skin

Casinò, nostalgia dei tempi passati

04 luglio 2015 - 09:14

Torniamo indietro nel tempo, con il preciso intento di raccontare come il gioco da casinò si viveva nei tempi passati. Pensiamo per un attimo agli anni ’50, cerchiamo di mutuare dai vecchi film di James Bond il sapore di vecchie atmosfere che caratterizzavano i luoghi in cui si giocava.

Scritto da Marco Fiore

Gli ambienti erano arredati in modo sfarzoso, con dovizia di mobili antichi, sovrastati da lampadari di cristallo composti da migliaia di gocce. Ovunque il lusso doveva regnare sovrano, nell’abbigliamento del personale, nella qualità dei servizi offerti al cliente, nella varietà delle portate e delle bevande più costose disponibili all’epoca. Cosa dire del tanto vituperato dress code, quindi delle regole che governavano l’abbigliamento da tenere visitando un casinò. Tutto sommato era molto più facile allora di quanto non lo sia adesso. La sera, smoking per gli uomini, abito lungo per le signore. Forse solo nel pomeriggio, quando le sale da gioco erano meno frequentate, laddove aperte al pubblico, erano concesse tenute meno formali, certamente giacca e cravatta per gli uomini, abito corto, si fa per dire, per le signore. Impossibile, anzi impensabile accedere al casinò con un abbigliamento diverso. I casinò erano meta di benestanti, ricchi proprietari terrieri, ereditiere e rappresentanti della nobiltà. Si giocava per rimediare alla noia che il troppo tempo libero concesso dalla vacanza spesso causava. Insomma il gioco era un diversivo, molto costoso, sicuramente di moda, un modo per distinguersi dimostrando che in fondo il denaro non aveva valore se non come strumento utile per provare piacere. In questi ambienti, in quei tempi, si consumavano ricchezze di dimensioni oggi impensabili, e la tragedia aleggiava sempre. Le ingenti perdite totalizzate al gioco erano spesso la causa della rovina di un nobile casato, qualche volta di un’intera dinastia, spesso sfociavano in romantici, quanto drammatici atti estremi come il suicidio. Ma nulla si veniva a sapere, il pettegolezzo restava chiuso all’interno della cerchia degli amici più cari, certamente eccentrici e sofisticati, che non amavano pubblicità scomoda. Ci si limitava a compiangere i più sfortunati, qualche volta anche aiutandoli, tramite prestiti di denaro a tassi usurari, a proseguire nella ricerca della giornata fortunata in cui recuperare tutto il denaro perso la gioco. Era troppo facile comprare terreni e palazzi da chi era caduto in disgrazia. Grazie al gioco sono probabilmente passate di mano grandi fortune di cui per primi hanno beneficato i nascenti capitani di industria, troppo presi dal lavoro per perdere tempo a giocare, incapaci di provare noia, e quindi sempre pronti a concludere l’affare della vita. A fronte di una generazione di ricchi signori che sperperava denaro, che numericamente si assottigliava sempre di più, i gestori delle case da gioco si sono trovati costretti a rendere meno esclusivo l’accesso allo specifico divertimento. Certamente poco lussuosa era la sede del primo casinò a Las Vegas, ma sicuramente redditizia.

 

 

VECCHI E NUOVI MERCATI - La vecchia Europa segnava il passo, la giovane America, allo stesso tempo, studiava il modo migliore per fare business sfruttando il gioco.

La storia ci insegna che,  per cultura e stile di vita, tutti, oltre che per assenza totale di pregiudizi, il modello migliore si è certamente rivelato quello americano, oggi ormai sorpassato da quello proposto in Estremo Oriente, a Macao in primis, dove, ci si è limitati a copiare, sfruttando la spaventosa ricchezza prodotta nella specifica area geografica. Ci piace ricordare che il nuovo modello di business fu proposto in Europa per primo dal Casinò di Saint-Vincent all’inizio degli anni ’80, vero, con molto ritardo, ma con risultati record che resteranno impressi per sempre negli annali del magico mondo del gioco d’azzardo. 

 

L'AUTORE - Marco Fiore è il direttore commerciale del Casinò di Saint Vincent

Articoli correlati