui stesso assai scettico: la situazione attuale, scrive, "non promette bene per un serio programma di riforme dell’area euro, che dovrebbe includere una reale unione bancaria, una limitata unione di bilancio e meccanismi molto più forti di delega e responsabilità democratiche. E il tempo non è dalla parte dell’Europa".
Ed è proprio questo il punto critico che si intrevede già ora per l'Italia e per il comparto del gaming nazionale: i tempi delle riforme. Se già fino ad oggi il mercato dei giochi lamentava l'assenza di una  strategia governativa rispetto al futuro del settore e all'attuazione di una riforma più volte annunciata ma mai compiuta, figuriamoci in quale posizione potrà finire questa materia nella lista delle priorità dell'Esecutivo. Tenendo anche conto del fatto che il terremoto europeo arriva a pochi giorni dallo forte scossa provocata sul territorio nazionale dalle elezioni comunali, da cui il governo (e il premier, in particolare) è uscito malconcio, e non senza strascichi.
Non solo. A lasciar presagire il peggio, per il mercato del gioco, è anche il fatto che, nonostante la risaputa sterilità della Commissione Europea e della apparente intangibilità di molte delle sue iniziative, è pur vero che nel campo dei giochi è stato fatto molto in sede continentale, specialmente in ottica di cooperazione internazionale. E in questo scenario il Regno Unito ha sempre rappresentato un faro, oltre a un modello da seguire, per via dell'esempio di corretta (e longeva) regolamentazione del mercato. E' dunque sufficiente guardare all'uscita dei 73 eurodeputati britannici dal Parlamento europeo per capire quanto sarà in salita il percorso per proporre qualunque altra discussione sul tema del gioco e non solo per proseguire nel lavoro intrapreso negli ultimi anni. Proprio quando si era raggiunta, a fatica, una maturità nell'approccio a questo settore, grazie anche al lavoro e all'esempio offerto dalla Gran Bretagna. Si pensi ai lavori in corso sulla liquidità internazionale, o alla ricerca di un modello di regole condivise per l'online. Oppure, ancora, si pensi al divieto di pubblicità dei giochi: argomento di grande attualità nel nostro paese che in occasione della recente Legge di Stabilità è stato sventato proprio grazie al riferimento proveniente dall'Europa, dove il tema era già stato affrontato e considerato un errore. In una serie di considerazioni che, con tutta probabilità, non sarebbero state le stesse senza la presenza di una compagine politica britannica.
Per tali ragioni, è evidente, l'influenza di Brexit sul mercato del gioco pubblico italiano non sarà affatto banale e andrà ben oltre alla mera questione economica e finanziaria. E non ne avevamo affatto bigogno.

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