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Se lo Stato dimentica l'intrattenimento

10 giugno 2013 - 08:47

Che fine hanno fatto, i videogiochi, nella mission dei Monopoli di Stato? E' giunto il momento di chiedersi, a quanto pare, se i cosiddetti “apparecchi senza vincita in denaro”, alias “comma 7”, elettromeccanici ed affini, rientrino ancora oggi tra le competenze affidate ai Monopoli e, pertanto, trasferite oggi all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che ha incorporato la “vecchia” Aams. Guardando il sito internet dell'organismo, dove compare ancora oggi la descrizione di tale segmento del gioco pubblico, si direbbe di sì.

Scritto da Alessio Crisantemi
Se lo Stato dimentica l'intrattenimento

“Gli apparecchi e congegni da divertimento ed intrattenimento senza vincita in denaro si distinguono in due diverse tipologie caratterizzate rispettivamente da: “possibilità di ricevere un oggetto in premio (gru, pesche di abilità, ecc...)” o “semplice intrattenimento (videogiochi e apparecchi meccanici ed elettromeccanici come biliardo,calcio balilla, flipper, ecc...)”. Peccato però che tale mercato e, quindi, tale attività economica (perché di questo si tratta, e sarebbe bene tenerlo a mente), sembra essere dimenticato dai dirigenti dell'amministrazione che, come ormai da anni, fanno a meno di annoverarlo addirittura nella rendicontazione dell'attività  dell'organismo, dove oggi non compare più neanche il minimo riferimento. Basti guardare la recente relazione depositata l'altro giorno dal Direttore generale dell'Agenzia delle Dogane, Giuseppe Peleggi, in sede di audizione davanti alla Commissione Finanze della Camera, dove non si scorge alcuna menzione nei confronti di videogiochi et similia. Nessun dato economico, riguardo alla raccolta o alla distribuzione di questo tipo di gioco – comunque ancora presente sul mercato – e nessuna descrizione sulla realtà del mercato, come invece si riscontra per tutti gli altri tipi di giochi gestiti dall'organismo.
Ora, che l'interesse del Legislatore (e, di conseguenza, del suo braccio operativo sotto il Ministero dell'Economia) nei confronti del gioco “senza premi” fosse scemato nel tempo, è cosa ben nota. E gli addetti ai lavori di questo settore, lo sanno bene, trovandosi a fare i conti, e da tempo, con una normativa vetusta che mai nessuno (prima dell'emendamento Giorgetti all'ultima manovra economica, per onor di cronaca, di cui si attende da mesi attuazione) si è preoccupato di cambiare per ridare vita a tale mercato.
Una scelta insolita. E, potremo dire, anche alquanto “pericolosa”, che suona pure come un'occasione persa. Leggendo l'ultima relazione del numero uno delle Dogane, si legge come, correttamente, “La ragion d’essere della presenza dello Stato, sia nel comparo dei giochi che dei tabacchi, si caratterizza nell’assicurare entrate erariali a un livello compatibile con la tutela degli altri interessi pubblici rilevanti: la tutela dei consumatori, in particolare dei minori, delle fasce deboli e il contrasto all’illegalità”. E ancora: “Non meno rilevante è il ruolo volto a favorire lo sviluppo di attività economiche, di produzione e distribuzione, che sono ormai significative in termini di creazione di ricchezza e di occupazione. La riserva statale sull’organizzazione dei giochi, prima ancora che nella raccolta di risorse finanziarie aggiuntive rispetto alle ordinarie entrate tributarie ed extratributarie, trova il suo fondamento nell’esigenza di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica, di contrastare il crimine organizzato, di proteggere la pubblica fede contro il rischio di frodi e di salvaguardare i minori di età e i soggetti più deboli da una diffusione del gioco incontrollata, indiscriminata e senza regole”. Tutte splendide parole (le quali, peraltro, dovrebbero essere ricordate più spesso alla politica e alla stampa generalizzata, abituati ormai entrambi a “bastonare” senza ragione tale comparto), che suonano tuttavia incoerenti di fronte alla situazione del mercato del “puro” intrattenimento. “Favorire lo sviluppo di attività economiche, di produzione e distribuzione”? Andatelo a dire a chi opera nel mondo dei videogame in Italia. Ma soprattutto, l'occasione persa, è relativa all'altro ruolo dei Monopoli ricordato dal Direttore, ovvero, quello dell'ordine pubblico. Proprio nel momento in cui si parla di una diffusione eccessiva del gioco “di azzardo” (inteso, come viene erroneamente fatto dall'opinione pubblica, come sinonimo di gioco a vincita) e di una necessaria riorganizzazione dell'offerta, sarebbe opportuno ricordarsi che, nel settore, rientrano anche i giochi senza vincite. Quelli cioè che hanno fatto la storia del comparto fino a qualche anno fa e che non registrano “controindicazioni”. Quelli contro cui mai nessuno si potrebbe scagliare (anche se al peggio non c'è mai fine..), come i videogiochi, i flipper e i loro similari. Nei paesi in cui l'intrattenimento è stato tutelato dallo Stato, l'effetto è più che positivo, sia a livello economico che sociale. Negli Stati Uniti il flipper è ancora un'attività ricreativa in grandissimo auge, che porta soddisfazione a tanti gestori di apparecchi, che li installano nei locali pubblici con profitto e per la gioia di tanti giocatori. Come pure avviene per i videogame, con le tante sale giochi in giro per il mondo (addirittura, le troviamo anche all'interno dei casinò di Las Vegas), con grandi picchi nei mercati asiatici, mentre in Italia stanno ormai scomparendo definitivamente.
E allora, non sarebbe il caso di ricordare che il gioco è, ancora oggi, anche (e soprattutto?) intrattenimento? Che riportare in qualche locale pubblico dei prodotti di gioco senza vincita potrebbe “rilassare” non soltanto i giocatori, ma anche l'opinione pubblica, oltre a dare qualche soddisfazioni anche agli operatori?
Per fare questo, tuttavia, serve una chiara linea politica mirata a recuperare tali “valori” e, quindi, tale comparto. Anche se il settore sembra ormai arrivato all'ultima spiaggia, non è ancora detta l'ultima parola. E la norma introdotta dall'onorevole Alberto Giorgetti che richiede una regolamentazione sui videogiochi e ticket redemption, rappresenta una seria opportunità. Che, ci auguriamo, lo Stato e il settore potranno cogliere.

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